Bersani: «Rinvio voto? Basta pasticci». Lista Pdl Lazio, oggi il verdetto dell’Ufficio elettorale. Bonino: no all’Aventino
9 Marzo 2010Resta nel caos la vicenda delle liste del Pdl dopo che il Tar ha bocciato il ricorso del partito per la lista provinciale nel Lazio. Per oggi è atteso il responso dell’ufficio elettorale di Roma sulla ri-presentazione della lista Pdl avvenuta ieri grazie al decreto del governo. Il Pdl pensa al ricorso al Consiglio di Stato ma c’è anche chi pensa ad un rinvio del voto, ipotesi che il Pd boccia. Bisogna evitare altri pasticci dice il segretario Pierluigi Bersani, ed evitare «altri caos».
Bonino: no all’Aventino. «Con i bari non si gioca», e «non si può far finta che nulla sia accaduto»: ma allo stesso tempo «non si può gettare la spugna» e «salire sull’Aventino». Emma Bonino apre l’assemblea dei Radicali in un teatro del centro di Roma e ribadisce le parole d’ordine che hanno scandito gli ultimi giorni di campagna elettorale della candidata del centrosinistra dopo l’esplosione del caos liste nel Lazio. «Non si può andare avanti come se nulla fosse accaduto – ripete Bonino – sono in gioco i diritti di tutti i cittadini italiani e l’attuale situazione politica elettorale è la metafora del malessere italiano. Èuna questione di legalità – aggiunge – non solo per le liste del PdL respinte nel Lazio e in Lombardia. Siamo di fronte ad una mancanza di decenza istituzionale che ha caratterizzato l’intera vicenda nazionale della presentazione delle liste». La leader radicale non scioglie il nodo sull’ipotesi di un ritiro della sua candidatura, e ripete: «da una parte bisogna dire che “con i bari non si gioca”, dall’altra non propongo alcun Aventino. Mai nella nostra storia abbiamo gettato la spugna. Ma in questa situazione – spiega – è difficile continuare in una campagna elettorale tra mercati e comizi da qualche parte come se nulla fosse. Sarebbe una risposta inadeguata». «Non è accettabile – sottolinea rivolgendosi agli alleati del Pd – che si dica vinciamo, poi si vedrà. È molto difficile continuare in una situazione nella quale la campagna elettorale prosegue come se niente fosse successo. Questa sarebbe una risposta inadeguata«. Dunque, conclude Bonino dando mandato all’assemblea dei radicali, «è stato necessario convocare questa assemblea per studiare e decidere il da farsi vista la situazione, perchè è sempre stato ignorato e calpestato il diritto e perchè si possa tornare alla certezza delle regole in questo Paese». La riunione dovrebbe durare fino al tardo pomeriggio.
Sul dl salva liste è durissimo l’ex presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, che parla di «massacro delle istituzioni» e considera il decreto a rischio costituzionalità perché «interviene su una materia di competenza delle regioni» cosa che «la Costituzione vieta». Quanto al rinvio del voto, per l’ex presidente della Consulta Valerio Onida per il quale, se anche il Consiglio di Stato sospendesse la pronuncia del Tar comunque l’esito del voto sarebbe «sub judice» perché «il giudizio di merito sarà comunque dopo il voto».
Epifani sabato in piazza «Il decreto ci preoccupa e un decreto, in campagna elettorale, non si era mai visto». È il leader della Cgil, Guglielmo Epifani, nel corso della conferenza stampa di presentazione dello sciopero generale del 12 marzo prossimo, a commentare il decreto interpretativo del governo sulle elezioni regionali. «Per questo parteciperò alla manifestazione di sabato perchè condivido gli obiettivi. C’è un filo rosso che lega il rispetto delle regole dei diritti dei lavoratori e quello delle regole della nostra democrazia». «La democrazia, infatti, si sostanzia anche nelle sue regole; vale per i diritti del lavoro, per un sindacato e vale anche per la
democrazia».
