Viaggio nella Lega/2 – Verona, le furbizie di Tosi che “gà mandà via i moreti”

12 Aprile 2010 0 Di luna_rossa

Verona, il “buon sindaco” condannato per razzismo. Duro con i migranti, non coi costruttori

Non è soltanto il sindaco più amato d’Italia. Ora con la visita di Giorgio Napolitano, a Verona, Flavio Tosi ha ricevuto l’investitura di amministratore capace, democratico, dal sapore democristiano.
Una operazione mediatica davvero vincente. Tosi, che fino a qualche mese fa rifiutava di appendere in Municipio la foto del Presidente della Repubblica e che soltanto nel 2005, quando era ancora consigliere comunale sfilava per le vie del centro con lo stato maggiore del Carroccio facendosi fotografare accanto ad una finta lapide col nome del procuratore Giuseppe Papalia, colpevole di averlo messo sotto processo per incitamento all’odio razziale – reato per il quale è stato condannato in via definitiva – ecco, quello stesso sindaco che come capo della sua lista civica in consiglio comunale ha voluto il sodale Andrea Miglioranzi, promotore della banda nazirock antisemita Gesta Bellica, e che nel 2007 partecipò volentieri, ormai come primo cittadino, al corteo promosso da Fiamma Tricolore, Forza Nuova e Fronte Veneto Skinheads e poi, come se nulla fosse, andò a trovare in carcere gli ultrà rasati; quello stesso Tosi che usa la tolleranza zero contro i migranti e ha ottenuto che nelle vie della città, ancora oggi, girassero le camionette dell’esercito nonostante la maggioranza dei reati avvenga tra le mura domestiche; ebbene questo enfant prodige della Lega, braccio destro di Maroni, ha accolto Giorgio Napolitano con tutti gli onori ricevendo in cambio parole affettuose come quelle che il Presidente ha scritto nella dedica a Verona: “E’ con vivissimo piacere che visito questa storica città nella quale si è saputo realizzare un alto livello della qualità della vita”.
La visita del capo dello Stato non poteva avvenire con tempistica migliore, a pochi giorni dal trionfo leghista in Veneto. E dunque suscita, a sinistra, notevoli perplessità. Perché la lista delle gesta belliche del sindaco Tosi a scapito degli stranieri (e non solo) è davvero lunga, a cominciare dal cambiamento dei parametri per ottenere una casa popolare: oggi occorre vantare anni di residenza a Verona, un chiaro discrimine per chi non è nato in loco. Stessa logica per gli asili, dove peraltro sono svantaggiate anche le ragazze madri secondo il credo Dio Patria e Famiglia propugnato dalla Lega ma anche dagli ambienti dell’estrema destra veronese, l’humus culturale che continua a nutrire il consenso a Tosi nella città che fu sede del congresso fascista “fondativo” della Repubblica di Salò e poi epicentro di organizzazione neonaziste alla Ludwig e, oggi, palcoscenico dell’ultradestra cattolica delle Pasque Veronesi, come ricorda un libro appena uscito nelle librerie locali, La città in fondo a destra , curato dalla rivista “Venetica”.
I veronesi apprezzano Tosi specialmente perché «el gà mandà via i moreti dal centro» e celebrano la sua “buona amministrazione” fatta di ordinanze contro la prostituzione, contro i panini consumati ai piedi dei monumenti, contro gli ambulanti, contro il phone center e rivenditori di kebab concentrati specialmente a Veronetta, il quartiere multietnico percorso dai militari notte e giorno.
Il sindaco è abilissimo a comunicare: improvvisa visite nelle mense degli asili e spiega ai bambini che le verdure fanno bene, monta negli elicotteri della polizia intenta a sgominare bande di criminali, si fa fotografare mentre si complimenta con gli agenti. E dalla sua, a sorpresa, si schiera la comunità rumena alla quale ha concesso uno spazio ricreativo e di culto e che si rifiuta di partecipare alle manifestazioni antirazziste. Facile: i rumeni sono cristiani, bianchi, e soprattutto non provano grandi simpatie per i rom. E i rom sono davvero la crociata di Tosi: se è vero che è stato condannato per razzismo per aver detto che allevano bambini per andare a rubare, è altrettanto vero che ha vinto la campagna elettorale promettendo (e poi mantenendo) di smantellare il campo autorizzato di Boscomantico.
