www.politicamentecorretto.com-CHE DIFFERENZA TRA GLI STREPITI DELLA CASTA E LA COMPOSTEZZA DEI TRE OPERAI DI MELFI
16 Luglio 2011.
I tre operai licenziati dalla Fiat nel luglio 2010
Non commento mai le sentenze della magistratura e non comincerò certo oggi. Mi è piaciuta però la compostezza dei tre operai della Fiat di Melfi a cui ieri il giudice d’appello ha dato torto, ribaltando il verdetto di primo grado che li aveva reintegrati nel posto di lavoro. Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli erano stati licenziati perché durante uno sciopero interno nel luglio del 2010 avevano, secondo la Fiat, bloccato un carrello e impedito agli altri operai di lavorare. Ho apprezzato la loro dignità in tutto questo periodo e nel commento della decisione dei giudici. Questa la loro dichiarazione: ” Noi accettiamo la decisione del giudice, perché è lui a decidere, ma sicuramente non ci arrendiamo perché riteniamo che il nostro è stato un licenziamento illegittimo”. Una vera lezione di democrazia e di senso delle istituzioni che arriva da chi ha appena saputo che da oggi non avrà più un reddito. Se permettete, di fronte a questa reazione così composta mi levo tanto di cappello e faccio il mio in bocca al lupo ai tre per l’appello. Che differenza, anche di stile, con la casta che strepita per un semplice avviso di garanzia e grida tutti i giorni al golpe della magistratura contro la politica oppure con la reazione isterica di Marina Berlusconi alla sentenza sul lodo Mondadori.
Mi auguro che questa sentenza non venga strumentalizzata. Il giudice si è espresso su un fatto, ha dato torto agli operai e ragione all’azienda. Questo non significa che ora una parte del mondo imprenditoriale si debba sentire legittimato a rivendicare operazioni che ledano i diritti dei lavoratori e che riducano ulteriormente le garanzie sociali e sindacali.
Sapete bene cosa penso delle discutibili decisioni di Marchionne su Pomigliano e Mirafiori e come si è schierata l’Italia dei Valori in occasione dei referendum di fabbrica. Abbiamo sostenuto la battaglia della Fiom per impedire la riduzione dei diritti dei lavoratori voluta dalla Fiat e da Sacconi con il consenso degli altri sindacati. Per questo spero che la sentenza non venga utilizzata come un simbolo.
Un’ultima riflessione. La sentenza per i tre lavoratori di Melfi è arrivata alla vigilia di un dato che deve farci preoccupare tutti e che è stato diramato oggi dall’Istat: sono aumentate le famiglie di operai entrate nella fascia al di sotto della soglia di povertà. La tempistica con la sentenza di ieri suona come una beffa, non solo per i tre lavoratori della Fiat, ma per tutta quella che una volta si chiamava la classe operaia. Alla faccia loro la politica ha invece deciso, proprio in questi giorni e per l’ennesima volta, di non rinunciare a nessuno dei privilegi di cui gode. E ancora una volta, in Parlamento, l’Italia dei Valori si è ritrovata desolatamente sola.
15 luglio 2011
I tre operai licenziati dalla Fiat nel luglio 2010
Non commento mai le sentenze della magistratura e non comincerò certo oggi. Mi è piaciuta però la compostezza dei tre operai della Fiat di Melfi a cui ieri il giudice d’appello ha dato torto, ribaltando il verdetto di primo grado che li aveva reintegrati nel posto di lavoro. Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli erano stati licenziati perché durante uno sciopero interno nel luglio del 2010 avevano, secondo la Fiat, bloccato un carrello e impedito agli altri operai di lavorare. Ho apprezzato la loro dignità in tutto questo periodo e nel commento della decisione dei giudici. Questa la loro dichiarazione: ” Noi accettiamo la decisione del giudice, perché è lui a decidere, ma sicuramente non ci arrendiamo perché riteniamo che il nostro è stato un licenziamento illegittimo”. Una vera lezione di democrazia e di senso delle istituzioni che arriva da chi ha appena saputo che da oggi non avrà più un reddito. Se permettete, di fronte a questa reazione così composta mi levo tanto di cappello e faccio il mio in bocca al lupo ai tre per l’appello. Che differenza, anche di stile, con la casta che strepita per un semplice avviso di garanzia e grida tutti i giorni al golpe della magistratura contro la politica oppure con la reazione isterica di Marina Berlusconi alla sentenza sul lodo Mondadori.
Mi auguro che questa sentenza non venga strumentalizzata. Il giudice si è espresso su un fatto, ha dato torto agli operai e ragione all’azienda. Questo non significa che ora una parte del mondo imprenditoriale si debba sentire legittimato a rivendicare operazioni che ledano i diritti dei lavoratori e che riducano ulteriormente le garanzie sociali e sindacali.
Sapete bene cosa penso delle discutibili decisioni di Marchionne su Pomigliano e Mirafiori e come si è schierata l’Italia dei Valori in occasione dei referendum di fabbrica. Abbiamo sostenuto la battaglia della Fiom per impedire la riduzione dei diritti dei lavoratori voluta dalla Fiat e da Sacconi con il consenso degli altri sindacati. Per questo spero che la sentenza non venga utilizzata come un simbolo.
Un’ultima riflessione. La sentenza per i tre lavoratori di Melfi è arrivata alla vigilia di un dato che deve farci preoccupare tutti e che è stato diramato oggi dall’Istat: sono aumentate le famiglie di operai entrate nella fascia al di sotto della soglia di povertà. La tempistica con la sentenza di ieri suona come una beffa, non solo per i tre lavoratori della Fiat, ma per tutta quella che una volta si chiamava la classe operaia. Alla faccia loro la politica ha invece deciso, proprio in questi giorni e per l’ennesima volta, di non rinunciare a nessuno dei privilegi di cui gode. E ancora una volta, in Parlamento, l’Italia dei Valori si è ritrovata desolatamente sola.