«Paese in ginocchio, come pensare ai Giochi?» – Corriere Roma

26 Gennaio 2012 0 Di luna_rossa

«Paese in ginocchio, come pensare ai Giochi?» – Corriere Roma.

Pietro Mennea (Olycom)

 

Pietro Mennea (Olycom)

Pietro Mennea: questo evento ormai è solo business
Amo i Giochi, ma la candidatura ora è una pura follia

ROMA – «Uno come me potrà mai essere contrario ai Giochi? Se avessi potuto, io avrei partecipato a dieci Olimpiadi, non a cinque, per quanto abbia amato e continui ad amare lo sport, l’ideale olimpico. Ma premesso questo, e senza alcuno spirito polemico, dico pure che oggi non è pensabile chiedere l’organizzazione dei Giochi del 2020. Siamo un Paese senza sangue, devastato da una crisi economica spaventosa: come si può proporre, oggi, una cosa del genere?».

Pietro Mennea, 60 anni il 28 giugno, è solo uno dei più grandi atleti che lo sport italiano abbia mai avuto. Identificabile, volendo, con appena quattro cifre: 19″72. Che poi è il record del mondo nei 200 metri, fissato a Città del Messico nel ’79 e che ha resistito per 17 anni, fino alle Olimpiadi di Atlanta ’96. Medaglia d’oro ai Giochi di Mosca nell’80, sulla stessa distanza, e troppe cose ancora per ricordarle tutte, Mennea oggi è un brillante avvocato, ex europarlamentare, autore di oltre una dozzina di libri sulle diverse problematiche dello sport. Attraverso l’ultimo, «I costi delle Olimpiadi», Mennea spiega perché in questo momento la candidatura olimpica della Capitale sia praticamente una follia.

«Ma come si fa a parlare di Giochi a costo zero? Come si fa a sostenere una balla così colossale? Non esistono Giochi a costo zero e guardi che non lo dico io, ma lo dice la storia delle Olimpiadi moderne, lo dicono i dati, i numeri, le cifre raccolte da fonti ufficiali e tutte inserite nel libro. Le vere priorità del Paese sono altre, lo sappiamo tutti. Risanare i conti, far ripartire l’economia, aiutare le categorie più deboli. Altro che Olimpiadi».
Come spiega lei questa sorta di «ossessione»: 2020 o niente? E lo slittamento al 2024 potrebbe diventare una soluzione ragionevole?

«Lo spiego con l’obiettivo del business a ogni costo. Guadagno privato con investimento pubblico. Ma le Olimpiadi ci sono ogni quattro anni, e se Roma salta quelle del 2020 non è che poi non le può più organizzare. Il problema, semmai, è ridiscutere quest’evento che dura appena quindici giorni. Rivederlo dalle fondamenta e ridimensionarlo, non essendo più associabile ad alcun valore di utilità sociale. Il gigantismo è la malattia che affligge da decenni i Giochi olimpici, e ha messo in ginocchio paesi come la Grecia, dopo Atene 2004. Non solo. La stessa Cina, per Pechino 2008, ha subìto una forte recessione e la svalutazione della moneta. Durante le Olimpiadi la Borsa ha perso il 50 per cento, gli 800 alberghi che aspettavano un milione di turisti hanno fatto un mezzo flop. A Barcellona, Olimpiade presa a modello da tutti, dall’86 al ’92 i prezzi delle case aumentarono dal 240 al 270 per cento. Soltanto Atlanta non ha pagato prezzi altissimi, e solo perché costruì pochissime strutture».

Da questo punto di vista Roma non potrebbe partire un po’ avvantaggiata?
«Parliamo allora di Tor Vergata. Che fine ha fatto? Ci vogliono 500 milioni di euro per realizzare il progetto: chi li tira fuori, da dove si prendono?».

Mennea, trent’anni fa, quando correva aveva di fronte, tra i dirigenti, Carraro, Pescante, Petrucci, Pagnozzi. Oggi, 2012, si occupano di Roma 2020 Carraro, Pescante, Petrucci, Pagnozzi…
«Tipico dell’Italia, purtroppo. Pensi che Sebastian Coe, ex campione del mezzofondo, è stato messo alla guida del comitato organizzatore di Londra 2012 a soli 45 anni. Che le devo dire? Nessuno discute la bravura dei nostri dirigenti. Ma forse ci toccherà vederli ultraottantenni ai Giochi del 2020 sempre attaccati alla poltrona…».

Giuseppe Toti   -26 gennaio 2012 | 12:24