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2 Aprile 2011 0 Di ken sharo

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Facebook e la voce del Padrone.

Fulvio Beltrami –  N’Djamena Ciad.

Dalla rivoluzione Tunisina in poi in Occidente non si e’ fatto altro che parlare del ruolo che Facebook avrebbe giocato nel periodo pre revoluzionario. Facebook e Twiter avrebbero favorito il contatto tra i giovani arabi, la diffusione di idee rivoluzionarie e l’organizzazione delle manifestazioni.

Il ruolo di questi social network e’ stato sopravalutato e quasi mitizzato.

Questi social networks hanno giocato un ruolo utile ma non sono andati oltre al ruolo di semplici mezzi di comunicazione tra una minoranza di giovani che nei paesi arabi ha accesso all’internet. Un ruolo ben maggiore ha giocato la rete telefonica dei cellullari attraverso il servizio di messaggeria SMS, per il semplice motivo che i telefonini sono piu’ diffusi tra la popolazione che l’internet e non richiedono particolare conoscenza per il loro utilizzo. Sia la rete telefonica mobile che internet sono stati bloccati dai regimi dopo le prime grandi manifestazioni, eppure la popolazione araba ha continuato la rivolta, donandole delle dimensioni tali che i dittatori Tunisino ed Egiziano sono stati costretti a fuggire.

Le rivoluzioni arabe non avvengono grazie a Facebook e a Twiter, ne’ sono state portate avanti dai giovani della classe media intellettuali e appassionati di Internet. La rivoluzione e’ stata si  inziata da giovani disoccupati della piccola e media borghesia ma, sostenuta e portata avanti dal proletariato urbano. Anche la comunicazione per la maggioranza dei casi e’ passata attraverso i canali tradizionali attraverso la vecchia tecnica del passa parola.

In altri paesi, come la Cina, gli internauti hanno provato a organizzare delle manifestazioni di massa tramite questi social network senza ottenere alcun risultato poiche’ le condizioni sociali e politiche non sono ancora mature per delle proteste popolari di massa. Esagerare il ruolo di Facebook e Twiter e’ servito come pubblicita’ indiretta ai due social network che, non dimentichiamoci, sono quotati in borsa e seguono tutte le logiche del mercato.

Quello che rischia di divenire mistificatorio e’ il ruolo progressista dei due social network, rappresentatii come uno spazio di libero scambio di idee a livello mondiale, che faciliterebbe il risveglio della coscienza civica e politica

Il ruolo progressista di Facebook?

Il quotidiano algerino “Le Quotidien d’Oran” edizioni odierna, ha pubblicato la notizia che Facebook giovedì scorso ha chiuso una sua pagina creata da un giovane studente Palestinese dove vi era pubblicato un appello alla Terza Intifada contro il Governo Israeliano. La pagina era stata creata il 6 marzo e proponeva di iniziare una terza Intifada a partire dal 15 maggio, festa dell’indipendenza di Israele che i Palestinesi chiamano “Naqba”[1]. La decisione di Facebook e’ stata presa a seguito di una richiesta ufficiale da parte dello Stato di Israele di bloccare le pagina, visto che in pochi giorni 500.000 giovani avevano risposto all’appello. La direzione di Facebook ha spiegato ai mass media americani che non e’ un suo principio bloccare delle pagine, poiche’ crede fermamente alla liberta’ di espressione.

Ma nel caso della pagina del giovane palestinese al Direzione e’ stata costretta a sopprimerla perche’ vi erano contenuti che incitavano alla violenza e al anti semitismo. Questa dichiarazione di Facebook e’ identica (e non a caso) alla scusa avanzata dal Governo Israeliano per chiedere il blocco della pagina. Inoltre, se si prende il tempo di navigare sulle pagine di Facebook si possono leggere in varie lingue dei colloqui razzisti e anti semitici che, purtroppo, dei internauti con bassa cultura scrivono sulle loro pagine o intervengono su pagine altrui.

Questa aperta e mirata censura chiarisce senza equivochi il ruolo dei social network che non e’ quello di facilitare la libera espressione e lo scambio di idee tra givoani di diversi paesi ma semplicemente di far dei profitti utilizzando la popolarita’ di questi networks (solo Facebook ha piu’ di 500 milioni di iscritti nel mondo). Piu’ il sito e’ popolare piu’ e’ attraente per le compagnie pubblicitarie e le quotazioni in borsa salgono di valore. Questo significa SOLDI. Se uno Stato come Israele chiede di applicare la censura su una pagina, ovviamente Facebook esegue l’ordine perche’ e’ piu’ importante evitare delle pericolose ricadute negative sulla borsa o la diminuzione dell’afflusso pubblicitario che difendere la libera espressione.

In tutti i modi dopo la chiusura della pagina, altre pagine simili sono state aperte e le adesioni continuano. Non dimentichiamoci che Facebook e Twiter sono solo dei semplici mezzi di comunicazione e non hanno nessun obiettivo sociale ma solo economico.

Auguriamoci che, nonostante la censura Israeliana, il 15 maggio prossimo possiamo assistere allo scoppio della Terza Intifada nei territori palestinesi e Israeliani. Speriamo che questa Terza Intifada riesca dove hanno fallito le prime due: unire politicamente il popolo palestinese a scapito dei suoi dirigenti corrotti di  o estremisti come quelli di Hamas, rompere l’isolamento di Gaza, e far scoppiare la rivoluzione in Israele.

Non dimentichiamoci che il solo modo per liberare la Palestina e’ di applicare l’obiettivo politico di uno stato e due popoli, quello palestinese e quello israeliano che vivano nello stesso paese, con gli stessi diritti e liberi dai loro rispettivi dittatori.

Un nuovo stato Israeliano – Palestinese sarebbe la catastrofe dell’Occidente e la speranza delle popolazioni arabe.

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[1] al-Nakba è il nome che viene dato dagli arabi in genere, e dai palestinesi in particolare, all’esodo delle popolazioni arabe intensificatosi a partire dal 15 maggio 1948, giorno a partire dal quale il Regno Unito si ritirò dalla Palestina e Israele, secondo il Piano di partizione della Palestina contenuto nella risoluzione 181 dell’ONU del 29 novembre 1947.

Il termine “al-Nakba”, arabo: ﺍﻟﻨﻜﺒـة‎, significa “la catastrofe” e l’avvenimento è commemorato ogni anno, per ricordare l’estromissione di buona parte degli abitanti arabi della Palestina dai confini dello Stato d’Israele. Nel febbraio 2010 il Parlamento Israeliano ha varato una legge che proibisce di manifestare pubblicamente in Israele lutto e dolore il 15 maggio.