l’Unità – Democrazia day, Bersani: umiliati davanti al mondo

6 Aprile 2011 0 Di luna_rossa

 

 

l’Unità.

Parla una ventina di minuti dal palchetto montato in tutta fretta davanti al Pantheon e fa imbestialire Alfano, Frattini, Minzolini e capezzoni vari. «Quello che la maggioranza ha deciso oggi è che Ruby è la nipote di Mubarak», dice Bersani raccontando ai manifestanti raccolti a poche centinaia di metri da Montecitorio in cosa è stata impegnata la Camera nelle ore precedenti.

«Berlusconi così ci mette in una condizione di umiliazione e vergogna davanti al mondo». Vergogna inizia a intonare la piazza. «Sì, è una vergogna», risponde il leader del Pd. Ma il problema non è solo nel Parlamento utilizzato per salvare il premier dai processi, e di fatto «trasformato in un collegio allargato a sostegno degli avvocati di Berlusconi». Il problema non è solo che «ogni giorno ha il suo shopping» (i lib-dem sarebbero passati con la maggioranza) o che, come dice Anna Finocchiaro, «Berlusconi vuole raggiungere quota 330 deputati a tutti i costi, e quando dico “a tutti i costi” lo dico in senso letterale».

Il problema è che un governo che non sa affrontare nessun problema reale del paese è costretto a rimanere in Aula per gli interessi privati del capo. «C’erano i banchi della maggioranza e del governo strapieni come nelle grandi occasioni, come per l’elezione del Presidente della Repubblica o per il discorso di un Papa», dice Bersani. «Perché questo pieno? Si discuteva del secondo anniversario del terremoto dell’Aquila? Su come la città aspetta ancora la ricostruzione? Si è parlato dell’emergenza di Lampedusa? Si è parlato di lavoro, disoccupati, inflazione, redistribuzione dei redditi, industria? No. Si è parlato dei processi del premier».

GOVERNO ARROGANTE E SERVILE Che la presenza dei ministri in aula sia necessaria al centrodestra per ottenere la maggioranza (Franceschini ha gioco facile dopo il voto di ieri nel dire che «330 deputati Berlusconi se li sogna») lo dimostra il voto che si svolge proprio in quei minuti, quando i deputati Democratici rimangono in Aula «per evitare colpi di mano sull’ordine dei lavori» (come spiega Bersani ai manifestanti) e il governo viene battuto su un emendamento del Pd su una legge per i piccoli comuni. Provvedimento poi approvato con voto bipartisan. Ma è un caso più unico che raro.

Bersani ribadisce il giudizio negativo sulla cosiddetta riforma della giustizia e sul ministro Alfano, estendendo però la critica all’intero esecutivo: «La politica del governo è fatta di arroganza e servilismo. Perché si lamenta il ministro della Giustizia se lo dico? Stanno confezionando un vestito su misura per Berlusconi». La piazza davanti al Pantheon è gremita. Sventolano numerose le bandiere del Pd, ma dopo un po’ arrivano anche quelle viola che dal primo pomeriggio sono comparse davanti Montecitorio.

I “viola” arrivano cantando l’Inno nazionale e tenendo bene in alto un Tricolore lungo sessanta metri. «L’Italia è nostra e non di cosa nostra», tra gli slogan, e «dimissioni, dimissioni» all’indirizzo del premier. Bersani dice che «politica e movimenti devono darsi la mano» e che «l’opposizione deve essere unita» per mandar via questo governo. Dopo il Guardasigilli, il leader del Pd attacca a testa bassa anche il Tg1 («ce lo invidiano in Bielorussia»), la Lega («altro che federalismo, se vuol sostenere il miliardario lo dica chiaramente perché stavolta la prendiamo di punta davvero») e il ministro degli Esteri Frattini, «che con tutto quel che succede in Libia è stato tutto il giorno in aula ad alzare la mano per difendere il premier».

Le repliche stizzite alle parole di Bersani non tardano ad arrivare dai diretti interessati e dai loro compagni. Ma per il leader del Pd basta la realtà dei fatti a far capire da che parte sia la ragione. «Governo del fare dei miei stivali – quasi urla dentro al microfono parlando dell’emergenza immigrati – si possono tenere 3mila persone con 5 bagni chimici? Ve li mandiamo noi dalle nostre feste Democratiche un centinaio di bagni chimici. Su questa vicenda il governo ha toccato davanti al mondo il punto più basso».

6 aprile 2011