Libia, armi ai ribelli da “Paesi amici” Trovate le prove delle torture dei lealisti – Il Messaggero

6 Aprile 2011 0 Di luna_rossa

 

Libia, armi ai ribelli da “Paesi amici” Trovate le prove delle torture dei lealisti – Il Messaggero.

Le forze di Gheddafi hanno raso al suolo una moschea a Zawiya. Due morti e decine di feriti negli scontri a Misurata

ROMA – Le forze fedeli a Muammar Gheddafi hanno raso al suolo una moschea che era stata usata dai ribelli come centro di comando e ospedale da campo nella città occidentale di Zawiya, tornata il 10 marzo sotto controllo del regime dopo feroci combattimenti. L’edificio religioso in pietra bianca è stato demolito alcuni giorni fa e oggi le macerie sono state spianate con i bulldozer, con l’intento di eliminare i simboli della ribellione. Spianato anche un vicino cimitero dove gli insorti hanno sepolto i loro morti. Alcune persone hanno espresso il loro disappunto: «La gente è sconvolta. Come si fa a rimuovere così una moschea da una piazza centrale? Questo è un Paese musulmano», ha detto un residenze di Zawiya, Mohammed, mentre nella piazza sventolava la bandiera verde della Jamairiya e alcune decine di sostenitori del rais manifestavano.

Sarebbe di almeno due morti e 26 feriti il bilancio degli scontri di ieri a Misurata tra forze fedeli al colonnello Muammar Gheddafi e insorti. È quanto riferisce l’emittente satellitare al-Jazeera, che cita fonti della resistenza nella città all’imbocco del Golfo di Sirte, 210 km circa a sud-est della capitale Tripoli.

Foto che testimoniano le torture commesse dagli uomini del colonnello Muammar Gheddafi contro gli insorti, sono state ritrovate da un gruppo di giornalisti al secondo piano di una stazione di polizia a Zawiyah, città della Libia nord-occidentale, in Tripolitania. Cone scrive l’inviato del New York Times, nelle foto sono ritratti uomini seminudi che portano sul corpo segni di torture e cicatrici, altri con le mani legate dietro la schiena, altri ancora in una pozza di sangue. In altre foto si vedono le armi bianche usate dai torturatori, tra cui bottiglie rotte e polveri. Le foto sono state scoperte per caso durante un tour per i giornalisti organizzato proprio dagli uomini del regime, per mostrare la devastazione di Zawiyah, città in cui si è combattuto per una settimana circa e oggi tornata sotto il controllo dei lealisti.

Le notizie di feroci torture contro i ribelli circolano da tempo. Le emittenti satellitari arabe hanno raccolto le testimonianze di diversi testimoni o di prigionieri sfuggiti ai lealisti. Ha fatto scalpore il caso di Eman al-Obeidi, donna arrestata il 26 marzo a Tripoli dopo aver accusato 15 uomini di Gheddafi di averla stuprata per due giorni a causa del suo impegno per i diritti umani. La donna è stata liberata all’inizio della settimana, ma afferma di essere tuttora sotto minaccia.

«Abbiamo ricevuto armi da paesi amici, ma abbiamo bisogno di ulteriori aiuti». È quanto ha affermato il generale Abdel Fattah Yunes, ex ministro dell’Interno del regime libico e attuale capo delle forze armate dei ribelli di Bengasi. Parlando alla tv satellitare araba “al-Aan”, l’ex capo della polizia libica ha spiegato: «Abbiamo ottenuto armi leggere da paesi amici, ma non possono dire quali siano. Purtroppo non è abbastanza».

Yunes ha chiesto ai paesi della Nato di «escludere i ribelli dall’applicazione della no fly zone imposta sulla Libia, in modo da consentire loro di effettuare raid aerei contro le brigate di Muammar Gheddafi». Il leader ribelle ha inoltre criticato la Nato «per il ritardo con il quale è intervenuta in Libia».

«Siamo molto preoccupati per la presenza di al-Qaeda tra i ribelli libici e il suo rafforzamento nel paese». È quanto ha affermato il ministro algerino per gli Affari africani, Abdel Qader Masahil, al quotidiano arabo “al-Quds al-Arab”. «I terroristi islamici sono riusciti a ottenere armi pesanti molto sofisticate approfittando della guerra in Libia – ha affermato – e questo fatto mette in pericolo tutta la regione».