Fatti di Pistoia – seconda udienza

28 Gennaio 2010 0 Di ken sharo

Fatti di Pistoia – seconda udienza.

Fatti di Pistoia – seconda udienza
Giovedì 28 Gennaio 2010 09:13

Si è svolta ieri mattina la seconda udienza del processo che vede coinvolti 7 imputati, di cui quattro livornesi, per l’irruzione nel circolo Agogè-CasaPound di Pistoia, avvenuto l’11 ottobre 2009. In questa seconda riunione sono stati ascoltati alcuni testimoni dell’accusa, quattro tra ispettori di polizia e dirigenti digos che quel giorno hanno condotto le prime indagini, Massimo Dessì, consigliere del circolo Agogè, e Alessandro Tomasi, consigliere comunale del PdL, entrambi all’interno del circolo al momento dell’irruzione.

1+1 fa sempre 2”

Nella loro ricostruzione dei fatti, ispettori di polizia e dirigenti della Digos hanno cercato di confermare il teorema costruito sin dai primi minuti successivi al fatto e che ha portato all’arresto dei 7 militanti che, lo ricordiamo, si trovavano all’ex circolo Primo Maggio per partecipare ad un’assemblea. Un ispettore in particolare, alla domanda sul perché le attenzioni degli inquirenti fossero state da subito rivolte verso il Primo Maggio, ha risposto con disinvoltura “perché 1+1 fa sempre 2”. Il capo della Digos ha poi affermato che non sono state condotte indagini parallele perché una fonte confidenziale (presunta, aggiungiamo noi, peraltro mai interrogata formalmente in questura) avrebbe indicato agli agenti di rivolgere le proprie attenzioni proprio verso il Primo Maggio. In realtà, soprattutto tra le prime due e le ultime due deposizioni, sono emerse importanti contraddizioni, ad esempio la presenza di almeno un giornalista (de La Nazione) davanti al circolo Primo Maggio già al momento della prima identificazione, circostanza invece negata dalla Digos: una prova di come gli inquirenti fossero già convinti di aver incastrato i colpevoli (perché altrimenti invitare i giornalisti per una semplice identificazione?).

Nessuna devastazione e saccheggio

Dalla deposizione di tutti i testi, nessuno escluso, appare sempre più evidente che chiunque sia entrato nel circolo non possa essere accusato di un reato grave quale “devastazione e saccheggio”. Gli unici oggetti danneggiati sono stati i vetri della porta. Alcuni libri e tre felpe sono state gettate a terra, così come un tavolo e il computer che vi era sopra. Nient’altro e soprattutto niente di strappato o incendiato, come espressamente chiesto dal presidente del tribunale (come peraltro si evince dalle foto). Dessì e Tomasi, come spiegheremo meglio in seguito, hanno confermato di non essere mai stati colpiti dagli aggressori affermando che l’azione non è durata più di tre minuti.

Dessì il fascista

Alla precisa domanda di uno dei tre avvocati difensori che gli hanno chiesto di cosa si occupi il circolo Agogè-CasaPound, Dessì ha risposto: “siamo un’associazione culturale”. Incalzato dall’avvocato che gli ha letto stralci del programma politico di CasaPound, in particolare il punto 18, il cui obiettivo è quello di riscrivere la Costituzione, Dessì ha affermato di non esserne a conoscenza (!). L’avvocato ha quindi chiesto se si riconosceva nella definizione che gli stessi militanti di CasaPound danno di se stessi, ovvero di essere “i fascisti del terzo millennio”. Il giudice, malgrado il tentativo di opposizione del pm, ha ritenuto la domanda legittima e Dessì ha risposto che lui e la propria associazione condividono gran parte degli ideali del fascismo.

Da segnalare come il militante di CasaPound abbia cambiato già due versioni rispetto a quella dell’11 ottobre, quando disse di non saper riconoscere chi fosse entrato nel circolo: il 13 ottobre tornò sui propri passi descrivendo approssimativamente chi aveva visto; il 27 gennaio, in tribunale, ha cambiato l’età di chi è entrato per primo, la descrizione della maglia che indossava e ne ha perfino tracciato l’altezza. Un dato non di poco conto: aver accettato il circolo Agogè e lo stesso Dessì come parte civile ha permesso a lui e, volendo, a tutti i militanti di CasaPound, di visionare i fascicoli e le foto riguardanti gli imputati. Ogni commento ci apre superfluo.

Ma l’apice nella deposizione di Dessì è stato raggiunto quando questi ha dichiarato di aver riconosciuto “senza ombra di dubbio” tra i protagonisti dell’azione Della Malva e Bartolozzi, aggiungendo “di essere amico sin da bambino” di quest’ultimo “tanto da salutarlo quando capitava di incontralo per strada”. Per chi come noi non ha bisogno della sentenza di un tribunale per sapere che i due sono totalmente estranei ai fatti, al pari degli altri cinque imputati (Bartolozzi si trovava nei pressi della stazione ferroviaria in attesa di altri compagni che avrebbero dovuto accompagnare al Primo Maggio), quanto dichiarato da Dessì appare una vigliaccata di gravità inaudita.

La prova negata

La richiesta di uno degli avvocati della difesa di poter accedere al verbale dell’interrogatorio fatto in questura al Dessi è stato abbastanza inspiegabilmente negato dal pm. Un atteggiamento quantomeno anomalo da parte di un pubblico ministero. La deposizione rilasciata in questura da Dessì il giorno 13 ottobre, come possiamo verificare anche dalla prima sentenza emessa dal tribunale del riesame, dette infatti il là alla seconda ondata di arresti ed appare in netto contrasto con le dichiarazioni di ieri mattina.

Il consigliere comunale del PdL

Alessandro Tomasi, colui che secondo la sua deposizione e anche quella di Dessì nei momenti di concitazione all’interno del circolo ha usato una scala per difendersi dagli aggressori facendo scudo allo stesso Dessì che si riparava dietro di lui, ha detto di non aver riconosciuto nessuno, né dai volti né dall’abbigliamento (ci chiediamo come sia possibile che se lui non ha riconosciuto nessuno Dessì, al contrario, possa ricordare anche i minimi dettagli). Tomasi ricorda solo 7-8 uomini (“non c’era nessuna donna al momento dell’irruzione” ha detto, confermando quanto dichiarato pochi minuti prima da Dessì e smentendo di fatto quanto detto da Digos e Polizia che parlano di una fantomatica ragazza bionda) privi di segni particolari di riconoscimento, uno con un bastone, uno con una catena e altri cintole alla mano. Tomasi ha infine dichiarato che gli aggressori uscirono dal circolo spontaneamente.

Prossima udienza

Domani, venerdì 29, avrà luogo la terza udienza in cui saranno ascoltati gli altri testimoni dell’accusa insieme a quelli della difesa. Dessì verrà nuovamente interrogato sugli accusati e al pari degli altri testimoni dell’accusa procederà al “riconoscimento” che consiste nell’accostare ciascun imputato a quattro persone scelte a caso ma che dovrebbero somigliare agli imputati nei tratti somatici e nella struttura fisica. Il teste può riconoscerne uno o nessuno.

La redazione di Senza Soste