Parma, il flop dell’edilizia sociale imbarazza i grillini | Linkiesta.it
8 Novembre 2012 0 Di ken sharo
Per attuare la prima fase, in luogo dei tradizionali strumenti di housing sociale adottati da altri comuni, la giunta Vignali – quella che ha portato Parma sull’orlo della bancarotta – sceglieva l’innovativo strumento dei fondi comuni di investimento immobiliare: nasceva così il fondo chiuso Polaris Parma Social House. Un fondo a cui il Comune di Parma ha portato in dote 15 milioni di euro attraverso l’allora e tuttora indebitatissima holding Hsst spa.
Attorno al progetto Parma Social House (v. sito) si sono coagulati soggetti portatori di interessi rilevanti, a conferma di un sostegno forte e trasversale al piano. Che non a caso è stato condiviso, al tempo del suo varo, dall’opposizione di sinistra, nonché benedetto da Giulio Tremonti, che calò in città in occasione di una delle sue presentazioni ufficiali. Il fondo Polaris Parma Social House è stato affidato in gestione alla Polaris Investment Sgr Italia, specializzata in gestione di investimenti immobiliari e mobiliari e controllata dalla lussemburghese Polaris Investment Sa, che ha tra i suoi azionisti di riferimento (48%) la Fondazione Cariplo. A sua volta, la Cariplo è stata tra i promotori, assieme alla Regione Lombardia e ad Anci Lombardia, della costituzione della Fondazione Social Housing (FHS), che ritroviamo in qualità di supervisore, supervisore, assieme alla Finabita del mondo Legacoop del progetto di housing sociale privato di Parma denominato Parma Social House (Psh). Tra il 2010 ed il 2011, la Fondazione Social Housing ha prestato la propria consulenza al progetto Psh, introitando 685 mila euro, operando a fianco di Cdpi Sgr. Quest’ultima, nata nel 2009 per iniziativa della Cassa Depositi e Prestiti ha infatti deliberato, attraverso il Fondo Investimenti per l’Abitare (Fia), il cospicuo investimento su Parma Social House pari a 25 milioni. Andato ad aggiungersi a quelli di Fondazione Cariparma (10 milioni), dell’associazione temporanea di imprese composta dai soggetti privati promotori e attuatori Parma Social House scarl (5 milioni di euro) e della Coopfond, il fondo di promozione cooperativa di Legacoop (1,5 milioni).
Parma Social House è dunque un progetto che ha visto maggioranza e minoranza unite nel favorire la sua realizzazione. Fa dunque una certa impressione il silenzio che è calato sul programma. Perché a tre anni dal suo varo nessuno pare abbia voglia di fornire chiavi di lettura diverse da quelle che sono passate attraverso i comunicati ufficiali, copincollati dalla stampa locale, e che fino a poco tempo fa descrivevano un futuro all’insegna del motto di berlusconiana memoria “una casa per tutti”. Da Laura Rossi, attuale assessore alla politiche abitative della giunta grillina del sindaco Federico Pizzarotti, a Massimo Iotti, consigliere comunale del Partito democratico, fino alla Polaris Investment: nessuna risposta alle domande, bocche cucite.
Eppure sono molti gli aspetti da chiarire. Secondo quanto è previsto dalla convenzione tra Comune di Parma e i costruttori, votata dal consiglio comunale, i lavori avrebbero dovuto terminare a febbraio di quest’anno. In realtà, anche in considerazione della difficoltà di reperimento delle necessarie risorse finanziarie, solo quattro dei sette cantieri sono partiti. Uno di questi, che prevede l’assegnazione di soli 9 alloggi, dovrebbe finire nelle prossime settimane, mentre per i restanti 3 la data di ultimazione dei lavori prevista è a fine 2013. Dunque, a quasi due anni dal termine fissato nella convenzione.
Le delibere comunali su Psh parlano di circa 1.050 alloggi. In realtà, ne verranno, forse, realizzati 852: di 200 alloggi si sono quindi perse le tracce. L’assessorato alle politiche abitative del Comune di Parma non chiarisce, peraltro, un punto sulla clausola 8.6 della convenzione, secondo cui laddove «venga sottoscritto un ulteriore importo [del fondo comune, ndr] pari o superiore a 16 milioni di euro (…) l’investimento del Comune di Parma (…) si ridurrà di un importo pari a 1,5 milioni”. In effetti tale condizione si è avverata, perciò è singolare che il Comune di Parma non abbia ridotto la sua partecipazione a 13,5 milioni di euro.
Sorvolando rispetto al fatto che le superfici degli alloggi, determinate ex convenzione, nella dimensione massima di 95 metri quadrati, arriveranno invece a misurare fino a 147 metri quadrati, l’altra questione assai interessante riguarda il prezzo delle abitazioni realizzate da Psh. C’è innanzitutto una incongruenza, seppur lieve, tra il prezzo base al metro quadrato fissato da Psh per gli alloggi posti in vendita (nella gran parte dei casi sfiora i 2 mila euro) e quello di cui alla convenzione (1.850), che «può variare in diminuzione ed in aumento per ciascun alloggio in misura non superiore al 5%». Un esempio rende l’idea. Per l’intervento nell’area Chiavari (280 alloggi), il prezzo medio indicato da Psh è 1.998, variabile in aumento del 5%. Prendendo a base 1.850 euro, il prezzo finale, già maggiorato del 5%, non dovrebbe essere superiore a 1.942 euro. Sarà quindi curioso verificare se il Comune di Parma, come è previsto nella convenzione, applicherà una penale da cinque a otto volte la differenza tra il prezzo massimo consentito e quello praticato effettivamente.
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