Caos liste, Berlusconi vede Napolitano. Dubbi del Colle sul decreto: salta il Cdm straordinario

4 Marzo 2010 0 Di luna_rossa

Caos liste, Napolitanofrena sul decretoSalta il Cdm, forse domaniAmmesso listino Polverini

Berlusconi vuole un decreto per risolvere il pasticcio delle sue liste in Lombardia e nel Lazio. Dopo una giornata di vertici a palazzo Grazioli, prima con lo stato maggiore della Lega, poi con i big del Pdl, il premier ha incontrato per un’ora il presidente Napolitano al Quirinale, insieme a Gianni Letta e ai ministri Maroni, Calderoli e La Russa. Ma l’ipotesi di tenere un Consiglio dei ministri straordianrio già stasera, subito dopo il vertice al Colle, è sfumata. La riunione del governo è stata rinviata a domani, forse. Oppure cancellata. Dopo il vertice al Colle, il premier si è riunito a palazzo Chigi con Letta ed i ministri Maroni, Calderoli, Scajola, Brunetta, La Russa, Matteoli. Presente anche il consigliere giuridico della Presidenza del Consiglio Claudio Zucchelli.

Evidentemente i dubbi del Colle hanno suggerito un’ulteriore pausa di riflessione. Berlusconi sarebbe arrivato al Colle con in tasca alcune ipotesi di decreto urgente: la principale per fissare nuovi termini per gli adempimenti relativi alla presentazione delle liste per le regionali. Ma sembra, secondo quanto riferito in ambienti parlamentari, che non abbia convinto il Capo dello Stato.

Troppo stretti i tempi per un disegno di legge, che avrebbe comunque bisogno di almeno una settimana per poter essere approvato da entrambi i rami del Parlamento, Berlusconi ha puntato tutto sul decreto. Ma, in assenza di commenti ufficiali del Quirinale (nessun commento è stato reso pubblico al termine dell’incontro), è possibile immaginare che il Colle abbia manifestato più di un dubbio sull’opportunità di un decreto che entrasse a gamba tesa sulle regionali di marzo, cambiando i termini della presentazione delle liste già scaduti da giorni o addirittura rinviando il voto nel lazio e in Lombardia . E la riammissione del listino della Polverini, avvenuta proprio stasera ad opera della Corte d’Appello di Roma, potrebbe aver contribuito a far calare la tensione nel Pdl.

Mentre Berlusconi era riunito con i ministri, a palazzo Chigi è comparso Alfredo Milioni, il responsabile del ritardo nella consegna della lista Pdl del Lazio per via del suo ormai famoso panino. «Alla fine la verità verrà a galla…», sospira. Milioni è arrivato a palazzo Chigi poco dopo le 22 mentre i giornalisti attendevano notizie sul Cdm. Si ferma all’ufficio passi, viene riconosciuto dai cronisti e fotografi, torna indietro. Assediato dalla stampa atttraversando a passi veloci piazza Montecitorio: «Come si dice, la vendetta verrà consumata fredda, farò una conferenza stampa. Comunque, io non ho mai detto che pensavo al suicidio. Se mai -dice Milioni- io ho pensato di sparare a qualcuno…».

Parlando oggi con i vertici del Pdl, Berlusconi aveva fatto capire di non aver intenzione di forzare la mano al Capo dello Stato, né di procedere in presenza di un parere negativo del Colle. Al telefono con alcuni esponenti del Pdl il Cavaliere è stato chiaro: «Io non voglio guerre istituzionali, cercherò con il Capo dello Stato di trovare una soluzione a questa situazione». Anche il presidente della Camera spinge per una soluzione che naturalmente abbia l’avallo della presidenza della Repubblica. Nessun braccio di ferro istituzionale, ha fatto sapere la terza carica dello Stato.

Intanto la Polverini tira il fiato: ieri sera, poco dopo la conclusione della manifestazione del Pdl in piazza Farnese a Roma (alcune centinaia di persone in piazze, insieme alla Polverini, ad Alemanno, Gasparri e Cicchitto), la Corte d’Appello di Roma ha reso noto che il listino della candidata è stato riammesso alle elezioni.  La presentazione del listino mancava di una procura, ovvero la firma di uno dei due presentatori, il vice coordinatore regionale del Pdl Alfredo Pallone. La firma mancante è stata integrata nel ricorso presentato ieri mattina. Sempre secondo quanto si apprende dalla Corte d’appello la decisione è stata motivata in un provvedimento di quattro pagine che sarà pubblicato domani.

