Scade la cassa integrazione: due operai su una gru nel cantiere della Regione – Milano
9 Aprile 2010Scade la cassa integrazione: due operai su una gru nel cantiere della Regione – Milano.
Scesi dopo che Formigoni ha sbloccato la situazione. «Siamo senza lavoro ma almeno abbiamo le briciole»
MILANO – È terminata la protesta dei due operai della ditta Raimondi di Legnano, saliti all’alba su una gru a 60 metri di altezza nel cantiere della Regione, in via Melchiorre Gioia a Milano. Tramite la Fiom hanno fatto appello al presidente Formigoni e il Pirellone si è attivato per sbloccare la situazione. I due, italiani, chiedevano che fosse firmata la cassa integrazione in deroga dato che sono scaduti i termini per quella straordinaria. C’era però un cavillo giuridico per cui il tribunale non poteva procedere. Dunque i due sono scesi con l’aiuto dei vigili del fuoco dopo che è stata loro mostrata la documentazione che di fatto sblocca la cassa in deroga per altri sei mesi, dopo il concordato preventivo raggiunto dall’azienda nel 2009. La questione riguarda anche altri 19 dipendenti dell’azienda, venduta l’anno scorso al gruppo Ramco del Qatar che ha assorbito solo 40 dei 61 lavoratori. Per gli altri 21 si è aperto un periodo di cassa integrazione straordinaria con la promessa di essere assorbiti in tempi brevi, quando il mercato fosse ripartito.
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La protesta di due operai su una gru![]() |
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APPELLO A FORMIGONI – Sono stati i sindacalisti della Fiom a dare la notizia facendo appello al presidente Formigoni: «Tocca alla regione Lombardia e al suo presidente intervenire perché ai 21 della Raimondi Gru, e a tutti i lavoratori che potrebbero trovarsi nelle loro condizioni, venga consentito di non finire sulla strada – si legge in un comunicato -. Emilio e Antonio hanno deciso di salire sulla gru che hanno costruito e che sta proprio davanti all’ufficio del presidente per chiedere a Formigoni di intervenire sul caso kafkiano che li riguarda direttamente, non solo per loro ma perché non diventi un precedente che penalizza i lavoratori». Il Tribunale fallimentare di Milano, cui spetta concedere l’autorizzazione per accedere all’ammortizzatore sociale, si rifiutava di firmare perché la cassa in deroga incide sul Tfr di cui un’azienda fallita non può farsi carico; lavoratori e sindacato si erano detti disponibili a rinunciare temporaneamente alla quota di Tfr per poter accedere dalla cassa in deroga che è indispensabile per dare una possibilità di rientro al lavoro. Il giudice aveva risposto che questo non è possibile perché i lavoratori non possono rinunciare a qualcosa di cui non hanno ancora diritto, spiega la Fiom, ricordando che «sulla base della normativa regionale, alla cassa in deroga possono accedere una serie di soggetti, comprese le realtà fallite e dunque deve essere esigibile da tutti questi soggetti, senza che un cavillo burocratico o la libera interpretazione di un giudice la possa bloccare».
INTERVENTO DELLA REGIONE – La risposta del Pirellone è arrivata in tempi brevi. Formigoni ha telefonato al presidente del tribunale Livia Pomodoro e, a seguito di questo colloquio, il giudice del Tribunale fallimentare ha autorizzato il curatore della ditta a richiedere la cassa integrazione in deroga. L’atto firmato dal giudice Vitiello è stato consegnato ai lavoratori e ai sindacalisti della ditta Raimondi. «La Regione Lombardia si è mossa subito per fare fronte al diniego del giudice e ha fatto sì che lo stesso giudice autorizzasse il curatore a chiedere la cassa integrazione in deroga – ha affermato l’assessore all’Istruzione, formazione e lavoro Gianni Rossoni -. Ci sarà una riunione con le parti il 12 aprile, stanno partendo in questo momento le lettere di convocazione».
«ABBIAMO ALMENO LE BRICIOLE» – «Abbiamo raccolto le briciole – ha commentato uno dei due operai una volta sceso dalla gru -. Volevamo salire sulla gru da 200 metri ma non c’era l’ascensore e allora siamo saliti su quella da 60. È stata una protesta necessaria perché oggi saremmo stati senza lavoro: lo siamo ancora ma almeno abbiamo preso le briciole». E il collega: «Ora sto bene, sono un po’ emozionato. L’abbiamo fatto per noi e per i nostri colleghi». Parla di ingiustizia la moglie sudamericana di Emilio: «È stata una sorpresa, è andato via di casa presto. Non è giusto arrivare a questo punto e fare una cosa del genere per cercare di tenere il posto di lavoro, è un anno e mezzo che è in cassa integrazione. Non basta che venga allungata la cassa integrazione per sei mesi, i dipendenti vogliono tornare al lavoro».