Antimafia Duemila – Sequestrati 550 mln beni al ”cassiere” del boss Messina Denaro
27 Gennaio 2010Antimafia Duemila – Sequestrati 550 mln beni al ”cassiere” del boss Messina Denaro.
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di Rino Giacalone – 27 gennaio 2010
L’imprenditore del cemento in assoluto nella Valle del Belice era cresciuto tanto da riuscire a diversificare i suoi interessi. Dal calcestruzzo e dagli inerti il belicino Rosario Cascio, settantenne, era passato anche ad interessarsi di agricoltura, ortofrutta, olivicoltura, produzione di vino, ma anche di commercio e vendita di petroli e di auto.
Tutto secondo gli investigatori all’ombra della potente mafia del latitante Matteo Messina Denaro dopo che era passato anche attraverso una certa vicinanza con il boss dei boss di Corleone, Totò Riina.
Il maxi sequestro dei beni degli imprenditori belicini Rosario e Vitino Cascio, 76 e 68 anni anni è scattato a seguito del pronunciamento del tribunale delle misure di prevenzione di Agrigento. I due soggetti sono ritenuti socialmente pericolosi per i contatti con le famiglie mafiose della Sicilia Occidentale. Una proposta di sequestro che era stata avanzata dalla Dia e dalla Procura antimafia di Palermo. Oggi siamo dinanzi ad un sequestro ingente che priva le casse di Cosa Nostra di un patrimonio che supera i 550 milioni di euro. Hanno lavorato a lungo gli investigatori della Dia di Trapani in modo particolare, a guardare decine e decine di faldoni, spulciando tra carte societarie di ogni genere e conti bancari, sono stati gli “specialisti” di quel gruppo che all’interno della Dia trapanese ha messo a segno altri colpi, come quando fu individuato il “tesoro” nascosto dell’imprenditore di Castelvetrano Giuseppe Grigoli, il presunto prestanome del super boss latitante Matteo Messina Denaro. Anche Rosario Cascio ha molte cose che lo fanno ritenere vicino alla cosca dei Messina Denaro. spregiudicatezza e arricchimento deriverebbero proprio dall’appartenenza alla “famiglia” del “massanstissima” della mafia del Belice. Gli investigatori della Dia di Trapani che hanno letto migliaia di carte ne sono convinti. I risultati di questa operazione sono stati illustrati a Palermo durante una conferenza stampa cui hanno partecipato investiogatori della Dia e della Guardia di Finanza, anche le fiamme gialle hanno dato un loro apporto. Ma nella lotta alla mafia ancora una volta è il “gruppo” la sinergia tra gli investigatori che vince: le indagini sul patrimonio di Rosario e Vitino Cascio sono state condotte per lungo tempo dal pool apposta creato dentro la Dia di Trapani per dare la caccia ai patrimoni illeciti, a guidarlo il colonnello delle Fiamme Gialle Rosolino Nasca. Una maxi rapporto finito poi sui tavoli del giudici delle misure di prevenzione di Agrigento che infine hanno disposto la confisca Gli affari di Cascio. Cemento e inerti, un monopolio che gli ha permesso di entrate dentro mille e passa cantieri pubblicie privati della Sicilia Occidentale, “conquistando” commesse pubbliche per svariati miliardi di vecchie lire. Le seu imprese secondo i giudici del tribunale delle misure di prevenzione ma prima ancora secondo i rapporti investigativi antimafia che lo hanno riguardato sono state “armi” a disposizione della mafia, quella “sommersa” che per imporsi non ha più bisogno di sparare, manovra attraverso società imprenditoriali, gestendo casseforti di gran valore per il lroo contenuto in termini di denaro. Il sistema funziona ancora così nel 2010 mentre ci si racconta di arresti e sequestri che avrebebro indebolito Cosa Nostra. La mafia non è battuta e non è finita, grazie a norme che per esempio depenalizzano certi reati o abbassano la soglia di punibilità, la mafia ha potuto rimettere in piedi nuove aziende e nuove società, per coprire i posti vuoti lasciati da quelle confiscate. Il sistema nel sistema che poi esiste consente di portare alla liquidazione e al fallimento le imprese confiscate. Circostanza emersa nel caso dell’impero dell’imprenditore Rosario Cascio. Tra il 1993 ed il 2000 l’imprenditore infatti aveva subito un altro sequestro e una conseguente confisca, durante il periodo dell’amministrazione giudizaria queste società subirono un brusco rallentamento della loro crescita, una netta diminuzione del volume degli affari, questo perchè si era interrotto il filo di collegamento tra le imprese e la mafia: quando nel 2001 Cascio tornò in possesso di queste aziende le cose tornarono subito come erano un tempo, imprese che riacquistarono subito terreno e potere.(continua su antimafia duemila)