Il Riformista – S&P boccia la manovra Disoccupazione record

2 Luglio 2011 0 Di luna_rossa

Il Riformista.

di Gianmaria Pica

Chimere? Secondo l’agenzia di rating, nonostante la misura correttiva dei conti pubblici, «restano rischi per la riduzione del disavanzo italiano principalmente a causa della debole crescita». Intanto, i senza lavoro salgono all’8,1%, moltissimi i giovani.

Nella foto: Giulio Tremonti

Neanche 24 ore dal via libera: la manovra Tremonti è stata bocciata. Non dai soliti detrattori (termine caro al capo del Tesoro) dell’Italia, ma dall’agenzia di rating Standard and Poor’s.
Secondo S&P, nonostante la manovra correttiva dei conti pubblici, «restano sostanziali rischi per il piano di riduzione del debito principalmente a causa della debole crescita». Già, il problema è sempre e soltanto uno: la solita nota «debole crescita». L’economia italiana è paralizzata. Secondo il centro studi di Confindustria, quest’anno il nostro Prodotto interno lordo (Pil) crescerà solo dello 0,9 per cento. Il ministro dell’Economia aveva previsto un incremento dell’1,1 per cento. Sono dati sconfortanti e accompagnati da misure poco incisive per la ripresa economica italiana. Tutti questi fattori, mettono sull’attenti le agenzie di rating che avvertono gli investitori internazionali. Il monito è chiaro e non lascia dubbi: cari investitori state attenti, anche per l’Italia il rischio default non è così remoto.
Altrettanto chiare sono le motivazioni della decisione di S&P: «Alla luce della debole crescita italiana – si legge nella nota dell’istituto – è nostra opinione che saranno necessarie riforme microeconomiche e macroeconomiche molto più importanti per incentivare gli investimenti privati e adeguare i salari alla produttività». Ma non è tutto da buttare. Infatti, S&P definisce la manovra correttiva «generalmente credibile, specie le misure tese a contenere i salari pubblici e la spesa pensionistica». Tuttavia il governo «rischia di essere troppo ottimista sull’efficacia delle misure contro l’evasione fiscale». Fattori che, secondo S&P, spingeranno il governo verso «ulteriori misure» in risposta al potenziale sforamento dei conti rispetto al previsto. A indicare una probabilità su tre di un taglio del rating nel giro di 24 mesi, secondo l’agenzia, le prospettive sul merito di credito italiano. I rischi di un declassamento del rating sono principalmente legati alla la possibilità di uno «stallo politico» e alla crescita inferiore alla media dell’1,3 per cento: «Se uno di questi rischi si avvera – avverte S&P – il debito potrebbe ristagnare e potremmo abbassare i rating sull’Italia».
Dal ministero dell’Economia hanno deciso di non replicare, almeno non ufficialmente. Ma – a sorpresa – hanno pubblicato una nota con i dati del fabbisogno statale (cioè il finanziamento per coprire la differenza tra le entrate e spese). Bene, nei primi sei mesi del 2011 si è registrato complessivamente un fabbisogno di circa 43,5 miliardi, inferiore di circa 2,8 miliardi a quello dell’analogo periodo 2010, pari a 46,361 miliardi. Dal Tesoro fanno sapere che «i numeri del fabbisogno rappresentano la migliore replica nei confronti del monito di S&P».
La situazione della nostra economia non è rosea. Ne sanno qualcosa i milioni di disoccupati italiani. Ieri, l’Istat ha diffuso i nuovi dati sull’occupazione. Il quadro è nero. A maggio il tasso di disoccupazione è salito all’8,1 per cento, con un incremento dello 0,1 per cento su aprile. In Italia il numero complessivo dei senza lavoro è risalito sopra la soglia dei due milioni. Come se non bastasse, la tempesta economica ha colpito principalmente i giovani: tra gli italiani dai 15 ai 24 anni il tasso di disoccupazione è salito al 29,6 per cento (dal 28,8 per cento precedente), con un picco del 46,1 per cento per le donne che vivono nel Mezzogiorno. Si tratta del tasso di disoccupazione giovanile più alto dal 2004.
Dunque, senza crescita il nostro paese non solo rischia di essere troppo esposto alla speculazione finanziaria internazionale. Ma c’è il nocciolo duro della nostra produttività – composto dalle imprese, ma anche dai giovani – che è bloccato, senza lavoro e senza fiducia.