Da Lusi a Genova, il febbraio orribile del Pd – Quotidiano Net

14 Febbraio 2012 0 Di luna_rossa

Da Lusi a Genova, il febbraio orribile del Pd – Quotidiano Net.

Caos Liguria e nel partito. Congresso? No di Bersani

Le dimissioni sotto la Lanterna, i messaggi dell’ex tesoriere, le denunce di Scalfarotto e Parisi, i duelli tra riformisti e radicali, i feudi rossi devastati dal maltempo, i duetti Monti-Berlusconi. Ma il segretario è intenzionato a resistere

Il segretario del Pd, Pierluigi Bersani (ANSA)

Il segretario del Pd, Pierluigi Bersani (ANSA)

Roma, 13 febbraio 2012 – Mica facile oggi fare il Pd. Il partito che, mandato a casa Berlusconi, avrebbe vinto a mani basse, vive con umore bisestile il suo febbraio tempestoso. Nevicano autogol. E se i feudi imbiancati di Emilia, Marche, Toscana, Umbria custodiscono sotto un manto letargico le perplessità degli iscritti, altrove, da Genova a Roma, lampeggia il rosso del nervosismo. Al punto che persino l’ex ministro berlusconiano Gianfranco Rotondi può permettersi una battuta: “Il Pd ha appaltato il governo ai tecnici e i Comuni a Vendola. A quando l’arridatece Berlusconi?”. “Compagnucci allo sbando” sparge veleno l’alleato Massimo Corsaro, vicepresidente dei gruppo Pdl alla Camera.

SINISTRI SCRICCHIOLII – Pierluigi Bersani getta lo sguardo oltre il presente: in un’intervista pubblicata su Qn  parla di “maggioranze vere”, subito dopo il governo Monti, qualificato come parentesi nel percorso emergenziale del Paese. Ma i toni risoluti del segretario non coprono gli scricchiolii, la crosta di gelo che si spacca un po’ dappertutto, e riporta il Pd alla sua chimica precaria, di partito talvolta liquido e comunque instabile, spesso fragile sino all’autolesionismo.

GUERRA INTESTINA – La batosta di Genova, dove il sindaco uscente Marta Vincenzi ha perso le primarie per il nuovo mandato sotto il triplo effetto del flash-back alluvione, della concorrenza interna della senatrice Roberta Pinotti, e soprattutto della maggiore presa sociale della candidato di Sel, Marco Doria, vincitore a sorpresa solo per gli amanti dei paraocchi, è da manuale della sconfitta. Un suicidio in diretta. “L’anti-casta dei predicatori batte il riformismo” commenta la rivelazione 2007, ora travolta dai morti dell’ultima piena e dalle guerre intestine. “Nell’agitarsi dei gruppi di potere dentro e a fianco del Pd, dovevo dargli una mazzata subito invece di aspettare che si rassegnassero”. Il sindaco uscente porta via con sé il segretario provinciale Victor Rasetto e il segretario regionale Lorenzo Basso (dimissionari). “Il segnale di cambiamento che arriva dagli elettori – afferma Basso in una nota – è chiaro e inequivocabile. Tutto il Partito Democratico e io per primo, siamo tenuti ad interrogarci”. “Ora Vendola ha un altro scalpo alla cintola” solidarizza da Bari, Michele Emiliano. Partito a rischio di implosione? Il sito Velina Rossa fa addirittura balenare l’ipotesi di Congresso anticipato. Obiettivo: “zittire la canea montante che non trova precedenti nemmeno nel periodo della scissione con Rifondazione”. Bersani sbotta: “Quando mai, pensiamo all’Italia”.

AVANTI DORIA – Il segretario del Pd sorride per non piangere. ”Ora – sostiene – si lavora con entusiasmo e passione per vincere alle amministrative con il candidato del centrosinistra. Ora si vince con Doria”. Nei panni del Pisapia sotto la Lanterna riaccesa da Don Gallo. Eh, già. Ma intanto gli iscritti si chiedono perché mai il Pd appoggi sempre i candidati che perdono. Come in Puglia (contro Vendola), a Cagliari, a Milano, a Napoli. Tanto da far commentare al sindaco di Napoli, Luigi De Magistris: “E’ chiaro che ultimamente il Pd sta sbagliando diverse scelte. Credo che debba invece maturare decisioni importanti, aprendosi ai movimenti, perché il Paese ha bisogno di un’alternativa a Berlusconi e ai governi tecnici”.