«Tosi è un politico intelligente e furbo, impegnato unicamente a fare carriera politica», commenta Giorgio Bragaja, per decenni consigliere comunale regionale prima nel Pci e poi nel Prc: «E’ conosciuto per le sue ordinanze, ma ai veronesi sfugge che l’amministrazione del territorio è nel complesso fallimentare e che il sindaco è succube dei poteri forti, dei costruttori e delle banche». A cominciare dal pasticcio sul polo tecnologico che doveva sorgere accanto alla Fiera e finanziato dai grandi nomi della finanza locale: Banco Popolare e Cattolica Assicurazioni. I due enti avevano acquistato i terreni per il polo sborsando 38 milioni di euro, poi sono entrati in crisi di liquidità, hanno abbandonato il progetto e preteso che il Comune restituisse il denaro. Per farlo, Tosi ha messo in vendita alcuni gioielli del centro storico. «Se l’alta finanza fallisce, perché ci deve rimettere Verona?» si chiede Bragaja. Favoritismi ai grandi costruttori della città, come la Tecnital dell’imprenditore Mazzi, in carcere ai tempi di tangentopoli, avvengono anche nella riqualificazione delle ex cartiere fuori città: nel piano regolatore sono stati aggiunti 100mila metri cubi di cemento che violano le leggi regionali, danneggiando l’ambiente. Come se non bastasse, nel progetto prendono posto due torri alte cento metri già battezzate Giulietta e Romeo che saranno visibili da tutta la città e,soprattutto, sorgeranno a ridosso delle mura quasi a sconfinare nella zona protetta dall’Unesco. Su tutto, un mega centro commerciale.
E per ultima l’annosa questione del traforo delle Torricelle che nell’idea del sindaco collegherà la città alla zona nord dove sorgono importanti industrie del marmo e della pietra, facendo risparmiare a camion e macchine circa un quarto d’ora di traffico. Giuseppe Campagnari, ingegnere e consigliere provinciale di Sinistra Ecologia e Libertà, è ferocemente contrario: «Il traforo sconvolgerebbe Verona senza risolvere il problema. Questo è un altro favore ai costruttori, perché accanto all’opera sorgerebbero anche alberghi e strutture».
Inizialmente il tunnel doveva costare circa 80 milioni di euro, ora con le variante aggiuntive decise senza valutazione di impatto ambientale, la cifra è arrivata a 500 milioni.
C’è da dire che nessuna delle opere citate ha visto un solo mattone. Ed è anche questo fare e disfare e dilazionare che fa apparire attiva la giunta. La cementificazione leghista non tiene conto degli allarmi della procura veronese sul fatto che la città è uno dei centri più forti in Italia per il riciclaggio del denaro sporco.
Ecco perché l’investitura di Napolitano fa imbestialire Graziano Perini (Pdci), l’unico consigliere della sinistra in comune: «A Benedetto Tosi come un uomo nuovo, in cravatta, nonostante i suoi progetti da città-Vandea, nonostante la chiara emergenza democratica e ambientale».
Quando non è impegnato a svendere il territorio, il sistema di potere leghista cerca di spazzare ogni tentativo di opposizione piazzando uomini fedeli al vertice di ogni ente. Anche a costo di apparire ridicoli. E’ ormai archiviata la questione dell’Istituto per la Resistenza, all’interno del quale Tosi voleva sistemare il simpatizzante neonazi Miglioranzi, poi sostituito per il battage mediatico. Di antiche simpatie neofasciste anche il nuovo difensore civico, in una Verona che ha dovuto piangere l’omicidio di Nicola Tommasoli. Il neopresidente della Star, responsabile del parco scientifico e tecnologico, è un tale Filippi che nella vita, prima, faceva il tabaccaio, amico negli anni ruggenti di Tosi e condannato, pure lui, per propaganda razzista.
Il colmo dei colmi è l’assessore alle pari opportunità: un signore sui settant’anni di Alleanza Nazionale, che di nome fa Vittorio Di Dio. Prima di lui, nella giunta Zanotto di centrosinistra che molti additano come la vera responsabile della vittoria leghista perché sostanzialmente incapace di stabilire un rapporto con i cittadini, c’era una femminista capace come Stefania Sartori, recentemente scomparsa. «Sartori aveva costruito una rete delle donne e dato visibilità alle tematiche femminili, ma della sua opera rimane un guscio vuoto. Come è possibile dialogare con un anziano ex missino?» si chiede Tiziana Valpiana, ex parlamentare di Rifondazione e fondatrice dell’associazione nazionale Il Melograno, che proprio a Verona ha ricevuto lo sfratto dal comune. Valpiana è anche animatrice del comitato contro i parcheggi sotterranei nel quartiere storico di San Zeno, che hanno portato al taglio di molti alberi secolari e la distruzione di un giardinetto. «Molti residenti si lamentano. Hanno votato Tosi, e sono sorpresi dalle sue iniziative. Ma è difficile indurli a protestare. La sinistra, se vuole cominciare a vincere anche in questi territori, deve ripartire con un lavoro di porta di porta, spiegando le proprie ragioni».

Liberazione.it – 12 aprile 2010