L’Iraq non è più fertile
8 Maggio 2010Nell’antichità era chiamato «la mezzaluna fertile». E però l’Iraq di prepara quest’anno a importare l’80 percento del grano e del riso necessari a sfamare la sua popolazione, ha annunciato giorni fa il portavoce dell’ente statale per le granaglie, affiliato al ministero del commercio. I dati parlano chiaro: l’Iraq ha importato nel 2009 3,55 milioni di tonnellate di grano e 1,17 milioni di tonnellate di riso (l’anno precedente erano rispettivamente 2,54 milioni e 610mila tonnellate). Ma le quantità aumenteranno nelle previsioni per il 2010.
La necessità di importare quantità sempre maggiori di derrate alimentari deriva dalla crescente mancanza d’acqua nel Tigri e nell’Eufrate – erano ben i due fiumi a fare la fortuna di questa terra, la Mesopotamia. Sempre meno acqua, quindi produzione agricola in calo, dichiara Aoun Thiab Abdullah, alto ufficiale del ministero per le risorse idriche (a Irin news, notiziario online dell’Ufficio Onu per gli affari umanitari): allarmato, dice, perché l’Iraq si prepara ad affrontare una stagione agricola rovente, quest’estate. L’Eufrate, spiega, in questo momento arriva dalla frontiera con la Siria con una portata di 250 metricubi al secondo, un record negativo. Anche il Tigri ha una portata dimezzata rispetto a prima del 2003, da 1.680 a 836 metricubi al secondo. Così il livello dell’acqua è desolantemente basso nei tre reservoir alimentati dall’Eufrate (quello di Haditha, la diga di Mosul e il lago Habaniyah). La mancanza d’acqua ha fatto aumentare la salinità dei terreni, e questo ha costretto il governo l’anno scorso a dimezzare la superfice coltivata a riso, irrigata totalmente dall’acqua proveniente dall’Eufrate.
La scarsità d’acqua rischia di dare un colpo di grazia a una situazione già vulnerabile. Gran parte del territorio iracheno (il 78%) non è adatto agli usi agricoli (è sempre stata solo la «terra tra i due fiumi» a meritare il nomignolo di mezzaluna fertile). Dei restanti 9,5 milioni di ettari, quasi metà sono usati per lo più per il pascolo stagionale. L’agricoltura del resto è stata paralizzata da decenni di insicurezza, guerra, mancanza di investimenti, dalla pressione umana (il taglio di alberi per farne legna da ardere, ad esempio, che ha aumentato la tendenza alla salinizzazione e alla desertificazione). oggi il ministero dell’agricoltura afferma che il 40% delle terre agricole sono affette da salinizzazione, soprattitto nel centro e sud del paese, mentre tra il 40 e il 50% di quella che era terra produttiva negli anni ’70 oggi è in stato è desertificata.
In Iraq però un terzo della popolazione risiede in aree rurali e dipende dall’agricoltura, spima la Fao. Ed è questa la parte della popolazione irachena che «soffre in modo sproporzionato di povertà e insicurezza alimentare: il 69% della popolazione irachena definita in “povertà estrema” vive nelle aree rurali». E come potrebbe essere altrimenti: negli ultimi due anni i raccolti di grano si sono più che dimezzati a causa della siccità. Così nel 2008 l’Iraq ha importato il 74% del suo fabbisogno di grano e il 69% di quello del riso – e la percentuale è destinata ad aumentare, come abbiamo visto.
Questo ha fatto salire il prezzo del cibo, che qui è rincarato più dei prezzi globali delle derrate alimentari. Il nesso tra acqua e povertà è così spiegato.
di Paola Desai