Buio a Pomigliano
19 Aprile 2010Catena di montaggio della R4 Alfa Romeo a Pomigliano (1962)
Buio a Mezzogiorno, buio a Pomigliano D’Arco o forse luce, almeno per quel 55% di elettori che hanno premiato Raffaele Russo, detto Lello, e con lui eletto il centrodestra a guidare il comune, facendo crollare un altro mito della sinistra, la Stalingrado del Sud. Dopo 15 anni di amministrazione rossa ecco come finisce: Onofrio Piccolo, il delfino di Michele Caiazzo (sindaco per 10 anni, seguito da Antonio Della Ratta per gli ultimi cinque), precipita e questa è un’altra Mantova. O per certi aspetti è ancor peggio perché la città della Fiat, la stessa protagonista delle lotte operaie degli anni ’70 e ’80, si “imberlusconisce”. La fabbrica non sostiene più una classe politica incapace di rappresentarli, anche se tra le linee nessuno (o quasi) dice di aver votato a destra. Qui anche negli anni della Dc, il Partito comunista faceva faville oscillando, a seconda delle tornate, dal 40 a quasi il 70% dei consensi. Ora con un Pd fragilissimo, una sinistra a pezzi, nei confronti della destra dilagante in Campania, le cifre sono ben altre. All’Alfa, dove le linee sono ancora semideserte per la cig che va avanti a singhiozzo da quasi due anni, si respira un’aria pesante, di rassegnazione, di sospetto, verso una politica in cui pochi vogliono ancora fare affidamento. I lavoratori sono proiettati verso il 21 aprile quando l’ad del Lingotto, Sergio Marchionne, sciorinerà il suo piano, metterà sul tavolo i 700 milioni che servono a riconvertire lo stabilimento per sfornare 280mila Panda. Tutto nuovo di zecca, corsi di formazione, know how, intelligenze e mansioni da approntare. Ma soprattutto 500 operai in meno, tra mobilità e prepensionamenti. Le tute blu però non sono completamente soddisfatti perché l’azienda ha puntato i piedi. In cambio del rilancio vuole mano libera su tutta l’organizzazione interna, l’applicazione del nuovo modello di lavoro Ergouas, aumento dei ritmi produttivi, riduzione delle pause da 40 a 30 minuti, spostamento dell’orario mensa a fine turno, che potrebbe portare alla chiusura e ad altri 100 esuberi. «È chiaro che se c’è un progetto per Pomigliano e nuovi investimenti che ben vengano – spiega Maurizio Mascoli segretario regionale Fiom – ma non è accettabile che questo piano sia presentato dalla Fiat con un ricatto sul resto. Ci sono punti che non sono negoziabili e ancora non si è parlato di riorganizzazione del lavoro. Fim, Uilm e Fismic sono pronti a firmare tutto così com’è». Ma se il sindacato si divide, la neoeletta amministrazione invece è pronta a far rinascere la cittadina dell’automobile. «Ridiamo anima a Pomigliano» è stato il motto di Lello Russo, ex-socialista ed ex-sindaco di inizio anni ’90, quando a vice c’era lo stesso Caiazzo, prima che i due prendessero strade diverse. Anche perché Russo incappò in complicate vicende giudiziarie (tra cui un concorso esterno in associazione camorristica) dalle quali è poi stato completamente scagionato «perché il fatto non sussiste», ci tiene sempre a precisare. Oggi torna a capo dell’amministrazione e Pomigliano sceglie il vecchio, qualcosa che vagamente ha ancora un sapore democristiano. «Ce lo dovevamo aspettare, divisi si perde» ha detto Piccolo appena conosciuti i risultati, e riferendosi agli scontri in consiglio degli ultimi anni, nonché alla contrapposizione con Rifondazione. Il partito di Paolo Ferrero aveva candidato un suo uomo, Felice Romano, presentando durante la campagna elettorale un fascicolo in procura per accusare il comportamento del sindaco uscente Della Ratta.Secondo il Prc a pochi giorni dal voto Della Ratta aveva infatti dato il via libera all’atto di convenzione con la Società Costruzioni immobiliare srl per l’edificazione all’interno di un comparto urbanistico, e senza la liberatoria antimafia. Una delibera ancor più grave, secondo i querelanti, dal momento in cui ci sarebbero state indagini in corso sulla società, proprio per i collegamenti con la criminalità organizzata. Inoltre Rifondazione puntava il dito sul consenso trasversale dell’operazione che non aveva fatto insorgere nessun consigliere né di maggioranza, né tantomeno dell’allora minoranza pidiellina. Ma questo è solo uno degli elementi di contrasto all’interno del centrosinistra che stava quasi per consegnare a Russo la vittoria al primo turno, fermato per un soffio al 49%.Ma delle mille su 5mila tute blu (più famiglie) che risiedono nel comune quanti hanno scelto Russo? In molti non sarebbero proprio andati a votare, stanchi del malgoverno e di questi 15 anni legati a Caiazzo e al bassolinismo. Lo stesso Michele ha ottenuto appena 331 voti, mentre pur con 3500 preferenze non è riuscito nemmeno a farsi riconfermare consigliere regionale e ora gli tocca sedere trai banchi del consiglio nella sua città. Eppure si guarda a quello che c’è di positivo: «Voglio vedere se Russo riesca a fare la metà di quello che ho fatto io nei primi 5 anni» ha detto Caiazzo in un’intervista a un quotidiano locale. Poi ci sono le 9500 preferenze totali per Piccolo contro le 11mila del centrodestra, ed è da qui che il Pd di Pomigliano vuole ripartire.Ma non basta, perché in tutta la regione è stata una debacle, a prescindere dalla presidenza volata nelle mani di Stefano Caldoro e Nicola Cosentino, a consacrare le perdite ci si sono messi anche i comuni, Caivano, Mugnano, Sant’Anastasia, Bacoli. Ma soprattutto Castellammare, altra ex-roccaforte della sinistra che ha pagato le infiltrazioni camorristiche nei circoli e l’assassinio del consigliere Luigi Tommasino lo scorso anno, dove l’ex magistrato Luigi Bobbio ha stravinto senza nemmeno andare al ballottaggio. E, last but not least, la destra ha spadroneggiato perfino a Terzigno, dove non ha pesato nemmeno la lotta della cittadinanza contro la discarica, voluta nel parco del Vesuvio da Guido Bertolaso e Silvio Berlusconi. Ora i democratici cercano di ricostruirsi, pezzo pezzo, con Vincenzo De Luca a capo dell’opposizione in consiglio regionale e il segretario Enzo Amendola che deve preparare il congresso di giugno per definire gli organi dirigenziali provinciali. Le batoste sono state prese, ora si “spera” almeno di non perdere il comune di Napoli, dove Rosa Russo Iervolino assediata cerca di ricompattare almeno i suoi consiglieri. E si pensa già alle primarie. Magari se questa volta si facessero in tempo per preparare la campagna elettorale.
Il Manifesto.it
Non conoscevo l’Unione Industriali di Napoli ma da quello che leggo e che ho letto
è una nota positiva per un territorio che ha mille difficoltà!
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Forza Campania!