L’Italia, la schiavitù, e la caccia al clandestino

11 Gennaio 2010 0 Di Moon81

L’Italia, la schiavitù, e la caccia al clandestino

di Tea La Rossa

La caccia al clandestino ricomincia; l’ottusità e la cattiveria del nostro paese ancora una volta si manifesta nelle sue forme peggiori. Esasperati da condizioni di lavoro estenuanti, sevizie, costretti a vivere in cattività come bestie, obbligati alla clandestinità, dopo giornate di violenza e scontri — di cui le vittime sono sempre gli immigrati — si diffonde un clima di tensione e sgomento al quale il nostro ministro Maroni risponde: «colpa loro e della tolleranza verso l’immigrazione clandestina».

L’indifferenza nei confronti dei migranti, utilizzati nel nostro paese come braccianti, dura da troppo tempo e la nefandezza delle norme razziste e del potere della mafia, ne fanno da padroni. La rivolta civile ha inizio quando giovedì vengono colpiti dei migranti con regolare permesso di soggiorno, presso alloggi di fortuna nei quali sono costretti a vivere. Fortunatamente le condizioni dei feriti non sono gravi, ma partono subito le proteste dapprima con barricate, poi , con una vera e propria rivolta nella stessa serata, che vede il blocco della via nazionale all’altezza di Gioia Tauro.

Costretti a migrare dal nord del nostro paese a causa della mancanza di lavoro e di norme che li tutelino, si ritrovano soli contro una popolazione che in loro vede esclusivamente delinquenti e ladri di lavoro (sempre se le mansioni che loro ricoprono possiamo definirlo tale, viste le condizioni alle quali sono obbligati).

Ma queste persone sono un problema comparso dal nulla? Già un filmato di Medici Senza Frontiere del gennaio 2009 denunciava la grave situazione ai limiti della decenza umana che vedeva costrette queste persone in condizioni disumane. Ecco nel video i “pericolosi” clandestini ridotti in schiavitù.

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Su disposizione della Prefettura di Reggio Calabria stamattina sono partite le demolizioni degli alloggi che i migranti si erano costruiti in prossimità dei posti di lavoro. Molti di loro sono stati portati in centri di accoglienza, alcuni trasferiti al nord mentre tanti sono fuggiti per paura e disperazione.

Sembra essere tornata la calma apparente per i cittadini autoctoni e sembra si possa voltare nuovamente pagina e continuare la nostra vita di sempre, con la tipica indifferenza e chiusura mentale di una nazione che per decenni ha emigrato in tutto il mondo ed ora, senza troppi patemi, dimentica e discrimina.