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28 Ottobre 2012La rivoluzione in punta di matita
«Vorrei che tutti conoscessero questo artista rivoluzionario, senza compromessi» spiega Charlie Paul, regista del documentario “For No Good Reason”, presentato in anteprima mondiale al London Film Festival «è un film indirizzato soprattutto a un pubblico giovane, a chi guardando quelle opere d’arte si sente ispirato a cambiare il mondo e a dire la propria opinione senza temere le conseguenze».
Steadman, inglese, ha collaborato per la prima volta con il polemista Hunter Thompson nel 1970 durante il Kentucky Derby. Per illustrare i volti allarmati dei concorrenti, l’artista aveva utilizzato una matita per make-up poiché sprovvisto dei propri colori. Tra i due seguirono numerose collaborazioni e la più celebre resta quella di “Paura e disgusto a Las Vegas”, il bestseller autobiografico di un viaggio selvaggio “on the road”, alla ricerca di quel che resta del sogno americano. Ma nonostante non manchino i racconti fantasiosi sulla coppia, il film di Charlie Paul mantiene il focus sul lavoro del vignettista. Filmato con varie tecniche, dalla pellicola al digitale, il documentario è il risultato di 15 anni di ricerca. «Il più delle volte mi presentavo al suo studio senza troupe, di modo che restassimo soli a parlare in un’atmosfera intima, senza essere disturbati» dice il regista.
E spiega anche che Steadman, molto riservato, inizialmente era titubante davanti alla macchina da presa poiché la tradizione “gonzo” ha nella letteratura il fulcro della sua esistenza, non nel cinema. «Ho lasciato che il filo conduttore fossero le sue storie; abbiamo lavorato senza un copione prestabilito». L’arte di Steadman segue le stesse regole: l’unica certezza è il foglio bianco e un primo, casuale, schizzo d’inchiostro nero, poi è l’istinto a comandare e a scovare i volti incredibili nascosti nell’immaginazione.
«Chiedigli di disegnare una bottiglia e lui farà una sedia, finché impari che non devi chiedere ma solo osservare». Così il regista mette una videocamera sulla scrivania dell’artista, che l’aziona con telecomando. In questo modo il film consente non solo di entrare nello studio di uno dei più grandi illustratori del nostro tempo ma anche di osservare le sue opere in divenire. «Johnny Depp era follemente eccitato di mettere piede là dentro» dice Paul che ha coinvolto nel documentario l’attore americano, fan di Steadman da quindici anni, quando frequentavano insieme i party in Colorado con l’amico comune Hunter Thompson, suicida nel 2004.
In un passaggio del film, Steadman recita alcuni diritti civili. «Sono sempre stati il suo argomento preferito ma ora che ha quasi 80 anni è disilluso; ha provato a cambiare il mondo ma le cose non sono ancora migliorate» ricorda il regista. Nel film compare anche Terry Gilliam, regista visionario, amico dell’illustratore: «Entrambi condividono lo stesso pensiero, ovvero che il mondo stia perdendo grandi opportunità per migliorarsi». Con i suoi disegni sovversivi, Steadman – autore anche di una stupefacente storia illustrata sulla vita di Leonardo da Vinci, pubblicata nel 1983 – ha sfidato il sistema senza temere le conseguenze. «A differenza di Thompson, molto consapevole della sua carriera come mi ha confermato sua moglie quando le ho mostrato il film, Steadman se ne infischia di fare terra bruciata attorno a sé».
Oggi, a 77 anni, l’artista conduce una vita tranquilla con sua moglie nella casa-studio georgiana nel Kent, a un’ora e mezzo da Londra: tutti i giorni nuota nella piscina in giardino, ghiacciata per gran parte dell’anno, disegna dalle 10 di mattina per circa tre ore, beve un bicchiere di vino e poi si riposa. Nonostante oramai si rifiuti di svolgere commissioni per i giornali con cui una volta collaborava, come New York Times, Rolling Stone e Independent, non ha del tutto sopito il suo spirito di rivolta, come rivela l’orrenda caricatura del candidato repubblicano Romney pubblicata giorni fa nella sua pagina facebook.
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