Un parco contro i nativi
3 Aprile 2010Sta per essere inaugurato, intorno alle Isole Chagos – territorio d’oltremare del Regno Unito nell’Oceano Indiano – quello che sarà il più grande parco marino del mondo. Coprirà circa 250 mila miglia quadrate (545 chilometri quadrati, praticamente il doppio dell’Italia), battendo il record mondiale fin qui riservato al parco australiano «Great barrier reef marine» grande 345 mila chilometri quadrati. Ad annunciarlo alla Bbc è stato il ministro degli esteri britannici David Miliband che, entusiasta, ha dichiarato che con questo nuovo parco si raddoppieranno le dimensioni delle riserve marine di tutto il mondo.
Per molti pesci, e soprattutto per i coralli – sempre più minacciati dalle attività umane e dai cambiamenti climatici, che provocano il riscaldamento e l’acidificazione dell’acqua degli oceani (secondo Global Coral Reef Monitoring Network almeno la metà di quelli del mondo sono a rischio)-, è sicuramente una manna. Non si può dire la stessa cosa per alcuni abitanti del territorio, che si vedranno proibire la pesca in un’area grande quanto il Texas.
Così quello che sarà il più grande parco marino del mondo rischia di diventare anche il più discusso, proprio perché una parte sarà dichiarata riserva con assoluto divieto di pesca mentre, nel resto del parco marino tutte le attività umane saranno strettamente regolate e sarà proibita la pesca commerciale. Proprio la proibizione della pesca, dice la Bbc, è al centro delle polemiche suscitate da alcuni dei 4mila ex abitanti dell’arcipelago, che chiedono da anni di poter tornare sulle proprie isole e che si sono anche rivolti alla Corte europea per i diritti umani.
Su un comunicato ufficiale firmato dalla «Uk Chagos support association» si legge che, nella dichiarazione di Miliband, risultano esserci numerosi punti oscuri: come ad esempio sul coinvolgimento dei chagossiani nell’istituzione dell’area e su quali parti del parco sarà possibile pescare in maniera sostenibile, nel rispetto delle 220 specie di coralli e oltre 1000 varietà di pesci che già ospita.
L’arcipelago delle Chagos Islands, a sud delle Maldive e a nord-est dell’isola di Mauritius, dal 1965 è stato dichiarato Territorio britannico dell’Oceano Indiano. È formato da sei atolli, il più grande e l’unico ad essere abitato ospita dal 1966, per concessione del Regno unito, la base militare statunitense di Diego Garcia. Ed è da allora che la zona è al centro di un contenzioso; da quando, appunto, gli abitanti sono stati tutti deportati alle isole Mauritius per far spazio alla base. Anzi, un paio di anni fa, proprio una sentenza dell’Alta corte europea per i diritti umani aveva sancito il ritorno alle isole Chagos di alcune migliaia di nativi cacciati nel ’71. Ma il Foreign office ancora una volta fece ricorso alla Camera dei Lords e la sentenza dell’Alta corte fu bloccata.
Ora, con l’istituzione del Great Chagos Park, sembra allontanarsi il sogno di tornare sulle proprie isole dei 3000 nativi cacciati alle Mauritius. Intanto, molti, secondo i racconti dei più giovani, sono morti di tristezza. Per Olivier Bancoult, rappresentante del popolo Chagos, il piano del governo inglese per creare la riserva marina rappresenta infatti una via di fuga legale, pronta nel caso in cui la Corte europea per i diritti umani dovesse accogliere l’ennesima richiesta delle popolazioni native a far ritorno alle loro terre d’origine. E ancora una volta saranno gli «ultimi» a pagare il conto, mentre il governo inglese potrà vantarsi, davanti il consesso internazionale, di aver contribuito alla creazione del parco marino protetto più grande del mondo.
Il Manifesto.it