Redditi, l’Ocse: “L’Italia è sempre più divisa investire sui singoli contro le disuguaglianze” – Economia e Finanza con Bloomberg – Repubblica.it
25 Gennaio 2012Presentato il rapporto “Divided we stand: Why inequality keeps rising”. Negli ultimi 30 anni i ricchi sono diventati sempre più ricchi. Il ministro Fornero: “La riforma del mercato del lavoro si baserà sull’equità”. E ai precari dell’Istat dice: “Ci stanno a cuore tutti i lavoratori nella vostra situazione” di ROSARIA AMATO
ROMA – È sull’equità che si baserà la riforma del lavoro, così come l’equità tra generazioni è stato il principio guida della riforma sulle pensioni. Ad assicurarlo il ministro del Lavoro Elsa Fornero, intervenuta all’Istat per la presentazione del rapporto dell’Ocse: “Divided we stand: Why Inequality Keeps Rising” (sempre più divisi: perché le diseguaglianze continuano a crescere).
“Si è parlato di me come del killer delle pensioni di anzianità – ha polemizzato il ministro – eppure proprio il nostro unico premio Nobel per l’economia, Franco Modigliani, definiva le pensioni di anzianità un furto ai danni dei lavoratori”. E l’equità, ha assicurato Fornero, sarà anche la direttrice sulla quale si muoverà la riforma del lavoro che, ha ribadito, sarà concertata con le parti sociali, smentendo le indiscrezioni 1 sull’intento di abrogare la Cassa Integrazione.
L’equità deve essere una priorità in un Paese dove – come emerge dal rapporto Ocse, presentato da Stefano Scarpetta. vicedirettore per la sezione Occupazione, lavoro e affari sociali dell’organizzazione con sede a Parigi – la diseguaglianza è aumentata negli ultimi 30 anni molto più che in altri Paesi occidentali.
Nel 2008, il reddito medio del 10% più ricco degli italiani era di 49.300 euro, dieci volte superiore al reddito medio del 10% più povero. Ancora, l’1% più ricco degli italiani ha visto la proporzione del proprio reddito aumentare dal 7% del reddito totale negli anni ’80 a quasi il 10% nel 2008. E la porzione di reddito detenuta dallo 0,1% della popolazione super-ricca è aumentata dall’1,8% al 2,6% nel 2004.
In definitiva, i ricchi sono diventati molto più ricchi (anche perché, ricorda l’Ocse, le aliquote marginali d’imposta sui redditi più alti si sono quasi dimezzate, passando dal 72% del 1981 al 43% nel 2010), i poveri sono rimasti poveri e il divario si è accresciuto, anche perché la redistribuzione attraverso i servizi pubblici è diminuita.
E se la diseguaglianza in Italia è cresciuta negli ultimi 30 anni proprio come nei tre quarti dei Paesi dell’Ocse, è da addebitare in buona parte anche al mercato del lavoro, ha sottolineato il ministro Fornero, un mercato del lavoro “che esclude anziché includere, segmenta, tratta in maniera differenziata, scarica i lavoratori, perché anche quando è necessario fare aggiustamenti e ristrutturazioni, i costi si scaricano solo sui più deboli, i giovani, le donne, i lavoratori con più di 50 anni”.
“Sono stata molto colpita – ha osservato ancora il ministro – dal fatto che un lavoratore che abbia più di 50 anni sia considerato perso per il mercato del lavoro. Prima la soluzione era la previdenza, che con la pensione anticipata faceva da grande ammortizzatore sociale. Adesso non può più essere così”.
Altro obiettivo fondamentale: combattere l’eccessiva precarietà. Ai precari dell’Istat, che hanno chiesto insistemente un colloquio con il ministro, senza ottenerlo, Elsa Fornero ha assicurato che “i precari di tutto il Paese ci stanno a cuore”. E allora, per combattere la precarietà, “individuiamo un percorso che tagli i contratti che non servono, senza per questo arrivare necessariamente al mercato unico”, ha ribadito il ministro.
Ancora, altro intervento necessario l’eliminazione delle finte partite Iva: “Ne abbiamo 8 milioni. Servono tutte, o sotto si nascondono realtà occupazione che vorremmo invece vedere alzate di qualità?”. Anche perché dalla precarietà non nasce nuova occupazione.
Un dato che emerge chiaramente proprio dal rapporto dell’Ocse: infatti le riforme dirette ad accrescere la flessibilità forse in un primo tempo “hanno contribuito a creare un maggior numero di posti di lavoro, ma hanno anche aggravato il divario tra i redditi”, dal momento che “gran parte dei posti di lavoro creati consisteva in occupazioni part-time o scarsamente remunerate”. Che con la crisi sono state le prime ad essere tagliate.
Altro effetto della crisi a danno dell’equità, rileva il rapporto Ocse, è stato l’indebolimento delle politiche sociali: “L’accresciuta disparità delle retribuzioni ha fatto sì che un maggior numero di persone ha dovuto attingere ai sistemi di protezione sociale per mantenere lo stesso livello di vita. Il volume netto della redistribuzione mediante le politiche di sostegno del reddito è in effetti aumentato. Tuttavia, tali politiche non sono state in grado di ridurre la disuguaglianza tra i redditi come in passato, a causa dell’aumento di persone che hanno avuto bisogno dei sussidi”.
Qual è allora la strada maestra per ridurre le disuguaglianze? Per l’Ocse passa attraverso la riqualificazione dell’occupazione, l’investimento in capitale umano “sin dalla prima infanzia”: “Il miglioramento delle competenze è l’unica misura in grado di ridurre la dispersione dei redditi da lavoro ed aumentare i tassi di occupazione”. Quindi servizi sociali, sì, ma orientati soprattutto “a offrire servizi pubblici gratuiti e di qualità elevata in ambiti quali l’istruzione, la sanità e l’assistenza alla famiglia”.
(24 gennaio 2012)