Critica il Tar il Pdl, con Fabrizio Cicchitto capogruppo Pdl alla Camera, perché «nega validità ad una legge dello Stato» mente l’opposizione usa «ogni pressione» per un voto regolare nel Lazio. E Italo Bocchino, vice capogruppo alla Camera, dice che secondo una sentenza della Consulta lo Stato può legiferare in materia di elezioni regionali anche se ci sono leggi regionali. Ma Farefuturo, fondazione presieduta da Gianfranco Fini, critica la situazione, «questa non è politica».
Intanto il Pd invita il Governo a non aumentare il caos, «si calmassero un attimo perché temo che ogni passo ulteriori porti ancora più confusione». Il segretario del Pd invita quindi la maggioranza a «riposarsi un attimo» e a «non aggiungere altro caos, cerchiamo di occuparci per una volta dei problemi della gente». «Per l’amor di dio, sarebbe un altro pasticcio», dice Bersani a proposito dell’ipotesi di rinvio. «Stanno sommando turbamento a turbamento -afferma bersani-. sommano pasticci a pasticci. Chiedo al centrodestra di raffreddare la testa, di riposarsi un attimo e non avanzare ipotesi, come vedo fare ad alcuni ministri. raffreddino la testa, perchè c’è una scadenza elettorale con delle operazioni di validazione in corso».
«Non ci sono dubbi per nessuno che la manifestazione di sabato è sotto il segno della piena responsabilità del governo», aggiunge Bersani rispondendo ai giornalisti che gli chiedono se il leader Idv Antonio Di Pietro saprà evitare di trasformare la manifestazione di sabato in una protesta contro il Quirinale. «Le dichiarazioni di oggi sono molto positive», chiosa poi Bersani commentando le affermazioni in mattinata di Di Pietro. «Non mi aspetto che Berlusconi cambi opinione. A noi ci ha sempre e solo insultati, quindi per me pensare che cambi atteggiamento per cercare una soluzione è un periodo del terzo, anzi del quarto tipo», conclude il leader Pd.
Farefuturo parla di pasticci «Ma non chiamatela politica. Dategli almeno un altro nome, meglio se inventato: chiamatela “pasticcia” o magari “raffazzona”, o anche “rabbercia”. Insomma, dategli il nome che volete ma vi prego non chiamatela “politica”»: questo l’appello del direttore Filippo Rossi su Ffwebmagazine, il periodico online di FareFuturo, la fondazione di Gianfranco Fini, a proposito del “caos liste”. «Perchè – spiega – lo spettacolo di questi giorni, di queste ore, di faldoni, carte bollate, decreti, azzeccagarbugli, circolari, firme, controfirme, telefonate, liste vere, liste finte, urla, manifestazioni, dichiarazioni, accuse infondate e di scuse mai arrivate, responsabili irresponsabili, non può assomigliare nemmeno da lontano all’arte magnifica di governare la città. Quel che è successo – continua l’articolo – è segno evidente della debolezza di una politica che non ha più coscienza di sè, di una politica che non sa più chi è e, d’altra parte, non si pone nemmeno il problema di scoprirlo. Una politica che si muove come un naufrago in mezzo all’oceano, in preda ai venti e alle onde; che si muove nel deserto senza bussola e senza acqua. Senza meta e senza futuro». «Insomma – conclude l’articolo – chiamatela con un altro nome per cercare di salvare il salvabile, perchè quella che si arrabatta senza altri obiettivi se non la salvezza individuale non può chiamarsi davvero politica, azione intrinsecamente collettiva; e perchè altrimenti può cominciare a venire il dubbio che l’anti-politica sempre più diffusa nella società sia in realtà desiderio profondo di politica, quella vera. Quella che si può chiamare col suo nome, senza possibilità di sbagliare».
«Questa è una storia a puntate quando e come finisce lo decidiamo noi». A muso duro, sotto le luci al neon del tribunale di Roma, Vincenzo Piso, coordinatore del Pdl laziale e del pasticciaccio romano, ha appena scandito quella che, nella sua sceneggiatura, doveva essere la battuta finale. Quando una ragazza gli mostra la dichiarazione del ministro dell’Interno. «Se il Tar decide, la lista è fuori nonostante il decreto». «Ecco abbiamo scherzato», fa per andarsene Piso lasciando davanti alla fatidica stanza 23, Alfredo Milioni e Giorgio Polesi, rispolverati come due attori a fine carriera per ripresentare la lista-fantasma del Pdl. «Aspettate tranquilli», li saluta il cancelliere, consegnando loro la ricevuta che certifica che l’atto mancato, grazie al decreto e alla riapertura dell’ufficio elettorale, è compiuto.
