Brasil, “pais permeávil” – (3ª parte)
16 Aprile 2010[CartaCapital]
Parla Gratteri, il giudice che vive sotto scorta
CartaCapital: Per i politici brasiliani il narcotraffico è solo un problema collegato alla violenza nelle favelas di Rio de Janeiro e di San Paolo. In altre parole si tratta di microcriminalità. Nessuna inchiesta giornalistica è stata fatta per denunciare la centralità del Brasile come paese del riciclaggio, soprattutto da parte della ‘Ndrangheta.
Nicola Gratteri: Per i politici gli omicidi hanno più valore del denaro riciclato. La criminalità organizzata continua ad essere percepita unicamente in funzione della violenza. Questo è ciò che accade in Brasile, dove la miseria mette a repentaglio l’ordine pubblico, o in molti altri paesi dove si fa più attenzione alla microcriminalità. Purtroppo quando le mafie si muovono sottotraccia, non danno fastidio. Sarebbe necessario cominciare ad affrontare seriamente il problema degli investimenti mafiosi, ossia del profit sharing tra imprenditori e criminali, e tra politici e mafiosi. I mafiosi vanno là dove si incontrano la domanda e l’offerta. E in questo momento il Brasile rappresenta un paese permeabile agli investimenti mafiosi. Già negli anni ‘80 i brokers delle ‘ndrine si stabilirono in Brasile, come rappresentanti delle famiglie più importanti della provincia di Reggio Calabria. In Brasile comunque ci sono anche esponenti di Cosa Nostra, della Sacra Corona Unita, della Camorra.
CC: Ne La malapianta si parla di Salvatore Mancuso (leader del gruppo paramilitare AUC) [la sigla sta per Autodefensas unidas de Colombia, NdT] del fatto che “con la droga sono arrivati i soldi, una montagna di soldi che ha reso la ´Ndrangheta l’unica mafia veramente globale, con tentacoli in tutti i continenti”. Ci sono in Brasile personaggi simili a Mancuso?
NG: Finora non sono apparsi, ma cio’ non significa che non esistano. Con assoluta certezza in Brasile ci sono persone senza scrupoli, imprenditori che non disdegnano i capitali mafiosi, soprattutto nel settore dell’edilizia civile. La Polizia Federale brasiliana è convinta che il traffico di droga in Brasile non sia ancora gestito da grandi organizzazioni criminali o tramite grandi reti di distribuzione, ma sia diretto da piccoli gruppi, la cui struttura minore permette una maggiore flessibilità e articolazione. Di conseguenza questi sono riusciti ad eludere più facilmente i controlli di polizia e di tipo finanziario.
CC: Principalmente in Colombia, ma anche in Messico, la presenza di grandi cartelli ha portato a una vera e propria guerra tra clan. Da una parte si sono indeboliti i “combattenti”, dall’altro hanno risvegliato l’attenzione sui due paesi e disturbato la tranquillità dei trafficanti. In Brasile questo non sta succedendo, siamo in presenza di piccoli gruppi che trafficano droga. Quali potrebbero essere in futuro le conseguenze della mancata percezione del problema da parte dei politici brasiliani?
NG: La pressione esercitata su Colombia e Messico ha obbligato i narcotrafficanti a usare porti più tranquilli per la consegna della droga. Sottostimare il problema comporterà inevitabilmente lo stabilirsi di accordi tra la ‘Ndrangheta e i microcartelli brasiliani che finora hanno mantenuto un profilo molto basso.
CC: Brasile e Africa stanno diventando sempre più importanti in relazione al transito verso l’Europa. Si sta facendo qualcosa per tagliare questo ponte gestito dalla ‘Ndrangheta?
NG: Le inchieste ci portano a considerare il fatto che in Africa la Guinea Bissau sta diventando sempre più una sede privilegiata per le partite di droga della ‘Ndrangheta. Ultimamente si sono intensificate le relazioni tra Guinea Bissau e Brasile. Mi auguro che aumenti anche l’azione politica tramite una collaborazione internazionale più efficace. Oggi queste sinergie mancano, e la lotta ai narcotrafficanti ne è fortemente pregiudicata. Oltretutto in Brasile esiste comunità nigeriana ben radicata. Alcune attività investigative condotte in Italia soprattutto dalla procura di Napoli sono riuscite anche a provare come spesso il Brasile sia il centro di reclutamento dei corrieri della droga verso l’Europa e l’Italia, come anche il luogo per lo stoccaggio delle partite.
CC: Secondo gli specialisti nel traffico di cocaina è importante la presenza di bravi chimici. Qual é il ruolo del Brasile in relazione agli altri paesi dell’area?
NG: I resoconti dei servizi segreti confermano l’aumento dei laboratori soprattutto al confine tra Brasile e Perù. Sembra che il Brasile si stia equipaggiando adeguatamente per completare il ciclo di fabbricazione della cocaina.
CC: Qual è l’importanza del Brasile per la ‘Ndrangheta? Si ha notizia di un’infiltrazione della ‘Ndrangheta nell’economia legale? Si puo’ immaginare un’economia “legale” forte, fittamente infiltrata dai capitali derivanti dal narcotraffico della ‘Ndrangheta senza che prima o poi avvenga uno scontro con lo Stato che accetta tali investimenti?
NG: La ‘Ndrangheta è presente in Brasile da almeno 30 anni. Se finora non è stata notata, o non si è sentita, sicuramente ha trovato il modo di mimetizzarsi per investire i guadagni della droga. Se hanno usato sistemi simili a quelli degli altri paesi, è quasi certo che oggi stanno gestendo una serie di attività economiche e imprenditoriali intestate a prestanomi o a persone senza scrupoli.
CC: Qual è l’italiano di maggior peso arrestato nell’ultimo anno in Brasile per traffici connessi al narcotraffico?
NG: La figura di maggior rilievo è Sergio Cavuoti, il cui arresto è avvenuto nel contesto di una delle inchieste più vaste condotte dalla DDA di Napoli su un’ipotesi di narcotraffico gestito da un sodalizio di nigeriani e italiani operanti nell’area di Castelvolturno e con legami forti in Brasile. Inoltre, in Brasile vive da molti anni uno dei figli di Badalamenti, coinvolto in traffico di droga e riciclaggio.
(segue)