Horror: la fotografia davanti al relitto – Giornale Sentire
24 Gennaio 2012
Horror: la fotografia davanti al relitto
Ma cosa spinge la gente a farsi fotografare davanti al relitto? A raggiungere un’isola ancora sotto choc e invasa da mezzi di soccorso per una foto ricordo da fissare nella memory card?
Li spinge – probabilmente – l’incapacità di condividere davvero con il cuore e con la mente. E un tasto off: quello della sensibilità che viene “disattivata” per un tasto “on” a favore di un ricordo digitale, affidato a un mezzo meccanico, che appunto non porta traccia nè di cuore, nè di senti-menti.
Se questa spinta volesse dire “io c’ero”, c’è da chiedersi: cosa c’era? Chi?
La sfiducia nella propria capacità di ricordare, probabilmente, e l’incapacità di fare del “cum-pathos” una propria eleborazione personale. Non c’è – a parer nostro – la capacità di fermarsi a pensare in forma astratta e personale. Da qui la spinta a tradurre in una “cosa” (la fotografia), un sentimento che si è incapaci di eleborare.
Insomma non c’è pensiero: viene meno la capacità di esprimere un proprio sentimento di dolore con le parole del dolore. Giova al riguardo sentire le parole di uno di questi: “…Sono andato per rendermi conto: appena sono sceso i giornalisti mi hanno detto che eravamo sciacalli del Giglio” afferma alla radio, aggiungendo che sono gli psicologi ad aver bisogno di sostegno psicologico quando sconsigliano di andare sul posto con i bambini. E rifiutando di considerarsi “barbaro” , afferma: “Non ci sono andato con lo spirito del turista, tant’è che la mia nipotina di 8 anni si è fatto il segno della croce: io le avevo infatti spiegato che lì dentro c’erano tante persone morte”.
Appunto, come volevasi dimostrare: gusto horror, altro che compassione.
C.Perer – 23 gennaio 2012
Horror: la fotografia davanti al relitto – Giornale Sentire.