«Nel pomeriggio Napolitano aveva manifestato pubblicamente le sue perplessità: «Ancora non c’è nulla di definito, in alcun modo. La situazione è molto fluida, quando arriverò a Roma stasera, vedrò» aveva detto il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, a proposito dei problemi sulla presentazione delle liste per le elezioni regionali. È possibile una soluzione politica? «Se qualcuno mi spiega cos’è, e da parte di chi e su che cosa, la esaminerò» ha risposto.

Il no del Pd «Lo dico perchè si capisca: sia chiaro che qualsiasi intervento di urgenza sulla materia elettorale in corso d’opera sarebbe totalemente inaccettabile», dice pier luigi bersani dal palco della città della scienza di Napoli. «Calma e sangue freddo- dice il leader del Pd rivolto al Pdl- perchè ne girano troppe». A chi parla di «accordi» tra il Pd e il Pdl, di scambi con il voto a Bologna, Bersani replica a muso duro: «Non stiamo facendo niente. Sto dicendo in tutte le lingue che siccome abbiamo delle regole, e c’è chi deve presidiarle, con ben cinque passaggi istituzionali possibili, lasciamo lavorare chi deve lavorare. Noi siamo interessati a un ordinato svolgimento delle elezioni, ma lasciamo lavorare gli organi di garanzia». «Il nervosismo del centrodestra è alle stelle – conclude Bersan – mettono in giro voci di accordi più o meno taciti che non esistono. La nostra posizione è chiara»

E Luigi Zanda, chiama in causa Maroni: «L’altro ieri il ministro dell’interno, competente in materia elettorale, affermava che “non si possono cambiare le regole, non c’è spazio per fare un provvedimento d’urgenza da parte del governo”. Appena dieci giorni fa, sempre Maroni, aveva dichiarato che “a un mese dalle elezioni non si può cambiare la legge elettorale”. Oggi, invece, sembra che Berlusconi voglia riunire nottetempo il cdm per emanare addirittura un decreto legge. Spero che questa ipotesi non sia vera. Ma se lo fosse, salterebbero due principi fondamentali di uno stato di diritto. Salterebbe la divisione dei poteri perchè il provvedimento del governo verrebbe emanato per correggere una decisione giudiziaria. Ma salterebbero anche le garanzie procedurali per le elezioni perchè un decreto legge sarebbe nè più nè meno di una legge elettorale su misura per una coalizione».

Antonio Di Pietro, leader dell’Italia dei valori, dice no a qualunque ipotesi di decreto o di rinvio delle elezioni: «Basta con le leggi ad personam. Aspettiamo la decisione dei magistrati senza fare da sponda a chi vuole piegare la legge a uso e consumo proprio. Fare un decreto legge ex post, addirittura riguardo alla legge elettorale, ci sembrerebbe davvero un golpe». Diversa la posizione del segretario Udc, Lorenzo Cesa: «È molto difficile pensare a uno spostamento delle elezioni. Se invece governo e maggioranza volessero assumersi l’onere di adottare un provvedimento, un decreto, riteniamo di poterlo valutare positivamente, non faremo opposizione».

Molto netta la posizione di Emma Bonino: «In queste ore sento parlare di decreto, ma io non voglio accordi, non voglio soluzioni aumma aumma. Sento parlare di appelli ma quelli di avere elezioni regolari sono diritti indisponibili. Non chiedere il rispetto delle leggi è da autolesionisti. Chi non lo chiede sono i prepotenti perchè a loro non servono. Ma agli altri servono».

Il Pdl dunque ha scelto di bipassare la via dei ricorsi, che pure è stata percorsa fin ora. In mattinata sono stati presentati al Tar della Lombardia due ricorsi, uno da parte di Roberto Formigoni e uno dalla lista Pdl lombarda sulla non ammissibilità di oltre 500 firme a sostegno del listino del governatore. La decisione del Tar è attesa per martedì, ma è possibile che il tar lombardo convochi una camera di consiglio straordinaria entro fine settimana per accelerare la pratica. In caso di risposta negativa Formigoni ha annunciato che ricorrerà al Consiglio di Stato. Per domani è attesa la presentazione del ricorso al Tar della lista Pdl del Lazio.

