Sul colle. Nell’attesa del Papa day, anche il rimpasto finisce in alto mare. «Vogliono togliermi tutto», si sfoga il Cav. Impasse per il dopo Alfano.
In sessanta minuti di colloquio con Giorgio Napolitano, Silvio Berlusconi ha fatto almeno dieci nomi di possibili Guardasigilli che potrebbero sostituire Angelino Alfano. Compresi Franco Frattini e Mariastella Gelmini. È il segno di un premier destinato, nella migliore delle ipotesi, all’immobilismo.
Sale al Quirinale insieme a Gianni Letta nel giorno in cui le Borse sembrano bocciare la manovra. Eppure, in un’ora di colloquio con Giorgio Napolitano, Berlusconi trova il modo di recitare un canovaccio già noto. «La sentenza su Fininvest dimostra che vogliono togliermi tutto», ha scandito il Cavaliere provocando non pochi imbarazzi tra gli altri presenti, Letta compreso. Quindi, prima di guadagnare l’uscita per raggiungere l’aereo che l’avrebbe portato a Milano (l’incontro con Bossi è andato in scena troppo tardi per darne conto sul Riformista), il premier ha scandito: «Con Umberto parlerò io, lo conosco bene. E vedrete, lo convincerò della necessità che questo governo ha bisogno di andare avanti».
È l’ennesimo capitolo della storia che racconta di un premier senza più frecce nel suo arco. Di un «capo» che, a dispetto delle versioni ufficiali fatte trapelare da Palazzo Chigi, teme – come spiegano i suoi – «di non controllare più la maggioranza».
La prova? Basta evocare l’atmosfera di gelo che s’è materializzata sul Colle nel momento in cui Berlusconi ha tirato fuori dal suo bouquet di foglietti quello relativo alla sostituzione del neo segretario del Pdl Angelino Alfano con un nuovo ministro della Giustizia. Il presidente della Repubblica, prima che il premier toccasse l’argomento, aveva ribadito il suo rispetto per l’«autonomia della politica» e la «dialettica parlamentare». E il Cavaliere, con la complicità di Gianni Letta, ha tirato fuori una lista in cui – strano ma vero – mancava il nome di Renato Brunetta.
«C’è anche la possibilità di spostare alla Giustizia ministri autorevoli come il signor Frattini e la signora Gelmini», ha sottolineato Berlusconi. Due nomi che, però, avrebbero provocato l’immediata reazione del capo dello Stato. Della serie, è la sintesi del pensiero che Napolitano aveva già espresso la scorsa settimana, «in un momento come questo non è il caso di trasformare la sostituzione di un ministro in un rimpasto vero e proprio». Soprattutto coinvolgendo i titolari di dossier delicati come gli Esteri o l’Istruzione.
Da quel punto in poi, ricostruiscono fonti della maggioranza, il capo del governo e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio hanno iniziato a esercitarsi in un totoministri che lascia intendere come il cambio della guardia a via Arenula sia un affare molto più complicato di quanto non sembri. Da Enrico La Loggia a Maurizio Lupi, da Francesco Nitto Palma a Donato Bruno, passando per Anna Maria Bernini. «E c’è anche Carlo Nordio», ha osservato la premiata ditta Berlusconi-Letta. Nel rispetto dell’«autonomia della politica e della dialettica parlamentare», è stata la replica del Quirinale, chiunque sia chiamato alla successione di Alfano a via Arenula dovrà essere un candidato di «alto profilo, di qualità e con riconosciute competenze» sul dossier. L’esatto contrario, è stato il sottotesto, del modo in cui s’era mosso il premier portando al ministero dell’Agricoltura (nonostante i richiami del Colle) Saverio Romano, su cui adesso pende la mozione di sfiducia presentata in Parlamento dall’opposizione.
Morale della favola? «Il governo è solido», fa trapelare il premier. «Ma per il rimpasto occorre aspettare settembre», è l’amara sintesi di chi gli ha parlato prima che il Cavaliere tornasse a Milano. Di certo c’è che la partita coinvolge anche la Lega. Non a caso, Berlusconi l’ha spiegato anche a Napolitano, alimentando le voci di chi vorrebbe il capogruppo del Carroccio Marco Reguzzoni in rampa di lancio verso il dicastero lasciato libero (ormai da mesi) da Andrea Ronchi. «Ho delle pressioni della Lega, che potrebbe essere interessata al ministero delle Politiche comunitarie…».
Ma lo spettro che fa più paura è quello delle speculazioni in corso, dell’attacco all’euro, delle Borse che sembrano bocciare la manovra appena approvata dal Parlamento. Berlusconi ha ringraziato Napolitano per gli appelli che, la scorsa settimana, hanno «di fatto consententito» che il provvedimento economico diventasse legge in tempi record. E il capo dello Stato, per tutta risposta, gli ha ribadito il senso della lettera inviata al Sole 24 ore e pubblicata domenica dal quotidiano confindustriale. «Adesso serve un confronto su proposte concrete. E questo dialogo, in Parlamento, non può prescindere dal merito dei provvedimenti che andranno presi».
Il countdown verso l’ora della verità sulla tenuta della maggioranza, che scoccherà domani con il voto sull’arresto di Alfonso Papa, è iniziato. «La strada maestra è andare a votare adesso», spiega Bersani. «Maroni faccia un passo in avanti», è l’auspicio che Enrico Letta ha affidato a un’intervista alla Stampa. «Serve un nuovo esecutivo», scandisce il veltroniano Walter Verini. Ma «non tecnico», ha avvertito Pier Ferdinando Casini in una conversazione con l’Unità, «politico». Il tutto mentre il premier cerca di prendere una di quelle risorse di cui ormai non dispone più: il tempo.