Rosarno, il caso è chiuso. Demoliti i dormitori Via i neri, trasferiti nei centri. Restano le cosche – l’Unità.it

10 Gennaio 2010 0 Di ken sharo

Rosarno, il caso è chiuso. Demoliti i dormitori Via i neri, trasferiti nei centri. Restano le cosche – l’Unità.it.

di Jolanda Bufalinitutti gli articoli dell’autore

Il puzzo dei luoghi abbandonati è forte, piu’ forte di quando i loro poveri abitanti cercavano di renderli vivibili. Alla Rognetta, mentre la ruspa ammassa calcinacci e materassi del corpo piccolo della ex fabbrica di trasformazione in succo delle arance, i vigili del fuoco ammonticchiano decine di biciclette arruginite, mezzo di trasporto dei braccianti neri. La pulizia etnica si è compiuta in 48 ore, la colpa da espiare è aver abbandonato, in un giorno di esasperata e esecrabile rivolta, la consueta mitezza, quella per cui , come si dice da queste parti, gli africani “dove li metti stanno”. Li avevano messi in baracche di lamiera, le migliori , una quindicina di metri quadri dove stanno ammassati anche dieci letti, oppure in stamberghe di cellofan e assi di legno. In fondo le tre latrine di lamiera.

Anche all’altro lato del paese, allo “spartimento” si aspettano nelle prossime ore le ruspe per demolire la raffineria mai nata dell’ex opera Sila: in quei capannoni gli immigrati avevano organizzato anche un piccolo ritrovo, per sedersi insieme la sera. Lì andavano le associazioni di volontariato a portare la pasta calda. La signora Franca, dell’associazione Alaga, ha ancora male al braccio per il mestolo sollevato 450 volte pochi giorni fa.

Ammesso che arrivino, le ruspe per questo mastodonte in cemento armato e metallo, che qualcuno trovi la convenienza e voglia spendere soldi a risanare. Perché piu’ tempo si passa a Rosarno piu’ si colgono i segni del’insensatezza. Qui nulla appare fatto per favorire lo sviluppo o per risolvere un problema: ora che il luogo è deserto spiccano solitarie le poche latrine chimiche. Costose e bisognose di una manutenzione che non c’è ma stata. Eppure, per quegli inutili cessi sono stati spesi 40mila euro. Osserva il signor Rizzo, del “comitato spontaneo” dei cittadini che ha ottenuto l’espulsione degli extracomunitari, “con 10mila euro si costruivano in muratura e funzionanti, visto che lì gli attacchi dell’acqua esistono già”. Ma nessuno ci ha pensato prima.Soprattutto non ci hanno pensato le istituzioni , Stato,governo, comune , commissario, regione. Gli africani “dove li metti stanno”. E se non ci stanno se ne devono andare.

E’ una logica che non piace al parroco, don Peppino Varra. Lo ricorda durante la messa gremita nella chiesa madre dove campeggia la madonna nera di Patmos, ai bambini e ai loro genitori. “Siamo tutti fratelli e non si cova l’odio verso i fratelli”. “Ci si può arrabbiare – aggiunge – ma non soltanto con chi è di colore diverso. C’è anche fra i rosarnesi chi ha fatto cose terribili”. Lui, nel suo presepe, accanto alle parole carità, amore, misericordia, ha scritto la parola “legalità”. E in sagrestia conserva le foto di Johnny, un bambino nero che ieri,in chiesa, non c’era. Perché anche per la sua famiglia, integrata, sono stati giorni di paura.
Legalità significa non sprangare, non sparare, non incendiare, non rapinare. E qui non solo i negozi sono spesso sotto ricatto, persino la macchina delle suore è stata data alle fiamme due volte.

Al pronto soccorso dell’ospedale fatiscente di Gioia Tauro il dottor Dalbis fa la conta dei feriti: un trauma cranico (grave) a Reggio; rschia di perdere il rene uno dei ricoverati di Polistena; un altro trauma cranico si è allontanato arbitrariamente; frattura dell’urna (ricovero a Polistena); gli ultimi due ricoveri a Gioia: ore 15 di sabato, ganese 28 anni traumi al bacino, alla spalla, alla caviglia; ore 00,05 contusioni multiple. “Aggrediti e derubati, ad uno di loro sono stati sottratti 300 euro della paga. – aggiunge il dottor Dalbis – . E non è la prima volta . Noi facciamo il referto ma loro non sono nella condizione di denunciare e quindi tutto cade nel nulla”.

Nessuno degli autori delle aggressioni è stato scoperto. Sono invece in attesa della convalida degli arresti i tre fermati per i tumulti, tutti pregiudicati. Giovanni Bono, 50 anni, è di Bosco, la contrada vicina alla ex raffineria che ospitava i migranti. L’accusa è di tentato omicidio perché avrebbe tentato di aggredire con una ruspa gli immigrati. Antonio Bellocco, figlio del boss Giuseppe, condannato all’ergastolo, per resistenza a pubblico ufficiale. Giuseppe Ceravolo è quello dei tre che ha il curriculum piu’ significativo, per stile di vita e frequentazioni. E’ stato condannato a sei anni e mezzo per aver ucciso la fidanzata di 17 anni , romena, in primo grado. L’accusa era di omicidio volontario poi tramutata in colposo.

Sfruttamento. E’ una parola che corre sulle bocche degli uni, è negata dalle bocche di altri rosarnesi. Bisogna leggerla nelle condizioni di una economia difficile.Lo scorso anno,in febbraio, furono arrestati Angelo Tutino, 69 anni e Hassen Hazzar, tunisino, 40 anni. E’ una vicenda che ha aperto uno sqarcio sulle condizioni di sfruttamento acui possono essere sottoposti i braccianti. Ma non è sempre così, spesso i piccoli proprietari della zona si trovano nell’alternativa di non potersi permettere di raccogliere aranci e mandarini destinati alla trasformazione in spirito o succhi, per i prezzi troppo bassi a cui il raccolto viene acquistato dalle aziende di trasformazione.

10 gennaio 2010