Protestano i parenti di molti giovani tunisini che hanno attraversato il Mediterraneo e di cui non si sa più nulla. Partiti nei mesi caldi della rivolta tunisina su quattro carrette del mare, oggi sono veri e propri desaparecidos. Sarebbero almeno 500, forse di più. I parenti non si arrendono e chiedono aiuto al governo italiano, ma soprattutto a quello tunisino. Da diversi giorni protestano davanti al ministero degli Esteri di Tunisi e alla fine di gennaio una delegazione è partita alla volta dell’Italia. Dopo alcuni presidi in Sicilia, con annesso sciopero della fame, finito con un breve ricovero per malore di una donna, oggi la delegazione si sposta a Roma, davanti all’ambasciata tunisina.
Vogliono sapere che fine hanno fatto i loro familiari, ma nessuno sembra aiutarli. Eppure, come spiega Rabih Bouallegue blogger tunisino che vive a Palermo e sta seguendo la vicenda da vicino «i familiari sono stati invitati a venire in Italia proprio dal governo tunisino con la promessa che li avrebbero agevolati nelle ricerche fornendo le impronte digitali dei ragazzi». Ma, secondo Bouallegue, «era tutto un imbroglio perché adesso il sottosegretario all’immigrazione del governo tunisino ha dichiarato che non le forniranno perché vogliono rompere del tutto i ponti con il passato governo di Ben Alì». In effetti la pratica di usare le impronte digitali per rimpatriare i tunisini clandestini in Italia è tipica del governo dittatoriale precedente, ma così facendo si rendono più difficili le ricerche nei centri d’accoglienza italiani.
Ma se i governi non brillano per trasparenza, forse non lo fanno neanche i parenti venuti in Italia. Si è creata una scomparsa nella scomparsa. Sono arrivati in sei a Palermo, ma la metà di loro è irreperibile. «Non sappiamo che pensare – afferma Bouallegue – crediamo che uno sia in Germania, ma non ne sappiamo nulla». L’ipotesi è che qualcuno possa aver approfittato del viaggio in Italia per lasciare la Tunisia.
Intanto la situazione è congelata. E la palla adesso passa all’ambasciatore tunisino in Italia a cui si rivolgeranno da domani i delegati rimasti.
[Foto di Rabih Bouallegue]