Ecologia della liberazione

19 Aprile 2010 0 Di luna_rossa

Centinaia di attivisti anti-globalizzazione, ambientalisti, militanti di sinistra e indigeni stanno confluendo qui a Cochabamba per l’appuntamento cui li ha convocati Evo Morales dopo il fallimento del vertice sul clima di Copenhagen. Anche Hugo Chávez, Rafael Correa e Daniel Ortega, presidenti di Venezuela, Ecuador e Nicaragua, hanno annunciato il loro arrivo.
Il governo boliviano sta scaldando i motori per una kermesse che si prevede molto partecipata e che dovrebbe incoronare il presidente boliviano come il leader indiscusso della «lotta per la madre terra», passo previo a un possibile candidatura al Nobel per la pace.
A Cochabamba il ministro degli esteri David Choquehuanca darà il benvenuto ai rappresentanti di 28 paesi dell’Africa, 28 dell’Europa, 17 dell’Asia, 13 del Centramerica, 12 dell’America del sud, 6 dell’Oceania e 3 dell’America del nord, oltre a prestigiosi accademici e scienziati e studiosi del clima annunciati dai quattro angoli del mondo. A dare lustro all’evento, fra gli altri ci saranno i Nobel per la pace Adolfo Pérez Esquivel, argentino, e Rigoberta Menchú, guatemalteco; la scrittrice canadese Naomi Klein; il teologo brasiliano Leonardo Boff; l’ex-presidente della costituente ecuadoriana Rafael Acosta; l’indiana Vandana Shiva. Ci sarà anche l’attrice di Pocahontas Q’Orianka Kilcher. L’appuntamento per tutti è nel pueblo di Tiquipaya, a pochi chilometri da Cochabamba, dove nel 2000 si avviò la «guerra dell’acqua» che riuscì a cacciare la transnazionale Bechtel. Il protocollo di Kyoto, il ricaldamento globale, l’acqua, i pericoli connessi al «mercato del carbonio», la sovranità alimentare saranno fra i tempi all’ordine del giorno. Si proporrà anche un referendum climatico mondiale e che i crimini contro la Pachamama siano conserati crimini di lesa umanità. L’obiettivo è quello di dare forma a una alternativa in vista del vertice di Cancún di novembre.
Però, nonostante il «pachamamismo» sia l’ideologia ufficiale del governo boliviano, la Bolivia di Evo è lontana da un modello nuovo di sviluppo ambientalista. Mentre il ministro Choquehuanca difende il «buen vivir» anti-desarrollista, il vice-presidente Álvaro García Linera e lo stesso Evo Morales sostengono «il grande salto industriale» in avanti. E dalle fila governative si mette in risalto che – dopo la crisi degli anni ’80 – la Bolivia è tornata a essere una «potenza mineraria».
Di fatto, il governo si è rifiutato di aggiungere ai 17 tavoli tematici previsti, «il tavolo 18» sulla produzione mineraria tossica richiesto dall’organismo indigeno Conamaq dal momento che, parole del vice-ministro per la bio-diversità e ambiente Juan Pablo Ramos, questi «conflitti interni» andrebbero a detrimento dell’evento. «Abbiamo l’impegno del fratello presidente che dopo il vertice sarà dibattuto l’impatto socio-ambientale in Bolivia e allora faremo conoscere le nostre preoccupazione sul tema», ha affermato il dirigente della Conamaq Rafael Quispe.
La recente occupazione degli uffici della miniera di San Cristóbal – la più grande della Bolivia – da parte di indigeni del nord di Potosí, ha evidenziato questa settimana che i conflitti socio-ambientali stanno aumentando e che è impossibile la convivenza fra l’ambientalismo e il desarrollismo duro che domina all’interno del governo. Gli indigeni protestano contro l’inquinamento e l’abbassamento del livello delle acque, effetto dell’elevato consumo ad opera della miniera in mano a capitali giapponesi, e chiedono compensazioni economiche che l’impresa rifiuta. Il governo di Evo è anche favorevole alla costruzione di alcune controverse dighe sul fiume Madeira, in Brasile, a cui il presidente Lula ha dato via libera ma messe pesantemente in discussione dai gruppi ambientalisti, e difende lo sfruttamento del petrolio in Amazzonia accusando gli indigeni del posto di muoversi sulla musica di ong straniere.
Il Manifesto.it