Il premier nella terra di Vendola. Un po’ di noia, tante canzoni e due barzellette
24 Marzo 2010Bari Pensi di metterti i tacchi alti per mimetizzarti nella calca che, pensi, affollerà il padiglione numero 18 della Fiera del Levante di Bari per il comizio di Silvio Berlusconi, venuto in città per sfidare in prima persona il candidato del centrosinistra Nichi Vendola. Pensi di dover fare anche un po’ la parte della gnorri per metterti in sintonia con questo strano popolo fedele al leader ed estorcere qualche battutina in più, entrare nel loro modo di pensare. Pensi, ma ti sbagli. Tanto per iniziare, calca non ce n’è. Sì, c’è del traffico sulla strada per la fiera, ma è normale traffico barese di metà settimana. C’è la fila per entrare, ma dopo scopri che l’ingorgo si crea per i controlli della polizia, non sia mai un altro caso Tartaglia. E soprattutto, di tacchi alti non ce n’è, forse solo tanta voglia di fare le veline, com’è di prassi tra un certo pubblico. Qui al padiglione fiera Silvio viene accolto da poca gente, un migliaio di persone non di più e meno male che hanno pure organizzato i bus dal resto della Puglia. Inutile il secondo maxischermo, allestito sul lato opposto al palco, costruito largo apposta, per evitare che il leader sia alla portata di lanci di oggetti – non si sa mai – soprattutto per occupare il maggior spazio possibile. E sul palco la cortina di cameraman fa il resto, oscurando alla vista della telecamera di servizio il buco vuoto nel parterre. Flop. Del resto, la respirano anche nel centrodestra pugliese l’aria favorevole al governatore uscente Vendola. Niente tacchi, però, si diceva: qui non c’è la ‘Bari bene’ o se c’è, se ne sta nel backstage, con qualche candidato e a cercare di incontrare Silvio in privato. In sala i vestiti non sono tirati a lucido, il trucco non è di quelli chic, l’aria sa di miseria. Si vede.
E dunque la cronista, che meno male i tacchi non l’è sentita di metterseli, per lo meno sta più comoda. Entrare nella loro testa per sapere davvero come la pensano? Presto fatto. “Silvio è il più grande uomo politico del dopoguerra, alla pari di De Gasperi”. Un signore sulla sessantina elenca i meriti, i soliti: “Ha inventato un nuovo modo di fare politica e poi dice sempre la verità”. Ma come? E le inchieste? “Quelle ci stanno a destra e a sinistra…”. Vince Silvio. “Lui vuole la giustizia e pure noi”, fa in barese il compare del sessantenne. Non cavi molto di più. Pretese bassissime, tanto che quando Silvio dal palco comincia a illustrare la sua versione del caos liste diventa barboso pure lui. Il pubblico non lo segue, stava meglio un minuto prima a cantare ‘Meno male che Silvio c’è’. Lo dice il volto sudato di una signora di mezz’età arrivata da Taranto con un gruppo di altre attempate amiche, tutte con i cartelli “Cito eroe dei due mari”. Per chi non lo sapesse, trattasi del figlio dell’ex sindaco tarantino Giancarlo, condannato per mafia. La signora se ne frega, suda, canta, dondola, gode in attesa di Silvio.
Qualcuno con qualche pretesa c’è. Nove famiglie, con tanta prole, appena sfrattate da abitazioni di proprietà di privati a Bari Palese. Srotolano lo striscione. No, non vogliono contestare. “Silvio è l’unico che ci può aiutare!”. Come, non si sa, non ce l’hanno ben chiaro. Sanno che sono “andati dal sindaco di Bari Emiliano e ci ha detto che non può far nulla per noi. Ma noi da casa non ce ne andiamo!”. Si occupa, anche a destra. Del resto, in platea c’è persino un punkettone, sì di quelli dell’ultim’ora, solo gelatina sulla cresta, nelle orecchie di sicuro nessuno spazio per Clash o Ramones. Ecco due signori di Terlizzi, la città di Vendola. “Iè nu grand’!”. Sempre Silvio. “Eccolo!”, fa lui sul palco. Coro, al solito: “Chi non salta comunista è”. E chi non salta accenna almeno a un sorriso, qualcun altro al saluto romano. L’importante è non attirare sospetti, che si concentrano dunque sui cronisti presenti. “Eccolo il futuro governatore della Puglia: Rocco Palese”. Silvio tenta la carta dell’ottimismo. Sventolano i cartelli: “Il presidente è palese”. Dai, dai la barzelletta, dai. Un attimo di pazienza e arriva: “Lui è stato assessore al bilancio della giunta Fitto, io non sono uomo di numeri, preferisco le poesie e le canzoni anche perché se fai la corte alle donne coi numeri non accettano…”. Esorcizzato anche il fantasma D’Addario, escort barese. Poi insiste sull’elezione diretta del premier, sulle riforme istituzionali, ma sono parole per Roma, da dove Fini ribatte. Qui la sua gente vuole cantare, nonostante la brutta aria pre-elettorale. Si canta anche fuori, davanti al padiglione. Dall’altra parte della strada c’è un gruppetto della comunità somala barese, tutti regolari, vogliono più diritti per gli immigrati. Cantano nella loro lingua. Dentro non li hanno fatti entrare.