No Monty Day, corteo antiquato. Ecco perché in Italia non c’è Occupy | Gli Altri Online

28 Ottobre 2012 0 Di luna_rossa

Sembra un aristocratico inglese. Alto, anziano, schiena dritta, camicia azzurra elegante, pantaloni beige, mocassini. Cammina lungo piazza Santa Maria Maggiore costeggiando il corteo del No Monti Day e le migliaia di bandiere rosse, e quei ragazzi che cantano a squarciagola “Bella ciao”. Cammina sul marciapiede, quasi incurante. Nessuno lo riconosce. Nessuno lo indica. È Toni Negri. Negri si trova a Roma soprattutto per un seminario organizzato al Teatro Valle dedicato alla costituzione e ai nuovi diritti schiacciati dal capitale finanziario. Pochi giorni orsono ha partecipato a una assemblea dove si parlava delle nuove forme di rivoluzione. Ma in Italia la rivoluzione, o almeno la ribellione, non arriva. E basta osservare i convenuti al No Monti Day per capirne il motivo.

La mobilitazione di questo 27 ottobre, la prima organizzata esplicitamente contro l’attuale governo, è sorprendentemente molto partecipata. Ma usa forme antiquate, lontane mille miglia dagli Occupy statunitensi e dagli indignados spagnoli e greci. Lanciata da una piattaforma che include Rifondazione (ma non il Pdci di Oliviero Diliberto), i sindacati non allineati Cobas e Usb, la sinistra della Fiom e dunque non Landini, No Tav e rappresentanti dell’Ilva di Taranto, studenti di alcune sigle ma anche disabili che protestano contro i tagli e vigili del fuoco, questo No Monti Day ha involontariamente tenuto alla larga coloro che non hanno voglia di scendere in piazza sotto una bandiera di partito. E le bandiere erano davvero una selva. Moltissime con la falce e il martello: non soltanto quelle tradizionali del Prc, ma anche sigle sconosciute (Pmli) con il profilo di Mao, Carc, (n)Pci e tutta la galassia dei cenacoli comunisti che radunano poche decine di adepti. Il risultato è che la mobilitazione risulta essere la replica di tante mobilitazioni passate, in grado di attirare parecchie migliaia di persone ma comunque settaria.

Molti si aspettavano scontri con la polizia e guerriglie urbane simili a quelle del 15 ottobre 2011. Per ora, mentre scriviamo, lo spezzone degli studenti ha invaso la tangenziale est della Capitale bloccando il traffico e disobbedendo in questo modo alla testa del corteo che invece si è fermato a piazza San Giovanni. Proprio per evitare incursioni di gruppi estranei alla mobilitazione gli organizzatori avevano messo a punto un servizio d’ordine. L’obiettivo era anche quello di accendere i riflettori sui contenuti della protesta: l’opposizione all’applicazione della lettera della Bce, al fiscal compact, al pareggio di bilancio in Costituzione, all’austerity, ai tagli del welfare, alla riforma Fornero. Insieme alla crisi economica, questi sono anche i motivi che spingono greci e spagnoli a protestare duramente.

Non si tratta di questioni di poco conto, e influiscono drammaticamente sul futuro delle nuove generazioni e sul presente dell’Italia. Eppure il No Monti Day ha attirato meno persone rispetto allo scorso anno: sicuramente molti hanno temuto di rimanere coinvolti negli scontri, tuttavia il problema principale sembra essere quello dell’incapacità di organizzare mobilitazioni non caratterizzate esclusivamente dalla sinistra radicale e dai centri sociali. Non certo perché entrambi i soggetti devono uscire di scena, bensì perché l’impressione è quella di una mobilitazione prodotta ad uso e consumo dei suoi protagonisti. Gli indignados spagnoli puntualizzano che la loro protesta non è di destra né di sinistra, ma è contro le politiche del proprio governo e quelle di Bruxelles: questa è anche la chiave dell’alta partecipazione alle proteste spagnole, ovvero la flessibilità e nuove forme di protesta che in Italia rimangono ancora sconosciute proprio perché prevale la vecchia logica del corteo (bandiera-soundsystem-bellaciao) con comizio finale. Un’altra mobilitazione è possibile?

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