Cucchi, i medici rischiano otto anni. Per salvarlo bastava un po’ di zucchero
30 Aprile 2010Inchiesta chiusa sul decesso del giovane morto alcuni giorni dopo l’arresto. Per medici e infermieri cade l’accusa di omicidio colposo ma viene contestato il reato di abbandono di incapace. Lesioni e abuso di autorità per gli agenti della penitenziaria.
Non c’è più l’omicidio colposo ma l’abbandono di incapace tra i reati formulati dalla procura di Roma in relazione alla morte di Stefano Cucchi, il geometra 31enne deceduto lo scorso 22 ottobre dopo essere stato arrestato alcuni giorni prima per spaccio di droga. Rischiano otto anni i cinque medici e i tre sanitari dell’ospedale Sandro Pertini, a cui sono stati contestati, a seconda delle posizioni, i reati di favoreggiamento, abbandono di incapace, abuso d’ufficio e falso ideologico. Lesioni e abuso di autorità sono le ipotesi di reato attribuite agli agenti della polizia penitenziaria. In tutto 13 le persone indagate per il decesso.
Secondo i magistrati, dunque, Stefano Cucchi fu abbandonato al suo destino, non gli palparono nemmeno il polso. Medici e infermieri “volontariamente omettevano di adottare qualunque presidio terapeutico” non intervenendo neppure “con una semplice misura quale la somministrazione di un minimo quantitativo di zucchero sciolto in un bicchiere d’acqua che il paziente assumeva regolarmente, misura questa idonea ad evitare il decesso“. “Volontariamente omettevano di intervenire effettuando un elettrocardiogramma che appariva assolutamente necessario” non adottando neppure “attraverso una semplice palpazione del polso alcuna misura diagnostica”.
Secondo le accuse dei magistrati, il medico di turno certificò il falso. Il giorno del decesso di Cucchi, la dottoressa Flamina Bruno, nel certificato di morte “avrebbe falsamente attestato che si trattava di morte naturale, pur essendo a conoscenza delle patologie di cui era affetto” il ragazzo. (Apcom)