Francia: cosa ci insegna il successo della sinistra | l’AnteFatto | Il Cannocchiale blog
24 Marzo 2010Francia: cosa ci insegna il successo della sinistra | l’AnteFatto | Il Cannocchiale blog.
di Gianni Marsilli
Parigi – Sì, vale la pena guardare Oltralpe per trarne qualche utile idea. Una considerazione preliminare: ha vinto il Partito socialista, ma soprattutto ha vinto la sinistra. Non è stata, inoltre, una semplice vittoria in elezioni locali, per quanto importante possa essere il governo di quasi tutte le regioni di Francia. E’ niente di meno che l’embrione di una maggioranza presidenziale e parlamentare, se nei prossimi due anni non si disperderà il patrimonio raccolto in queste due tornate di marzo. Prima constatazione: per una volta il Ps, sotto la guida di Martine Aubry, è riuscito a mettere il silenziatore alle rivalità tra i suoi tristemente celebri “elefanti”. Tanta esibita e nuova unità deve molto, è vero, alla posta in gioco: i vari Fabius, Royal, Strauss–Kahn usano scannarsi per il trono dell’Eliseo, non certo per la presidenza piccarda o provenzale.
Però il successo è stato tale che il primo al quale verrà l’ùzzolo di giocare in proprio ci penserà non due ma tre volte, prima di passare alla storia come l’affossatore di una squadra che vince. L’elettorato ha visibilmente apprezzato l’inedita armonia dei vertici socialisti, e chi la straccerà dovrà aspettarsi perlomeno un calcio nel sedere. Secondo: analogo esempio, dietro l’impulso di Daniel Cohn Bendit, hanno fornito le diverse anime ambientaliste. Hanno smesso di dividersi tra verdi di governo e verdi barricadieri, tra verdi nostalgici preindustriali e verdi hi-tech. Ne è scaturita la terza formazione politica del Paese, decisiva per qualsiasi futura operazione presidenziale o legislativa. Terzo: niente più comunisti più o meno rifondati, socialisti dissidenti, cani sciolti in sigle e siglette (e sotto la sigla niente), tutti evaporati. Al loro posto un “Front de gauche” per raccogliere i radicalismi e guarirli dalla loro congenita sterilità. E’ stata questa la terza componente della vittoria della sinistra, disciplinata nel far convergere i suoi voti sul candidato socialista al secondo turno, l’unico in misura di farcela.
Per farla breve, questo marzo francese racconta una storia di rinuncia agli egoismi personali e politici. E’ la storia di un compromesso nuovo e virtuoso, per quanto ancora fragile. I francesi hanno preferito questa onesta diversità, animata da spirito unitario, al blocco compatto e monopartitico che solo tre anni fa aveva portato Sarkozy alla presidenza.
Naturalmente ha giocato un ruolo la delusione per quanto fatto finora: niente o quasi, malgrado la prorompente energia del capo dello Stato. Che è però apparsa, mese dopo mese, un esercizio a metà tra onanismo (almeno sul piano politico) e narcisismo, o poco più. E’ dunque bastato un lampo unitario da parte delle opposizioni perché gli elettori vi intravvedano la possibilità di un’alternanza, subito premiata alla grande. Solo tre anni, e non sedici, per minare la saldezza del padre padrone del centrodestra, che pareva già tranquillamente avviato verso un secondo quinquennio: invidiabile rapidità di reazione. Di Sarkozy (che ha 53 anni, non 73) e delle sue chance per il 2012 oramai si dubita apertamente nel suo stesso campo, che fino a ieri pareva un blocco di ghisa.
Certo, se negli ultimi anni i socialisti avessero sgovernato le regioni, o se la loro gestione avesse ispirato malandrini e borseggiatori da assessorato, una vittoria così potevano sognarsela. Hanno governato bene, e in più hanno messo un freno alla loro storica tentazione di egemonia. Insomma non c’è mistero nella vittoria di domenica: meditiamo, italica gente, meditiamo.