Vinyls, gli operai abbandonano gli impianti « L’isola dei cassintegrati

17 Aprile 2011 0 Di ken sharo

 

 

Vinyls, gli operai abbandonano gli impianti « L’isola dei cassintegrati.

Facce arrabbiate, espressioni smarrite. Sguardi persi, di chi non riesce a immaginare il proprio domani. La mazzata era nell’aria, ma la botta è stata comunque fortissima. Gli operai Vinyls, un anno e qualche mese dopo, stanno ancora lì, nella torre aragonese, a pianificare le prossime mosse. Due, per iniziare: sciopero e abbandono degli impianti, e poi trasferta a Roma. Da quel ministro che non ha potuto evitare quella figuraccia da pirla che tanto temeva.

Due assemblee, una al mattino alla Torre aragonese e l’altra di pomeriggio in stabilimento. Una quarantina gli operai presenti, tra Vinyls, Eurocoop e Tecnicoop, ognuno pronto a dire la sua sul grande bluff. Qualcuno all’affare Gita ha confessato di averci creduto sino alla fine, perché «è incredibile quanto si siano spinti in avanti questi svizzeri. Che senso ha dire e ribadire che hanno versato i 100 milioni per la capitalizzazione e i soldi per gli stipendi se non è vero?». E qualcun altro, al «miracolo Gita», ci crede ancora o almeno ci spera.

Venerdì il ministro Romani ha detto che il tempo è scaduto, che non ci sono più le condizioni, considerato lo stato economico di Vinyls, per concedere altre proroghe agli svizzeri. E nel dare mandato ai commissari di prendere in esame anche le altre offerte pervenute al bando, ha stabilito una nuova data: il 27 aprile, giorno entro il quale Dioki e Igs potranno presentare integrazioni ai loro progetti, al momento ritenuti «lacunosi e insoddisfacenti». Dunque, in teoria, anche se la porta è stata chiusa, Gita ha tempo sino al 27 per rientrare dalla finestra.

Gli operai ci sperano, perché di Dioki e Igs non si fida nessuno. Nel frattempo, la battaglia va avanti: stare fermi è vietato, per tenere alta l’attenzione ed evitare che qualcuno possa sentirsi solo e abbandonato. All’interno di una situazione terribile per tutti, ci sono «casi» più gravi degli altri: lavoratori che stanno perdendo la casa, altri ai quali è stato bloccato il mutuo. Il rischio che qualcuno possa fare pazzie non può essere ignorato. Ieri, alle assemblee, c’erano i rappresentanti sindacali di Cgil (Massimiliano Muretti), Uil (Giovanni Tavera) Ugl (Simone Testoni e Piergianni Rais) e Cisl (il delegato Antonio Galleri). Tutti hanno sottolineato la paura che «le eventuali azioni di disturbo verso altri possano diventare azioni di disturbo verso se stessi». Dunque, il primo comandamento è mantenere la calma. Non si torna sulla strada, a occupare porti e aeroporti, come all’inizio di quella che poi è diventata modello esemplare di lotta pacifica. Sarà ancora così, almeno sino a martedì.

Domani sarà proclamato lo sciopero: gli operai Vinyls, che da due mesi e mezzo lavorano senza ricevere lo stipendio, non garantiranno più il presidio degli impianti. I turnisti (3 per il Vcm, 3 per il Pvc) non timbreranno il cartellino. Un gesto forte e non immune da rischi. Spiega Tino Tellini: «Si tratta di impianti potenzialmente pericolosi, da tenere sotto stretta sorveglianza. Chi non si presenta al lavoro può beccarsi una denuncia». Conferma Giovanni Tavera (Uil): «Sinora si è evitato proprio per questo. Ma il diritto costituzionale allo sciopero non può essere leso». Il giorno dopo, martedì, si va a Roma.

Una delegazione di cassintegrati chiederà di partecipare all’incontro convocato dal ministro Romani con sindacati e istituzioni locali per fare il punto della situazione. Altri operai, molti di più, saranno sotto le finestre, nella piazza, dove ci saranno anche i colleghi di Marghera. A Roma andrà Romano Chessa, cassintegrato Tecnicoop, una delle due coop legate alla Vinyls che a metà giugno sarà ufficialmente fallita: «E io sarò licenziato». Con Romano partirà Roberto Quartu, rsu Cisl tra i protagonisti dell’occupazione della torcia del Vcm al Petrolchimico. Lassù, a 110 metri dal suolo, la lotta va avanti: sul fazzoletto di metallo stanno appesi Gabriele Franca e Cristian Solinas. Dice Roberto: «A Roma presenteremo il conto al ministro. Dioki e Igs sono un’altra bufala, l’unica salvezza per noi possono essere governo ed Eni».

Per prima cosa, aggiunge Roberto, «fuori i soldi degli stipendi, febbraio, marzo e tra poco anche aprile». Poi, occhi puntati verso il progetto della chimica verde, agli investimenti da 700 milioni di euro previsti a Porto Torres da Eni e Novamont, quelli per i quali è stata annunciata (a giugno) la chiusura di cracking, politene e aromatici. I sindacati chiedono garanzie su mobilità e cassintegrazione: per ora i numeri forniti nel protocollo d’intesa non sono ritenuti sufficienti. Per questo gli operai dell’indotto, metalmeccanici ed edili, occupano porti e municipi. Tutti vogliono risposte, certezze. Un operaio anziano l’aveva detto, a dicembre, al ministro Romani: «Il petrolchimico è come un condominio, per il suo funzionamento tutti devono collaborare». E ora che sul condominio incombono le ruspe, tutti reclamano il diritto a una nuova casa.

di Silvia Sanna (La Nuova Sardegna)
(17 aprile 2011)