L’anticipazione | Diario operaio, dal libro di Rinaldo Gianola
2 Maggio 2010Perchè il lavoro vale così poco? La domanda dovrebbe essere centrale per i governi, le forze politiche di ogni orientamento, le organizzazioni sindacali dopo che la profonda crisi economica ha provocato nel 2009 la crescita di 7 milioni di disoccupati nell’Unione Europea mentre in Italia il tasso di disoccupazione è sale verso il 10% con oltre due milioni di senza lavoro ufficiali. Sebbene la prima grave crisi dell’economia globale abbia provocato conseguenze drammatiche per milioni di cittadini, la realtà sociale del lavoro appare in larga misura trascurata, se non ignorata dall’opinione pubblica, dai mezzi di informazione, dal resto della società. La chiusura di aziende, le ristrutturazioni, i licenziamenti, le ondate di cassa integrazione sono le immagini abituali di questi mesi, sono le cause che determinano un impoverimento generale dei lavoratori e delle loro famiglie, la diffusione di un’insicurezza e di una paura nella società che, tuttavia, non trovano un’espressione e una compiuta sintesi politica. (…) Il lavoro, non solo come fonte di reddito ma soprattutto come valore culturale e sociale sul quale costruire un modello di società, ha perso importanza, non sembra più centrale nemmeno per quelle formazioni politiche che storicamente ispiravano la loro azione alla difesa e all’emancipazione dei lavoratori. In nome di una presunta modernità, si è fatta strada tra i partiti e anche in alcuni sindacati l’idea di una società post industriale in cui le classi sociali non esistono più (siamo diventati tutti ceto medio…), è stata condivisa un’apparente realtà in cui gli operai sarebbero ormai una trascurabile minoranza, un soggetto quasi invisibile nella società, politicamente irrilevante. (…) Abbiamo visto operai sui tetti e sulle gru, qualcuno ha fatto lo sciopero della fame, donne e uomini hanno organizzato centinaia di presidi davanti alle fabbriche. Qualche volta le iniziative di protesta sono state individuali, isolate, fuori dalla tradizione delle lotte sindacali. Eppure anche queste manifestazioni hanno avuto il merito di rompere l’afasia, di superare quella paura di parlare, di comunicare il disagio e il malessere profondo del mondo del lavoro che, pur frammentato e oggetto di ogni tipo di attacco, mantiene ancora un ruolo decisivo. (…)Sono milioni di cittadini – operai, impiegati, ricercatori, precari, donne e giovani – che forse non sono più una classe come si sarebbe potuto intendere una volta, ma oggi condividono molte cose, a partire dalle concrete condizioni di vita (….). La vita di questi cittadini non è un elemento residuale di una vecchia società, potrebbe essere invece l’occasione per forze politiche e sindacati, ancora capaci di confrontarsi con la realtà, di ripensare la loro azione partendo proprio dalla condizione del lavoro.
Dal Nord Est a Pomigliano,
viaggio nelle fabbriche
«Diario operaio» di Rinaldo Gianola, vice
direttore de l’Unità, Eds editore, 10 euro,
170 pagine. In libreria dal 12 maggio
Fonte: L’Unità.it