Sciopero o serrata? Per il presidente dell’Autorità di garanzia, Roberto Alesse, «i blocchi sono inaccettabili». In Sicilia una settimana di stop ha fatto danni per 500 milioni.
Nella foto: le code sull’autostrada
Le proteste di autotrasportatori e tassisti bloccano l’Italia. Lo sciopero dei tir – contro gli aumenti di gasolio, pedaggi e Irpef – durerà fino a venerdì. A rischio la spesa degli italiani: nei mercati iniziano a mancare latte e verdura.
I disagi hanno coinvolto l’intero territorio nazionale. Secondo Viabilità Italia, gruppo coordinato dalla Polizia stradale che monitora la circolazione, le situazioni più critiche si sono registrate in Piemonte (Torino), in Lombardia (code agli svincoli in entrate di Capriate e Seriate), in Emilia Romagna (sull’A14 chiuse le uscite di Bologna San Lazzaro e Cesena Nord); in Campania (code sull’A30, A16 e A1), in Puglia (A14). Oggi la Fiat chiude gli stabilimenti di Melfi, Cassino, Pomigliano, Sevel e Mirafiori. A Napoli il prefetto ha disposto la costituzione di una Unità di crisi per monitorare l’andamento e le eventuali criticità determinate dallo sciopero. Nel capoluogo campano la protesta ha causato disagi anche nel trasporto dei rifiuti. Duro Roberto Alesse, presidente dell’Autorità di garanzia sugli scioperi: «I blocchi causati dalla protesta degli autotrasportatori sono inaccettabili». Ieri l’Authority ha aperto un procedimento per valutare le sanzioni da irrogare a chiunque stia violando la legge e danneggiando i cittadini, nel loro diritto ad usufruire di servizi pubblici essenziali.
Al momento rimane ancora difficile stimare i danni economici causati dal blocco dei tir. Secondo le organizzazioni di categoria, la protesta siciliana della scorsa settimana avrebbe bruciato circa mezzo miliardo di euro. Cifra probabilmente sopravvalutata considerando che nel dicembre 2007, il blocco nazionale dei tir (allora gli autotrasportatori si fermarono per 4 giorni) causò un danno economico di circa 300 milioni di euro. Ma il vero rischio è un altro. Per Coldiretti, con l’86 per cento dei trasporti commerciali che in Italia avviene su strada, lo sciopero dei tir mette in pericolo la spesa degli italiani soprattutto per i prodotti più deperibili come il latte, la frutta e la verdura «che non riescono a raggiungere gli scaffali dei mercati». Grande preoccupazione anche da parte della Confederazione italiana agricoltori (Cia): «L’espandersi della protesta può dare un colpo mortale al settore agricolo».
A quella degli autotrasportatori, ieri si è aggiunta anche la mobilitazione dei tassisti. Una protesta contro le “lenzuolate” del governo Monti che, secondo alcuni osservatori, è stata fortemente sostenuta dal centrodestra. Uno dei rappresentanti della categoria parlando da Circo Massimo a Roma, ha detto che «l’unico presidente del Consiglio legittimato a discutere con i tassisti è Silvio Berlusconi, Mario Monti si deve dimettere». Ieri, una delegazione dei tassisti si è incontrata con i capigruppo Pdl di Camera e Senato Fabrizio Cicchitto e Maurizio Gasparri. Tra le varie proposte in discussione prende piede quella avanzata dalla Cgil: sciogliere i turni per 15 giorni.
Per Andrea Boitani – professore di Economia all’Università Cattolica di Milano ed esperto di trasporti -, «queste proteste sono ingiustificate perché non trovano ragione nei provvedimenti del governo». Il fatto è che in questo momento di austerità, l’esecutivo potrebbe tagliare anche i fondi al settore del trasporto su gomma, un comparto che gode di forti incentivi pubblici pari a circa 400 milioni di euro all’anno. Certo, anche il caro-carburante penalizza gli autotrasportatori. Ma la salita del prezzo della benzina è iniziata nei mesi scorsi quando si optò per un nuovo rincaro di accise e Iva: «Allora – si domanda Boitani – perché le proteste sono scoppiate solo oggi? Come se non bastasse – aggiunge – in molti casi il blocco arriva da autotrasportatori-imprenditori. Dunque, siamo sicuri che si tratta di sciopero e non di serrata?».
Il problema è che in Italia è assente un piano per la logistica nazionale. Nel 2005-2006 arrivò una bozza di articolato (una delle menti del progetto fu proprio Boitani), in cui si prevedeva un trasferimento della fiscalità dalla benzina ai pedaggi. Naturalmente – ça va sans dire – non se ne fece nulla.