Carlo Fruttero, la prevalenza dell’ironia- LASTAMPA.it
16 Gennaio 2012Carlo Fruttero, la prevalenza dell’ironia- LASTAMPA.it.

Carlo Fruttero era nato a Torino il 19 settembre 1926
È morto ieri a 85 anni. Con l’amico Lucentini formò un’affiatata coppia di autori che insieme pubblicarono bestseller, diressero collane editoriali,
scrissero sulla Stampa
C’ era uno zio ingegnere che viaggiava molto per l’Europa e portava ogni volta regalini d’ogni genere, soprattutto francesi, e un disco di Joséphine Baker il cui trillo acuto «depositò» nel bambino Carlo Fruttero «l’embrione di una preferenza». C’era un padre taciturno che lo portava a fare lunghe passeggiate in collina, «un omone bellissimo, biondo, molto alto e con quegli occhi grigi, di gelo», che amava il silenzio, anzi non parlava proprio. C’era un casa quasi in collina, in via Villa della Regina, dove si viveva un po’ come in paese e un po’ come in campagna, e un castello a Passerano, provincia d’Asti, alla cui ombra era cresciuta la famiglia della madre e dove d’estate si giocava coi ragazzi dell’antico lignaggio comitale.
C’era un mondo remoto, a cavallo fra gli Anni Venti e i Trenta, in un Piemonte ancora un po’ gozzaniano. Fruttero non ne parlava molto, bisognava interrogarlo con qualche insistenza. Poi si accorse che in realtà l’aveva raccontato più di quanto non immaginasse mettendo insieme gli scritti di Mutandine di chiffon , uscito per Mondadori nel 2010. Erano scritti occasionali, che raccolti diventavano una vera autobiografia, seppure alla sua maniera. Spiegavano benissimo l’ironico sottotitolo: Memorie retribuite . E tuttavia non erano un’autobiografia come si intende normalmente, semmai un correre a zig zag fra letteratura e vita, un giocare con i ricordi per allusioni, derive, percorsi capricciosi.
Carlo Fruttero è nato nel ’26, e le sue vere avventure sono state intellettuali. Quando venne proclamato l’Impero e il popolo era in festa, racconta, «suonavo il mio mandolino in fondo a corso Francia, in non so più quale remoto istituto». Tornò a casa «strusciando lungo i muri» col mandolino in spalla. Negli anni della guerra pensava che fosse possibile passare il resto della vita in uno «stanzino tappezzato di libri» accanto all’imponente biblioteca del maniero di Passerano, leggendo a dismisura col figlio dei castellani e già allora piluccando con ironica serietà fra un Kafka «niente male» e un Hemingway «un po’ salame». Ma appena fu possibile, dopo gli studi universitari (a Palazzo Campana, con Italo Calvino), se ne andò in Francia, in base alla remota preferenza istillata dalla Baker.
Era il ’47, a Parigi fece mille mestieri tra cui consegnare bottiglie di sidro girando con un triciclo, lavorare in acciaieria e misurarsi come imbianchino (anche se questo fu in Inghilterra), ma intanto traduceva per Giulio Einaudi. Né si negò un viaggio a piedi attraverso l’Italia fino a Roma, per il Giubileo del 1950: non per devozione, spiegò, semmai per curiosità. Di lì in poi, la scrittura prese il sopravvento, anche perché nel ’52 avvenne l’incontro più importante: quello con Franco Lucentini, il grande amico, l’altra metà della coppia a venire. Fruttero convinse lo scrittore romano a trasferirsi a Torino, e l’editore ad assumerli entrambi. Lavoravano all’Einaudi cercando – con successo – di non farsi intruppare negli entusiasmi per il Pci, fra episodi che rievocati dalla sua penna paiono sempre esilaranti, anche se ebbero qualche patina non secondaria di drammaticità. Fruttero scrisse di dovere gratitudine a Giulio Einaudi perché «vide qualcosa di promettente dietro la mia spavalderia e supponenza».
In via Biancamano si cementano amicizie d’acciaio, per esempio con Calvino e Pietro Citati: i tre, con le rispettive famiglie, si sarebbero ritrovati puntualmente ogni estate nelle rispettive case della pineta toscana di Roccamare, presso Castiglione della Pescaia, dove F&L ambientarono poi un bellissimo romanzo, Enigma in luogo di mare . All’Einaudi i romanzi erano però ancora da venire. Fruttero e Lucentini facevano il loro lavoro di redattori, traducevano Borges e Beckett, scoprivano la fantascienza. Nel ’61 prima uno poi l’altro si trasferirono alla Mondadori, per dirigere «Urania», la prima collana dedicata al nuovo genere. Lo avrebbero fatto sino all’86, quando ormai erano non solo una coppia affiatatissima, ma anche celeberrima. La donna della domenica , il loro capolavoro, in quel momento aveva già lo statuto di un classico, anche se forse non unanimemente riconosciuto.
Era uscito nel ’72, primo di una lunga serie che comprende A che punto è la notte , Il palio delle contrade morte Enigma in luogo di mare , L’amante senza fissa dimora , romanzi straordinari e perfetti; senza contare le innumerevoli raccolte di saggi, una per tutte La prevalenza del cretino , che segnano la lunga lotta contro luoghi comuni e ideologie d’ogni tipo. Ed era uscito in circostanze un po’ particolari. Sulla base delle prime cento pagine, infatti, sia la Mondadori sia la Rizzoli in prima battuta lo respinsero. A un anno di distanza, quando alla Mondadori arrivò Mario Spagnol, venne pubblicato senza indugio. Che cos’era successo? Ce lo rivelarono proprio Fruttero e Sergio Pautasso, il direttore di Segrate che aveva detto il primo no.
Il problema era l’anticipo: i due avevano chiesto 7-8 milioni, una cifra allora ritenuta spropositata, soprattutto perché bisognava decidere su poche pagine. Così, per non parlare di soldi (sono parole di Pautasso), «si scatenò un balletto». Spagnol, invece, non sazio, volle pubblicare anche un libro di poesie (ma in proprio, non per Mondadori) scritte dai due mentre lavoravano alla Donna della domenica , e non a quattro mani. Era L’idraulico non verrà , un tesoro segreto della nostra letteratura. Il titolo forse beckettiano veniva da una poesia di Fruttero, che diceva: «L’idraulico / non verrà. L’impercettibile / passo da scroscio a filo, / a scroscio eluderà / senza fine / la tua mano millimetrata». La perfida coppia si divertì moltissimo. Mise anche una nota, nella riedizione di 22 anni dopo, che spiegava: «sia la parte propriamente idraulica del libretto, sia quella epigrafico-metafisica si ispirano a un sano nichilismo. E come ogni sano nichilismo, anche questo si è rivelato profetico».
Dopo la morte di Lucentini (a Torino, il 5 agosto 2002), Fruttero ha continuato da solo, come scrivendo anche per l’amico scomparso, e trovando un romanzo di grande abilità stilistica, ironico e affettuoso come Donne informate sui fatti . Potrebbe benissimo essere stato scritto, ancora una volta, a quattro mani. Come un lungo, struggente passo d’addio.