Sgombero dello Zetalab: Palermo come Rosarno – Newsfood.com

20 Gennaio 2010 1 Di ken sharo

Sgombero dello Zetalab: Palermo come Rosarno – Newsfood.com.

Lotta all’immigrazione clandestina?

Sgombero dello Zetalab: Palermo come Rosarno

In un panorama alquanto carente nell’assistenza ai migranti, viene sgomberata una delle poche oasi del territorio

© Stefano Luzi – Brigitte lo Curto per NEWSFOOD.com – 20/01/2010

E’ stato sgomberato il Laboratorio Zeta di via Arrigo Boito a Palermo che ospitava trenta sudanesi del Darfur, molti dei quali già dichiarati rifugiati politici e altri con la pratica in corso, tutti uomini. Dormivano in due camerate. Il centro sociale è attivo anche con un collettivo di oltre duecento ragazzi con varie attività sociali. C’è una biblioteca e una scuola di italiano per stranieri.

La cronaca della giornata di ieri
“Dopo oltre 10 ore di presidio la situazione davanti il laboratorio sociale occupato Zeta è precipitata. La Polizia ha caricato violentemente il presidio di circa 200 compagni ripetutamente respingendo i manifestanti fino alla centrale via notarbartolo. La polizia ha usato manganelli, pietre, bottiglie e legni contro i compagni. Si contano 3 fermi di cui un ricercatore dell’università portato via in autoambulanza. Altri compagni hanno stanno facendo ricorso a cure mediche. Sopra il tetto del centro sociale continua l’occupazione di due militanti e un consigliere comunale, i rifugiati sudanesi sono stati tutti identificati e rimangono davanti lo stabile mentre il resto dei compagni blocca via notarbartolo circondato da celere e blindati. Il centro di palermo è praticamente bloccato”.

Storia dello Zetalab
Quella di Zeta è una storia collettiva, che sta dentro i percorsi di democrazia partecipata e di difesa dei diritti sociali che hanno segnato la nostra città negli ultimi dieci anni.

La storia del Laboratorio Zeta è la storia di quanti in questi anni hanno condiviso, sostenuto e accompagnato questo percorso politico, per un tratto breve o lungo, per una sera o per anni interi contribuendo alla sua trasformazione.

Dal 20 marzo 2001, quello che era uno stabile abbandonato è stato trasformato in uno spazio pubblico, divenendo laboratorio di sperimentazione culturale e di partecipazione sociale e politica in prima linea nelle lotte per il diritto alla casa, la difesa dei beni comuni, i diritti dei migranti, la denuncia del sistema di potere affaristico-politico-mafioso che governa la città.

In questi 8 anni abbiamo prodotto e ospitato laboratori e spettacoli teatrali, presentazioni di libri e di video, concerti, rassegne cinematografiche, seminari, dibattiti, mostre fotografiche e pittoriche, corsi di informatica, corsi di italiano per stranieri, ecc… E’ attiva una biblioteca con più di 2000 volumi.

Dal marzo 2003 ha preso vita un’esperienza di cogestione abitativa. Questa esperienza nasce dall’incontro con un gruppo di richiedenti asilo sudanesi, insieme ai quali è stato intrapreso un percorso di rivendicazione dei diritti dei migranti.

Lo Zeta è così diventato un punto di riferimento, stabile o di passaggio, per centinaia di migranti di ogni nazionalità che hanno collaborato alla trasformazione e alla gestione degli spazi, sperimentando una forma di accoglienza lontana da logiche paternalistiche ed assistenziali. In quest’ottica nel 2006 abbiamo lanciato una campagna di solidarietà, che grazie ad una sottoscrizione popolare, ha consentito l’autorecupero e la ristrutturazione degli spazi abitativi (bagni, lavanderia, cucina).

Nell’assenza totale di politiche di accoglienza da parte dell’Amministrazione, lo Zeta è l’unico spazio di accoglienza laico della città, ruolo ipocritamente legittimato dalle stesse istituzioni che, pur non riconoscendolo ufficialmente, lo hanno inserito nell’elenco dei servizi agli immigrati presenti sul territorio.

Gli attacchi susseguitisi nell’ultimo anno ad esponenti del movimento e al comitato di lotta per la casa sono segnali che vanno nella stessa direzione, quella del tentativo di azzeramento dei conflitti sociali e della normalizzazione di una città che è tutt’altro che normale.

Sono tutte questioni non tecnico-giuridiche, ma politiche e sociali.

Stefano Luzi e Brigitte lo Curto per Newsfood.com
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