IL MANIFESTO-I grillini, costola della sinistra

12 Aprile 2010 1 Di ken sharo

IL MANIFESTO.

Proviamo a fantasticare: e se i «grillini» diventassero per il centrosinistra ciò che la Lega è stata per il centrodestra? Se più dell’Idv – dove l’appeal giustizialista di Di Pietro è stata l’occasione per il riciclaggio di seconde e terze file della prima Repubblica anziché per la promozione di un personale politico «inedito» e innovativo – finissero per portare un po’ di sangue fresco nel corpo decisamente anemico dell’attuale Pd e dei suoi alleati, e molto più dell’esausta e antichissima sinistra radicale portassero temi e linguaggi contemporanei nel discorso quanto mai stentato e datato del riformismo italiano?
Le differenze tra i due fenomeni – la Lega degli inizi, questo movimento «cinque stelle» che presentatosi solo in cinque regioni su 13 ha raccolto quasi mezzo milione di voti – sono immense. I mondi di riferimento non potrebbero essere più lontani: da una parte un elettorato poco metropolitano, non giovanissimo, culturalmente tradizionalista, spaventato dai ritmi sempre più incalzanti della globalizzazione e dei connessi cambiamenti socio-economici e per questo allettato dall’offerta di un’identità etnica – la Padania – magari un po’ inventata ma rassicurante; dall’altra un elettorato giovane, prevalentemente cittadino, a suo agio con i temi e anche con i linguaggi e le tecniche comunicative della globalizzazione, proiettato in un’identità, come direbbe Manuel Castells, «progettuale».
Eppure per più di un aspetto queste due «novità», l’una e l’altra giunte ad un primo successo nel più totale disinteresse dei media tradizionali, si assomigliano.
Entrambe hanno raccolto il loro iniziale consenso scagliandosi contro i vizi e i privilegi del ceto politico consolidato, che per la Lega era «Roma ladrona» e per i «grillini» è la casta dei politici di professione; entrambe hanno rifiutato l’etichetta di destra (la Lega) e di sinistra (i «grillini»); entrambe hanno utilizzato per imporsi un linguaggio rozzo, demagogico, estremista; entrambe si sono mostrate particolarmente aggressive verso le forze politiche che attingono al bacino elettorale più vicino (Bossi che dava del mafioso a Berlusconi e dei porci ai «neofascisti» di An, o che rivendicava l’ascendenza della Lega nella lotta partigiana; Grillo che riempie di insulti e di disprezzo i leader del Pd).
Dall’altra parte, come i valori e i temi proposti dalla Lega sono sempre stati decisamente «di destra» – l’attaccamento alla tradizione, il rifiuto dell’immigrazione – così quelli dei «grillini» sono oggettivamente e soggettivamente «di sinistra»: la partecipazione democratica, l’innovazione tecnologica («banda larga per tutti»), i diritti civili, l’ambiente, un welfare rinnovato capace di rispondere ai bisogni e ai problemi di gruppi sociali poco tutelati a cominciare dai giovani e dai precari.
Inoltre sia la Lega che i «grillini» presentano una analoga caratteristica che li fa contraddittori e in parte sfuggenti: sono forze radicali, populiste, sotto certi aspetti persino sovversive, e al tempo stesso fanno breccia in un elettorato non ideologizzato e dunque, si può dire, «di centro».
La Lega che nelle province piemontesi da Cuneo a Novara e nel Veneto ex-bianco fa il pieno di voti che secondo le categorie politologiche sono squisitamemnte moderati, i «grillini» votati da un elettorato le cui scelte elettorali si sottraggono ad ogni criterio di appartenenza. Se questa breve e sommaria analisi ha qualche base di verità, resta una domanda di fondo: nel caso della Lega e del centrodestra, l’incontro è stato il capolavoro di due politici con tratti geniali, Berlusconi e Bossi.
Nel caso dei «grillini» e del centrosinistra, oggi figure così, carismatiche e capaci di altrettanto, in un campo e nell’altro non sembrano alle viste. Emergeranno?
*Parlamentari Pd