Obama: riforma, poi limiti all’aborto – Mondo – ANSA.it

22 Marzo 2010 0 Di ken sharo

Obama: riforma, poi limiti all’aborto – Mondo – ANSA.it.

di Alessandra Baldini

NEW YORK – Grazie a un compromesso sull’ aborto il sogno della riforma della sanità arriva in porto: dopo mesi di dibattito e polemiche, marce in avanti e battute di arresto, la Camera dei Rappresentanti Usa è arrivata oggi a votare una legge storica, sfuggita per oltre un secolo ai predecessori di Barack Obama, grazie al “sì” di un manipolo di deputati anti-abortisti che hanno strappato alla Casa Bianca un decreto in cui si ribadisce il bando all’uso di fondi pubblici per l’interruzione volontaria di gravidanza. La svolta è arrivata alle 16:00 di Washington, le 21:00 in Italia, dopo un paio d’ore di scontri verbali in aula e contestazioni fuori da Capitol Hill.

Un comunicato del direttore delle comunicazioni della Casa Bianca, Dan Pfeiffer, ha preceduto di pochi istanti l’annuncio di Bart Stupak, il deputato cattolico leader degli anti-abortisti della Camera, che si era spostato con i suoi alleati sul fronte del sì. L’accordo ha permesso di confermare l’ottimismo della Speaker della Camera, Nancy Pelosi, la madrina della legge quando tutto per Obama sembrava perduto. La Pelosi oggi è entrata in aula con in mano il “martello” usato nel 1965 dal collega Charles Dingell per sancire l’approvazione di Medicare, la mutua degli anziani, pronta a usarla al momento del voto. “Il presidente Roosevelt ha varato la Social Security; Lyndon Johnson, Medicare. Oggi Obama farà approvare la riforma della sanità”, le ha fatto eco il capogruppo John Larson, sicuro di avere in tasca i 216 sì necessari per dare l’assicurazione a 32 milioni di americani che attualmente non l’hanno. Ma è un sì ad alto rischio, e che potrebbe costare il posto a molti democratici nelle elezioni di metà mandato di novembre.

I ‘Blue Dogs’ conservatori come Joe Tanner ne temono il costo, 940 miliardi di dollari in dieci anni, gli anti-abortisti come Stupak non volevano che i dollari del contribuente finissero per pagare interruzioni volontarie di gravidanza. “La riforma, per come è scritta, mantiene il bando, ma l’ordine esecutivo fornisce ulteriori salvaguardie per assicurare che lo status quo sia rispettato e che le restrizioni contro l’uso di fondi pubblici per l’aborto non siano aggirate”, ha proclamato Pfeiffer. Aborto e spese federali erano i nodi che avevano frenato per mesi il cammino di una riforma che aiuterà le famiglie povere e middle class a comprare una mutua dai costi accessibili. La legge sulla sanità permetterà ai giovani fino a 26 anni di restare sotto la copertura assicurativa dei genitori e agli anziani a pagare le medicine senza interruzioni; garantirà una polizza ai malati cronici e a chi ha condizioni di salute preesistenti; impedirà infine alle mutue di scaricare chi si ammala.

Obama, che sulla riforma si gioca la presidenza, aveva atteso il voto attaccato al telefono per convincere gli ultimi indecisi. I sì, prima di quello di Stupak e del suo gruppo, erano arrivati con il contagocce: Dale Kildee, un collega del Michigan, aveva sdoganato il voto favorevole dopo aver parlato col parroco; lo hanno seguito a ruota i colleghi Brian Baird e Marcy Kaptur. Una vittoria annunciata, dunque, ma al cardiopalma e sul filo del rasoio al termine di un dibattito in cui Patrick Kennedy, deputato di Rhode Island, ha invocato la causa cara a suo padre Ted Kennedy. Il leader della maggioranza, Steny Hoyer, ha parlato di un “margine di pochissimi voti” mentre i repubblicani minacciavano l’uso di ogni arma parlamentare disponibile. “Aspettatevi una serata interessante”, ha detto il deputato del Gop Mike Pence.

Ieri, poco prima della mezzanotte, la Commissione Procedure della Camera aveva stabilito le regole del gioco: un voto procedurale sull’agenda dei lavori, poi due ore di dibattito sulla legge del Senato e sul provvedimento di aggiustamento che tiene conto del testo della Camera (il testo elaborato proprio per permettere che l’iter della riforma continuasse), infine la coppia di votazioni sul testo del Senato e su quello di accompagnamento. Superato lo scoglio della Camera, il testo del Senato andrà alla firma di Obama, mentre la legge di accompagnamento passerà al Senato per essere votata a maggioranza semplice. Ci potrebbero volere giorni o settimane e il risultato non è scontato: se dovessero esserci emendamenti, quel testo tornerebbe alla Camera per un nuovo voto. Come dire che per Obama la battaglia per la riforma non è ancora finita.