Art. 18, Napolitano orientato a non firmare il ddl

15 Marzo 2010 0 Di luna_rossa

Le magliette indossate sabato scorso in piazza del Popolo recitavano : “Pertini non avrebbe firmato”. Giorgio Napolitano, Presidente della Repubblica Italiana sembra non tirarsi indietro di fronte al giudizio di incostituzionalità sul ddl 1167-b che introdurrebbe l’arbitrato nelle controversie sul lavoro scardinando di fatto le garanzie previste nell’articolo 18. Nel testo, approvato in via definitiva dal Senato la scorsa settimana, è contenuta una normativa, che se adottata sostanzialmente modificherebbe l’art. 412 del Cpc prevedendo la possibilità di rivolgersi all’arbitro anziché al giudice nella soluzione delle cause di lavoro. La novità porterebbe pesanti ripercussioni anche in materia di contratto di lavoro in quanto, alla stipula del contratto di assunzione, il datore di lavoro avrebbe avuto la possibilità di introduzione della clausola dell’arbritrato quale condizione vincolante per il lavoratore. Ovvero “o ti mangi la minestra…”.
Il Presidente della Repubblica non ha, al momento, ancora espresso alcuna comunicazione ufficiale poiché il ddl 1167-B è ancora sottoposto al vaglio dei consulenti del Quirinale secondo quanto previsto dall’articolo 74 della Costituzione Italiana, ma sembrerebbe seriamente intenzionato ad assumere le valutazioni già anticipate nei giorni scorsi in un editoriale di Dino Greco direttore di Liberazione e da Guglielmo Epifani nelle sue dichiarazioni.
In particolare Dino Greco mette in evidenza come sia «in atto un pesantissimo attacco, anche se portato avanti in modo strisciante con una guerra a “bassa intensità” alla Carta costituzionale e al quadro istituzionale da essa disegnato anche grazie a una debolissima opposizione parlamentare». «Opposizione – prosegue Greco – che non ha affatto capito è che la frana dell’impianto istituzionale è la conseguenza inevitabile del progressivo smantellamento della prima parte dell’articolo 1 della Costituzione. Precisamente, quello che fissa nel lavoro il fondamento sociale e politico dello Stato. L’obiettivo è stato perseguito con metodica tenacia dal blocco sociale dominante e si è tradotto nella sconfitta del sindacato, nella mortificazione del welfare, nell’annichilimento della contrattazione collettiva, nella regressione del diritto del lavoro a diritto commerciale, nella riduzione del lavoro a libero mercato delle braccia, dove dilagano arbitrio padronale, precarietà e rottura dei legami solidali». «Ora con questo ddl – continua il direttore di Liberazione – si sta assestando il colpo mortale allo Statuto dei Lavoratori».
L’approvazione del ddl ha scatenato la reazione di Rifondazione comunista. Nel corso di un incontro al Quirinale Paolo Ferrero, segretario nazionale del Prc e Roberta Fantozzi responsabile del dipartimento Lavoro di Rifondazione, avevano espresso una forte protesta in merito preannunciando lo sciopero della fame fino a quando non si sarebbe fatta giustizia sull’iniqua normativa.
Dal canto suo Epifani, nel contestare la norma che aggira le tutele previste dall’articolo 18 osservava quanto «le innovazioni del ddl 1167-B introducono delle forme ricattatorie nei confronti dei lavoratori, specialmente in questo momento acuto di crisi economica e del mercato del lavoro». «La Cgil – ricorda – aveva in merito espresso un giudizio durissimo sul ddl sostenendo, con ottime ragioni, che l’offensiva confindustrial-governativa comporterebbe conseguenze persino peggiori di quelle che furono tentate otto anni orsono, quando tre milioni di persone furono da essa Cgil mobilitate e confluirono a Roma per impedire la manomissione dell’articolo 18». 

Ora la parola resta al Colle e al suo “inquilino”.

15.03.2010 – Liberazione.it