La Gazzetta del Mezzogiorno.it | A Manduria si alza una nuova recinzione E si smontano le prime tende Houssem ritrova il figlio
7 Aprile 2011 0 Di luna_rossa
dal nostro inviato TONIO TONDO
MANDURIA – Hossein, 23 anni, conosce sette lingue e spera che il governo si sbrighi con il decreto sui permessi umanitari. «Diventerò animatore nei villaggi turistici» dice sicuro. Ma i governi sono volubili e sanno contraddirsi: da una parte preparano i permessi, dall’altra alzano nuovi recinti. Da ieri, in contemporanea, sono cominciate due operazioni: le foto ai primi venti tunisini per i permessi elettronici e l’avvio dei lavori della terza recinzione, alta tre metri e mezzo, che sostituirà la prima, ormai inservibile dopo le fughe. Questa iniziativa potrebbe preludere a una trasformazione della struttura in Cie (Centro identificazione ed espulsione).
Da ieri, è vietato introdurre alcolici nel campo. La decisione si è resa necessaria dopo che gruppi di tunisini sono tornati ubriachi e hanno trasformato le tende in letamaio. Alcuni le hanno utilizzate per fare i loro bisogni. «Purtroppo – sostiene Hamady, mediatore al campo uno – a causa di pochi irresponsabili si rovina l’immagine di tutti gli altri». «Eppure, stanno meglio qui che nelle tendopoli dei terremotati dell’Aquila dove la gente viveva nel fango – dice don Nino Borsci, responsabile della Caritas, da qualche giorno nel campo -. Ho proposto al prefetto un “campo aperto”. Così le tensioni si abbassano. E ho chiesto un maxischermo televisivo, i tunisini amano il calcio italiano».
Fra i responsabili si fronteggiano due linee: la prima, definiamola umanitaria, punta sul senso di responsabilità dei migranti – è la linea del dialogo, inaugurata dal questore Enzo Mangini -; la seconda, sembra appoggiata anche dal gestore Connecting People, sostiene l’impostazione rigida. L’oscillazione produce iniziative simboliche. Da domenica a martedì il cancello dell’ingresso è stato completamento aperto, ieri a metà. «Secondo me sarebbe meglio tenere le conferenze stampa all’interno» aggiunge don Nino. Il ministro Maroni la pensa diversamente: anche parlamentari e premi Nobel della pace, come Betty Williams, farebbero meglio a restare a casa. Immaginiamo i giornalisti. La politica dei divieti ha raggiunto aspetti grotteschi. Oltre al “no” alle manifestazioni, all’ingresso, lungo la strada Oria-Maduria, non si possono distribuire volantini, nè vestiario, nè cibo. Il tutto può avvenire solo in aperta campagna, su terreni arati e incolti.
A proposito di cibo, l’unanimità dei migranti lo boccia inesorabilmente. Sembra che il prezzo sia di 13 euro al giorno. «Maccaroni, maccaroni, basta». Ha avuto successo, invece, il cous cous distribuito da volontari di Ostuni. Tutti attendono il permesso. Nessuno vuole rientrare in Tunisia. Neanche un giovane che ha perduto un piede a seguito di ferite nello scontro con la polizia tunisina e che ora è ospite in un centro di richiedenti l’asilo a Massafra. Anche i minori trasferiti in una struttura a Taranto vogliono restare. Il tam tam tra i migranti è incessante. Molti sono istruiti e hanno un mestiere: saldatori, meccanici, lavoratori agricoli. La meta: il Nord o la Francia.
Il sindaco Paolo Tommasino, dopo la telefonata di Berlusconi, prepara il rientro. Il prefetto Carmela Paganogli ha comunicato lo smantellamento di 100 tende. Mille posti letto in meno, ne rimangono tremila. Troppi per un campo di accoglienza. Bossi per ora è buono con i tunisini. Per il dopo si annuncia tempesta. A Manduria, il campo è sempre più una base fortificata