Moody’s e il buco nero tra Stato e mercato | l’AnteFatto | Il Cannocchiale blog
7 Maggio 2010L’allarme della società di rating sulle banche: il peso della crisi spostato dal privato al pubblico
di Superbonus
Se un sistema viene stressato al massimo o usato per scopi che non sono propri, i rischi sono che lo stesso sistema salti. È una massima che conoscono tutti, dagli ingegneri aerospaziali agli idraulici, eppure non sembra minimamente preoccupare i nostri governi. Ieri lo ha ricordato l’agenzia di rating Moody’s che ha indicato le banche di Gran Bretagna, Irlanda, Portogallo, Spagna e Italia come possibili vittime del contagio della crisi dei debiti pubblici europei.
Per capire questo allarme bisogna ripercorrere a ritroso l’andamento della crisi, nel 2008 le banche italiane si sono trovate all’improvviso con una montagna di titoli che erano diventati carta straccia e una serie infinita di crediti inesigibili, lo Stato ha dovuto affrontare una diminuzione violenta delle entrate fiscali e contestualmente un aumento della spesa pubblica per i “per incentivare l’economia”. Alcune grandi banche (Unicredit in primis) sono dovute ricorrere ad aumenti di capitale repentini altre ad aiuti di Stato sotto forma di prestiti, altre a tutte e due le cose (Monte dei Paschi). Il debito pubblico nel frattempo è aumentato di 220 miliardi di euro, le banche si sono riempite di titoli di Stato italiani ma anche di altri paesi europei hanno incassato cedole mediamente intorno al 2,3% ed hanno dato i titoli di Stato in garanzia alla Bce per prelevare denaro al 1%.
In questo giro la banca non mette un euro del suo capitale ma usa i soldi della Bce per comprare titoli di Stato, per le attuali regole contabili lo può ripetere fino a 8 volte aumentando considerevolmente gli utili, è quello che gli economisti chiamano il “carry trade”.
Tutto il meccanismo si basa però sull’ipotesi che i titoli di stato non perdano rapidamente il loro valore, altrimenti, sempre secondo gli stessi principi contabili, le banche dovranno iniziare a usare il proprio capitale per garantire alla Bce la propria solvibilità. Le banche e gli Stati formano oramai un unico blocco finanziario inscindibile con la differenza che mentre per uno Stato i rischio è binario (paga o non paga i debiti) per le banche è esponenziale, cioè se anche qualcuno minaccia di non pagare la banca può traballare o saltare. Per questo motivo Moody’s segnala il rischio, potenziale, che il sistema bancario di alcune nazioni europee possa risentire del deprezzamento dei titoli di Stato.
Il sistema monetario mondiale non era progettato per far produrre esclusivamente utili alle banche, ma per sostenere l’economia reale, a seguito della crisi governi e banche centrali lo hanno distorto per consentire alle banche di stare in piedi senza essere nazionalizzate, si è consentito di produrre utili da “carry trade” per mantenere in piedi un sistema che aveva già mostrato tutti i suoi limiti durante la crisi che ha portato al fallimento di Lehman.
Si è spostato il rischio dal settore privato a quello pubblico e nello stesso tempo si è permesso a coloro che ci avevano portati sull’orlo della catastrofe di lucrare sui differenziali fra tassi d’interesse pagati dai contribuenti (tramite i titoli di stato) e il tasso d’indebitamento per le istituzioni finanziarie presso la banca centrale. I rischi li corre tutta la collettività ma nel frattempo in pochi incassano bonus, dividendi e stock-option, si dividono i posti nei consigli di amministrazione delle assicurazioni e finanziano i loro amici nei grandi gruppi industriali e immobiliari. Il governatore della Banca d’Italia Draghi ieri si è affrettato a dichiarare che il sistema bancario è solido, nelle stesse ore l’indice di rischio dei titoli di Stato italiani saliva a un livello superiore a quello dei titoli di stato brasiliani.
Questo ha ricordato a molti le Olimpiadi del 1994 quando la nazionale italiana di calcio perse 4 a 0 con una squadra africana, Oliviero Beha commentò “il nostro è il campionato di calcio più bello del mondo dopo quello dello Zambia” ora possiamo dire: il nostro è il sistema bancario più solido del mondo, dopo quello del Brasile.
Da il Fatto Quotidiano del 7 maggio