Un’inchiesta a Milano sulle firme Pdl La procura di Milano aprirà un’inchiesta sulle firme raccolte dal Pdl a sostegno della lista di Formigoni. Si tratta di un atto dovuto in seguito all’esposto presentato dai radicali. Con la denuncia viene richiesta anche una perizia calligrafica. Toccherà alla magistratura verificare eventuali irregolarità in ordine a reati di falso in atto pubblico e
falsità ideologica. L’esposto, finito sul tavolo dell’aggiunto di turno Armando Spataro, sarà dato domani all’aggiunto Edmondo
Bruti Liberati, responsabile del dipartimento pubblica amministrazione.

Formigoni attacca i giudici Intanto Formigoni attacca la Corte d’Appello di Milano che ha bocciato il suo listino: «Abbiamo riscontrato comportamenti dell’ufficio centrale regionale presso la corte d’appello di gravissima irregolarità», ha detto in una conferenza stampa. Secondo Formigoni, l’ufficio centrale regionale ha accolto le liste e il listino del centrodestra e «quindi, compiendo un’irregolarità, ha accolto il ricorso dei radicali che era improponibile ai sensi della legge». Formigoni ha quindi spiegato che l’ufficio centrale ha dato agli esponenti della lista Bonino-Pannella «la disponibilità delle nostre liste lasciandole nelle loro mani per 12 ore. Dal punto di vista teorico avrebbero potuto compiere qualsiasi attività manipolatoria compresa la sottrazione dei documenti». Formigoni ha quindi sottolineato che solo dopo il controllo fatto dai radicali l’ufficio centrale ha riscontrato le irregolarità nelle liste.
Il presidente della Lombardia ha quindi spiegato che con i legali «stiamo valutando le denunce da presentare alla procura della repubblica. Per ora abbiamo riscontrato violazioni di legge indiscutibili ma per ora possiamo dire che interverremo contro ignoti». «Ciò che è certo – ha proseguito – è che siamo di fronte a una manovra organizzata e ordita da più soggetti per recare nocumento al centrodestra della Lombardia». Formigoni haconclsuo affermando che in seguito ai controlli effettuati «anche la lista di Penati merita una verifica, perché a nostro giudizio non può essere ammessa».

L’ipotesi di “scambio” con Bologna Non mancano dure repliche all’ipotesi del Pdl di un rinvio del voto in Lombardia e Lazio in cambio di accorpamento con le comunali di Bologna, da tenersi tra aprile e giugno. Un’ipotesi respinta da Franco Grillini dell’Idv: «Com’è noto il centrodestra ha detto no a una legge per far votare Bologna in giugno ed evitare un lungo commissariamento. Ora a causa del caos delle liste per le regionali in Lazio e in Lombardia si avanza da destra l’ipotesi di uno scambio per il rinvio a giugno del voto che sarebbe comprensivo anche del voto per Bologna che improvvisamente e magicamente si potrebbe fare. Si tratta di una proposta inaccettabile e offensiva». D’accordo la deputata e portavoce di Prodi Sandra Zampa:  «Sono profondamente indignata e sbalordita. Gli stessi che qualche giorno fa hanno impedito che fosse individuata una soluzione per consentire ai bolognesi di tornare al più presto alle urne, oggi cercano una soluzione, fino ad ipotizzare un decreto legge, per le irregolarità anche gravi nella presentazione delle liste del Pdl». «Voglio capire – continua la parlamentare – se in questo Paese esiste una democrazia a due velocità che punisce chi è onesto e premia chi non lo è. A Bologna, per due giorni di ritardo delle dimissioni del sindaco, il governo ha negato ai cittadini il diritto dell’esercizio del voto e ha imposto oltre un anno di commissariamento. Per il Lazio e la Lombardia, invece, si cercano soluzioni. Cicchitto ha dichiarato che Bologna è una città come le altre – ha ricordato – Adesso allora dicano con chiarezza ai bolognesi e agli italiani che invece Lazio e Lombardia sono regioni diverse da tutte le altre. È inaccettabile».

L’unita – 04.03.2010