Sgombriamo subito il campo per far capire subito da che parte sono, perchè io sono di parte. Fare il soldato molto spesso è un problema di mancanza di alternativa, un modo di sopravvivere, quando la società non offre altro che la disoccupazione. Quando ho fatto il militare io a Cassino, Roma e Vercelli 1969/70, c’erano dei miei colleghi che mandavano a casa la diaria, per aiutare i fratellini più piccoli. A noi, che venivamo da altre situazioni, non bastavano nemmeno per le sigarette. Qualcuno ha pensato di mettere la firma attirato da uno stipendio sicuro e questo mi ha fatto riflettere parecchio sulla situazione del sud d’ Italia, erano quasi tutti meridionali o delle isole. Un fucile contro la disperazione. Poi ci sono quelli che ci credono per consuetudine familiare, una traccia che passa di padre in figlio. Infine gli esaltati, ma sono la minoranza. Ebbene, avere a che fare con le armi, i missili, carri armati, bombe intelligenti è meno pericoloso che fare il muratore ma molto più redditizio. Specialmente per chi va in missione per esportare la democrazia, è molto redditizio e, se va male, si passa alla storia, si finisce sui giornali ed in televisione ed il funerale è di Stato. Con tanto di tricolore sulla bara. Il muratore che muore di fatica e sottopagato non fa notizia, lo Stato non si ricorda di lui ed al suo funerale ci sono solo la vedova, gli orfani, parenti ed amici. La televisione non c’è, almeno che non muoiano 7, 8, alla volta. Insomma ne deve valere la pena perchè le telecamere dei Tg si presentino ai funerali delle vittime di morte bianca. Il muratore, l’addetto ai forni dell’acciaio, ha avuto una vita da pirla ed una morte da pirla. Nessun ingaggio per missioni, altamente umanitari, ritenute fondamentali per salvaguardare la democrazia capitalistica ed i profitti. Ai nostri ragazzi in divisa, se tutto va bene, un paio di anni in missione gli risolve la vita, la cambia e se sfortunatamente ci lascia la pelle sarà considerato un eroe, un esempio. Il muratore che ci lascia la pelle cambierà solo la vita della sua famiglia, in peggio e dovranno faticare parecchio per avere giustizia, certamente non avranno la solidarietà del sistema capitalistico o di Confindustria, quella è riservata all’Ad della Thyssen condannato da un tribunale. A piede libero, che possa andare in vacanza con la sua famiglia in Sardegna. Non riesco ad emozionarmi, farmi coinvolgere da queste notizie che straziano il ministro La Russa e fanno piangere il Paese. Che ci volete fare sono un cinico, l’ultima volta che mi sono emozionato è stato l’8 Giugno 2011, quando ho letto questa notizia: Morire di lavoro. Continua la strage silenziosa , così come l’Osservatorio indipendente di Bologna continua il suo monitoraggio quotidiano delle vittime e l’aggiornamento delle relative statistiche. Giornata drammatica quella di ieri, ci sono stati 7 morti in un solo giorno, tre erano di nazionalità romena: due giovani edili di 25 e 31 anni e un meccanico di 43 anni. I romeni rappresentano oltre un terzo degli stranieri morti , l’11,5% del totale. Così sale a 270 il numero complessivo dei morti per infortuni sui luoghi di lavoro dall’inizio dell’anno, che diventano 508 se si aggiungono i lavoratori deceduti sulle strade e in itinere. Non mi pare che i romeni siano l’11,5% della popolazione italiana, sono molti di meno ma odiati ed invisi come se fossero il 50% degli immigrati. Loro ne soffrono e per entrare nelle nostre grazie ed avere un permesso di soggiorno, per adesso, si offrono come statistica, giusto per far dire a qualcuno che mancano di professionalità. Una vita da miserabili per una morte da pirla. Non lo dico io, lo dicono i fatti, lo racconta la cronaca e le statistiche. Non ho tempo per andare in Afghanistan e commuovermi, mi basta ed avanza quello che ho intorno a me. Forse invece di andare a lavorare dovevano arruolarsi, avrebbero corso meno rischi e guadagnato di più. Fonte Di Tutto di più, Slasch16.