SELEZIONE QUADRI – E che dire ai compagni e amici, simpatizzanti o tesserati, del caso di Luigi Lusi, l’ex tesoriere della Margherita, ora senatore democratico, reo confesso di aver alleggerito le casse rutelliane di 13 – forse 14 – milioni di euro? Dopo la vicenda Penati, un altro colpo basso. Autoinferto da un partito che evidentemente fatica a selezionare quadri. Non illibati, per carità, ma almeno al di qua del codice penale. Certo, gli indagati del Pd almeno non gridano contro i magistrati o il mondo intero. Può bastare? No. E poi non sempre è vero.

QUELLO STRANO ‘IMPEGNO ‘ – L’espulsione per direttissima di Lusi, saltando i bizantinismi statutari, materializza infatti un altro caso. “Ricorro al Tribunale civile perché la decisione del Partito Democratico di estromettermi da tutto mi è sembrata fuori dalla misura e dalle regole” afferma l’interessato. E da bravo ex boyscout, sibillino, aggiunge: “Ciò che più mi crea problemi è che ho preso un impegno di non parlare, quindi non posso rispondere a numerose stupidaggini che sento e che leggo”.

MILANO, ITALIA – Se il messaggio – tutto interno – non fosse chiaro, guardate cos’è appena successo a Milano: dove il bilancio del Pd provinciale, cronicamente in rosso, non è stato approvato. Ivan Scalfarotto denuncia: “Alcuni parlamentari eletti a Milano non hanno mai versato i loro contributi alla federazione provinciale: se lo avessero fatto, il bilancio oggi sarebbe perfettamente a posto. Mi pare un vero scandalo, una vergogna. Poi uno dice Lusi. Certo, ci sono i grandi imbroglioni. Però pure i piccoli imbroglioni fanno la loro parte”.

MARIO & SILVIO – Che la politica non sia batteriologicamente pura è storia vecchia quanto il mondo. Che talvolta sia contorta, anche. Ma che il presidente del Consiglio Mario Monti, in flessuosa trasferta americana, tra una robusta stretta di mano con Obama e le solenni promesse a Wall Street, nell’intervista video su Time ora elevi il suo predecessore Silvio Berlusconi al rango di “statista”, sottopone lo stato maggiore del Pd a violentissime tensioni. Perché a novembre, quando Napolitano decise per l’aria nuova a Palazzo, gli umori in piazza erano altri e nella sinistra pure. Scoprire che tutto è cambiato e che non si può più tornare indietro, perché “in Italia nessuno rovescerà il tavolo” – come ha ricordato anche ieri il presidente della Repubblica – esplicita le difficoltà di un partito che sembra calamitare su di sé ogni forma di contraddizione.
CONSENSI A RISCHIO – “Il Partito democratico vive un momento difficile perché sostiene il governo Monti con Berlusconi e Alfano, e al suo interno c’è un dibattito forte perché arrivare in questo modo alla soglia delle politiche del 2013 e allearsi con il vero centrosinistra rimanendo dentro con il Pdl è complicato” sottolinea ancora Luigi De Magistris. E che quel 27-28% di consensi tuttora garantiti dai sondaggi sia a rischio di erosione è un’ipotesi intimamente connessa alla pesantezza delle imminenti scelte di governo. Antonio Di Pietro (Idv) vede il ko di Genova e le “ipocrisie” parlamentari come distinti momenti di un avvitamento implacabile.

DOSSIER DA BRIVIDO – Il Pd che taccia Monti di essere troppo debole nelle liberalizzazioni è infatti lo stesso Pd che sulla riforma del mercato del lavoro teme di essere scavalcato dal ministro Elsa Fornero, dalla Confindustria (e forse persino dai sindacati) ed è lo stesso partito che sulla riforma elettorale cinguetta col Pdl dando l’idea che tutto cambi – nelle formule – perché nulla cambi – nel potere delle segreterie. Al punto da far dire all’ex ministro Arturo Parisi, il più prodiano dei suoi parlamentari: “Bersani smentisca le ipotesi in circolazione e sia fedele ai principi fondativi del Pd”. Un golpe ‘bianco’? Con mezza Italia sotto la neve, almeno questa non ci voleva.

TASSA DELLA DISGRAZIA – Alchimie e bilancini, come in un laboratorio dove troppi esperimenti non riescono. E così la priorità del giorno è ricordata a Bersani dal presidente della Provincia di Pesaro-Urbino, Matteo Ricci, trincea del Nevone, emblema dei disastri meteo in quasi tutti i feudi rossi: “Siamo la zona più colpita del Paese, siamo sepolti sotto tre metri di neve e non siamo il Trentino Alto Adige. Vogliamo la stessa attenzione che hanno avuto Roma e Alemanno per pochi centimetri di precipitazioni. Dal governo ci aspettiamo l’inversione del processo antifederalista che si è abbattuto sugli enti locali. E l’abolizione della tassa della disgrazia inserita nel Milleproroghe“. La politica fatta con la pala in mano a volte ha il pregio della chiarezza.