L’armata delle tenebre

26 Febbraio 2010 0 Di luna_rossa

Quando abbiamo letto della nuova crociata scatenata dal caudillo di Arcore ci siamo chiesti – e ne abbiamo scritto – se questa ennesima rincorsa paranoica non fosse indice di un logoramento, diremmo di un disturbo o di un’alterazione ormai così profondi da sfiorare i tratti di una dissimulata follia.

Solo un anno fa, issandosi sul predellino di un’automobile, Berlusconi aveva fondato quello che, nelle sue intenzioni, doveva essere un partito capace di raccogliere più del cinquanta per cento dei voti, la maggioranza assoluta dei consensi per un potere che pretendeva di diventare altrettanto assoluto. L’egotismo parossistico del gesto e l’intento dichiarato contenevano già, di per sé, qualcosa di inquietante, un’inclinazione molto più che autoritaria, una volontà protesa a ridurre al silenzio tanto gli avversari quanto gli alleati non immediatamente riconducibili alla cerchia ristretta dei suoi genuflessi corifei. Nonostante la fragilissima opposizione incontrata negli uni e la pazienza corriva degli altri, il disegno è entrato in crisi, più per autocombustione che per effetto di una manifesta caduta di consenso o sull’onda di una spinta sociale, forte e continua, che con tutta evidenza non vi è stata e non vi è. E forse, proprio per questo, una parte sempre più significativa dei “poteri forti” si è persuasa della possibilità e dell’opportunità di liberarsi, senza correre soverchi rischi, di un personaggio incapace di rappresentarne gli interessi se non in un quadro profondamente corrotto e avviato verso un rapido disfacimento della legalità democratica, ostico persino al reggimento liberale. Insomma, si è aperta una sfida, tutta interna al blocco sociale dominante. Una sfida al cui esito non si può certo restare indifferenti, e alla quale bisogna prender parte per forzarne i limiti, avendone tuttavia chiare caratteristiche e dinamiche.

Siamo stati più volte tentati, nel passato, di vaticinare la chiusura di una fase. Per poi dover constatare, una volta di più, che Berlusconi riusciva a ridistribuire le carte, a rilanciarsi nel gioco politico, proprio quando sembrava ormai alle corde. Ogni volta, tuttavia, perdendo dei pezzi e vedendo affievolita l’efficacia dei propri proclami da imbonitore, sempre più inadeguati a fronteggiare un malessere sociale difficilmente esorcizzabile esibendo uno sgangherato ottimismo o paventando il ritorno (?) del comunismo che, con riflesso maccartista, egli vede ovunque presente.

Confesso, tuttavia, che l’ultima invenzione, quella propinata ieri ai media con una estasiata Vittoria Brambilla al fianco, sembra davvero uscita da un altro mondo: la fondazione dei «paladini della libertà», una sorta si parva licet di «guardiani della rivoluzione», un corpo di fedelissimi, arruolati personalmente dal premier («dovranno rispondere solo a me») e ingaggiati per impegnare una lotta senza quartiere «contro il male».

Ora, c’è una sola domanda alla quale a questo punto occorre trovare una risposta, perché delle due l’una: o questo delirio da ayatollah nostrano è il seme di una superfetazione terminale che come tale viene avvertita, giudicata e definitivamente neutralizzata, oppure, se ciò non accade, vuol dire che il sogno totalitario dell’uomo è entrato in magnetica risonanza con una parte estesa della società, senza storia e memoria, che ne ha ormai metabolizzato le pulsioni e introiettato la patologia.

La storia del ’900 ci ha riservato drammatiche esperienze, quando sulla sconfitta del movimento operaio si consumò, nel cuore dell’Europa, un gigantesco fenomeno di reazione di massa. Il primo e più importante compito che è davanti a noi consiste nell’impedire che questo progetto si realizzi, che questa deriva si compia.

Si guardi al processo di annichilimento della vita pubblica, al ristagno della partecipazione, all’inaridimento delle fonti della cultura critica, all’implosione della rappresentanza sociale, sostituita da caste privilegiate ed autoreferenziali. E si capirà quanto il rischio di una lunga fase di decadenza sia tutt’altro che remoto.
Dino Greco – Liberazioneonline – (foto Repubblica.it)