Subito dopo il cambio di scena è improvviso. Da piazzale Clodio al Palazzo del Tar. La sentenza che a sera i giudici chiamati a pronunciarsi sul ricorso del Pdl consegnano impone tutt’altro finale. Il Pdl è fuori, la lista resta esclusa. Il decreto partorito di notte a palazzo Chigi «non può trovare applicazione» – spiega la sentenza – perché le elezioni regionali per la Costituzione sono competenza della Regione. E poi, ammesso che per stare nei termini bastava – da decreto – essere entro le 12 dentro al tribunale «muniti della documentazione», chi dice se Polesi e Milioni avevano con sé quel giorno proprio la documentazione presentata oggi con tanto di ricevuta al riaperto ufficio elettorale?
Il mistero nella scatola
È la scatola abbandonata dai due malcapitati presentatori il 27 febbraio nei corridoi del tribunale, con tutto o parte del materiale elettorale da consegnare, che si prende la rivincita. Da vera protagonista. Sono le 12.15 quando Milioni e Polesi entrano in tribunale per riprendersela. Questa volta a tenerli sotto controllo c’è tutto il quartier generale del Pdl. L’ex azzurro Sammarco marca a uomo il sorvegliato speciale, Alfredo Milioni, che straparla lo stesso. Pallone (l’altro Alfredo) fa il battitore libero. Piso tiene a bada i giornalisti. Alemanno ha mandato il suo capo segreteria a vigilare, Lucarelli, ex Forza nuova. E poi ci sono Abrignani, Marsilio, la sottosegretaria Saltamartini, Aracri.
L’effetto è da armata Brancaleone. Prima tappa: l’ufficio dei carabinieri, che custodiscono la scatola dalla sera del 27 febbraio. «Ma non è mica un ufficio-depositi», fa notare l’avvocato del Pd Luca Petrucci, con l’Idv Pedica a protestare. Dopo 20 minuti di “parlamento” comunque parte la processione. La scatola avanti, in mano ai carabinieri, il corteo di parlamentari e guardiaspalle dietro. Quando giunge nella stanza 23, Milioni si siede per l’emozione. Sembra fatta. In attesa che i cancellieri esaminino e fotocopino tutto il materiale per Perugia (dove è depositata la denuncia del Pdl per abuso d’ufficio) va in scena la boria di chi sente la vittoria in pugno. E la prudenza di chi non vuole altri pasticci. La prima fa dire a Piso: «Risponderanno delle falsità dette», «la Bonino non faccia la Madonna della legalità», «volte sapere la lista fantasma? Mussolini, Hitler..», «volete la verità? Pagate Milioni…». La seconda spinge Sammarco a mettere una mano sulla spalla a Milioni ogni volta che fa per aprire la bocca. Quello che fugge al controllo è pura comicità. «Tranquillo?», gli domandano. «Mica tanto…»
Preveggente. A scatola consegnata il vero giallo recita: cosa conteneva il 27 all’ingresso del tribunale? «Ma è stata sempre in custodia dei carabinieri», assicura Piso. In realtà, quel sabato, i carabinieri di sorveglianza davanti alla stanza 23 l’hanno tenuta d’occhio dalle 14.30 fino alle 17. Poi Piso è andato a riprendersela. E solo alle 19.30 l’ha riconsegnata all’ufficio carabinieri. Così spiega il verbale che ha dato al Tar – e all’ufficio elettorale che deve pronunciarsi sulla nuova consegna – l’argomento decisivo. Cosa è stato tolto o messo dentro in quelle due ore? Chi garantisce che la «documentazione» sia la stessa di cui erano muniti Milioni e Polesi al loro ingresso nel tribunale?
09 marzo 2010 – L’Unità