Caso Ruby, «bocciata» la difesa Processo a Milano e niente tv in aula – Milano
17 Febbraio 2012Caso Ruby, «bocciata» la difesa Processo a Milano e niente tv in aula – Milano.
In Tribunale soltanto la modella marocchina Imane Fadil. I giudici riducono il calendario delle udienze, la prossima il per il 2 marzo
Karima El Mahroug, alias Ruby (Ansa)
MILANO – Respinte tutte le questioni poste dalle difese. Si conclude un’altra udienza del processo Ruby a carico di Emilio Fede, Lele Mora e Nicole Minetti. Presente soltanto una delle cinque ragazze che si erano costituite parti civili contro gli imputati: la modella marocchina Imane Fadil. In aula il presidente del collegio Annamaria Gatto ha letto l’ordinanza con cui ha respinto tutte le questioni poste dalle difese. Le difese hanno anche preso atto del provvedimento del presidente del tribunale Livio Pomodoro, depositato già nei giorni scorsi, con cui era stata respinta la richiesta dei difensori di riunire il processo ai tre imputati con quello a carico di Silvio Berlusconi, che si svolge sempre oggi in contemporanea.
Il collegio ha ritenute infondate le eccezioni sulla nullità dell’avviso di chiusura delle indagini e di altri atti, sollevate dalle difese che lamentavano il mancato deposito di alcuni documenti e anche la parziale secretazione dei verbali di Ruby. «Con la secretazione – ha spiegato il giudice Gatto – l’accusa ha interesse a salvaguardare eventuali altri sviluppi investigativi e altri filoni di indagine e il diritto alla riservatezza delle persone citate». In più, «le dichiarazioni di Ruby sono solo uno degli innumerevoli elementi prodotti dall’accusa».
INCOMPETENZA TERRITORIALE – Per quanto riguarda la questione dell’incompetenza territoriale dei giudici milanesi, il giudice Gatta ha spiegato che «in questa fase» il collegio deve basarsi solo sul capo d’imputazione e non può valutare nel merito le condotte avvenute nel settembre 2009 nel corso del concorso di bellezza a Messina. Quindi, e in sostanza, i giudici si debbono basare sulla ricostruzione dell’accusa che indica che le condotte di induzione alla prostituzione si sono realizzate a Milano.
NO ALLE TELEVISIONI – Su una questione l’accusa e le difese sono d’accordo: no alle riprese televisive nel processo sul caso Ruby, mentre le parti civili, che rappresentano cinque ragazze che sarebbero state presenti ad alcune serate nella villa dell’ex premier Berlusconi, si sono rimesse alla valutazione dei giudici. Una decisione verrà presa nella prossima udienza, fissata per il 2 marzo. Al termine della breve udienza di venerdì, i giudici hanno ridotto il calendario delle udienze già fissato.
LA TESTIMONIANZA – Il capo di gabinetto Pietro Ostuni «chiedeva di accelerare le pratiche per il rilascio» di Ruby la notte in cui la giovane marocchina venne trattenuta in questura per via di un furto. È questo un passaggio della testimonianza resa dall’agente Marco Landolfi al processo sul Rubygate in cui è imputato Silvio Berlusconi per concussione e prostituzione minorile. Landolfi, uno dei poliziotti che tra il 27 e il 28 maggio dell’anno scorso si occuparono della minorenne, ha raccontato che quando già si trovava negli uffici di via Fatebenefratelli per le pratica di fotosegnalazione della minorenne, il commissario capo Giorgia Iafrate lo chiamò per dirgli che la ragazza non doveva «essere fotosegnalata» ma bensì «lasciata andare». E questo perchè aveva ricevuto una telefonata di Pietro Ostuni che a sua volta era stato contattato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri che indicava la ragazza come la nipote dell’allora presidente egiziano Mubarak. Quella sera, ha proseguito Landolfi, prima di avvisare il pm minorile Annamaria Fiorillo che in precedenza aveva disposto che Ruby dovesse essere fotosegnalata e collocata in una comunità o altrimenti trattenuta in questura, «la dottoressa Iafrate riceveva in continuazione telefonate da Ostuni che chiedeva di accelerare le pratiche del rilascio poichè alla Presidenza del Consiglio aveva già detto che era stata rilasciata», mentre invece la giovane era ancora negli uffici per gli accertamenti. «La dottoressa Iafrate era molto agitata – ha precisato Landolfi -. Andava avanti e indietro, si alzava per andare verso la ragazza… Il questore non fu avvisato di quanto stava accadendo».
17 febbraio 2012 | 12:03