I Fratelli Musulmani tornano a votare e vincono il referendum | l’Occidentale

21 Marzo 2011 1 Di ken sharo

I Fratelli Musulmani tornano a votare e vincono il referendum | l’Occidentale.

21 Marzo 2011

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Dopo il passaggio delle due navi da guerra iraniane dallo stretto di Suez, dopo il ritorno del predicatore dell’odio Qaradawi in piazza Tahrir, dopo il premio Nobel El Baradei preso a sassaste dagli islamisti, i Fratelli Musulmani vincono il referendum in Egitto, alleati del logoro ma non domo National Democratic Party dell’ex presidente Mubarak. A voler essere ottimisti il risultato (77 per cento dei “sì” contro il 22 per cento dei “no”) è un po’ meno bulgaro delle ultime elezioni, quando il partito di Mubarak conquistò 420 dei 508 seggi nella camera bassa del parlamento. Nel 2010 i nazional-democratici fecero l’amplein dopo il boicottaggio della fratellanza e del partito Wafd.

Il referendum modifica, qualcuno dice ritocca, la Costituzione egiziana, ed è stato un buon viatico per i generali, il governo di transizione, e i colleghi di Mubarak, per avvicinarsi il prima possibile alle elezioni, in modo da restare in sella e impedire alle opposizioni di rafforzarsi. I Fratelli Musulmani hanno accettato di schierarsi con il partito del Faraone: questo si spiega sicuramente con una difesa dell’articolo 2 della Costituzione, che mette la sharia alla base della legislazione nazionale (se avesse prevalso il fronte del “no”, che comprende, come sappiamo, anche i copti, la Costituzione avreppe potuto essere riscritta e con essa probabilmente anche l’Articolo 2), ma dà anche adito a quelle ricostruzioni per cui, durante l’era Mubarak, i Fratelli Musulmani sono stati ostacolati ma tollerati dal regime. (Voci al limite della cospirazione denunciano la strategia della tensione messa in atto dalla Fratellanza con la complicità della vecchia guardia, per esempio negli attentati di Sharm e Taba.)

Sarebbe interessante capire quanti, in quel 77 per cento, sono i voti degli islamisti e quanti quelli dei nazional-democratici. I rapporti di forza fra queste due forze si stanno modificando a favore della fratellanza? Considerando la fine ingloriosa di Mubarak potrebbe anche essere. E’ ipotizzabile un’alleanza fra gli avversari storici dell’Egitto moderno, con la benedizione dei generali? Ragionando come sopra, sarebbe solo una gattopardesca forma di ritorno al passato.

L’opposizione egiziana inevec è ancora debole. Non è più a livello embrionale, come pensavano i più pessimisti, ma in ogni caso appare incapace (il fronte del no andava da Moussa a el Baradei, dai partiti liberali e socialisti ai movimenti giovanili), di superare il 22 per cento dei voti. Un po’ poco per chi pretende di aver fatto una rivoluzione e aver trasformato il Paese. Questo fenomeno, legato a una percezione distorta delle rivolte democratiche che stanno attraversando il mondo arabo e musulmano, ha interessato anche l’Iran durante la rivolta dell’Onda verde. Un movimento urbano, giovanile, moderno, è rimasto minoritario rispetto alle grandi masse che vivono nelle zone rurali e più arretrate del Paese. Ieri in Egitto è accaduto qualcosa di simile.

I giovani di piazza Tahrir, diversi gruppi nati durante “i giorni della rabbia”, hanno accettato il risultato. Dicono di averlo previsto su facebook. Uno dei portavoce ha riconosciuto che il voto è “frutto della volontà popolare”. Il referendum è stato “trasparente”, non è stato caratterizzato da “frodi”, come invece avvenne alle elezioni del 2010. Considerando la bassa affluenza, l’unica chance che resta ai giovani e alle altre forze della opposizione egiziana, se davvero si andasse a votare ad agosto, è quella di iniziare un grande campagna di sensibilizzazione e promozione della democrazia fra i ceti non abbienti e le classi povere, sperando che esercitino nel modo giusto il loro diritto di voto. Ma per adesso, chi esce davvero legittimato politicamente dalla vittoria al referendum sono loro, i Fratelli Musulmani.