La breccia nel muro

25 Febbraio 2010 0 Di luna_rossa

di Giancarlo Aresta – IL MANIFESTO –

Il muro di decreti e voti di fiducia eretto da Tremonti, per cancellare in un colpo solo 92 testate di cooperative di giornalisti, non profit e di partito, producendo un sanguinoso sfregio al pluralismo dell’informazione, è stato picconato dal parlamento. E si è aperta una breccia, sottile, ma consistente. La Camera dei deputati ha votato ieri all’unanimità la proroga di un anno del diritto soggettivo ai contributi per questi giornali (si tratta delle sovvenzioni relative al 2009, che lo stato erogherà a fine 2010), scongiurando una spirale di crisi catastrofica e immediata.
Ma il corso di un fiume è stato deviato. Il «decreto milleproroghe», che sembrava avviato verso l’ennesimo e ineluttabile voto di fiducia, tornerà al senato per quest’unica ragione (a cui si è aggiunta un’altra causa nobile, la salvaguardia dei contratti di ricerca e di insegnamento nelle università); e il tema del diritto all’informazione ha tenuto banco per un intero giorno nell’aula del parlamento.
A questo esito – parziale e insoddisfacente, ma decisivo nell’immediato – ha contributo in modo determinante l’appello della maggioranza dei parlamentari, che chiedeva una proroga di due anni della scure di Tremonti, per fare una riforma vera, che pulisca il campo dai furbi e dai giornali finti, per ripristinare conseguentemente in modo pieno il diritto soggettivo per le testate politiche e non profit. Ha pesato, anche, la determinazione del Pd, impegnato con il suo gruppo dirigente a contrastare un esito distruttivo.
La soluzione trovata lascia però tutti i problemi aperti. Salvaguardare solo il 2009, vuol dire che anche l’anno in corso è privo per queste realtà editoriali di ogni garanzia. E anche il futuro immediato resta avvolto da pesanti minacce.
Inoltre Tremonti, costretto a mettere in discussione se stesso, si è mosso in queste frenetiche ultime 48 ore come se gli stessero cavando il dente del giudizio. Prima ha opposto un rifiuto intransigente a una proroga di due anni: quella che tutto il parlamento chiedeva. Poi ha rifiutato di mettere a disposizione anche un euro per la salvaguardia dei contributi 2009; ed anzi ha preteso che il Dipartimento per l’editoria decidesse uno stanziamento significativo per il pagamento dei contributi indiretti a Poste italiane, togliendogli spazi di manovra nella gestione del Fondo editoria. Per questi inaccettabili diktat, la soluzione individuata per i contributi diretti – già parziale e inadeguata – si è anche impasticciata. La guerra sui contributi tra il Tesoro e il parlamento ha finito così con il produrre «vittime collaterali». E le risorse per i giornali sono state trovate da fondi generali della presidenza del consiglio (che non è un male), ma anche da tagli apportati agli stanziamenti da destinare per il 2009 ai giornali italiani all’estero, a quello dei consumatori, e ai contributi per le spese elettriche, per l’uso di satelliti e per le agenzie alle radio nazionali e locali e alle tv locali. Una soluzione inaccettabile, che va presto corretta dal Parlamento, e che ha costretto il Pd ad astenersi (con l’Italia dei Valori e l’Udc) su un emendamento su cui si era seriamente impegnato.
Insomma, abbiamo solo conquistato il diritto a continuare la nostra lotta. Ma questo non ci spaventa. Domani è un altro giorno.