Per Marco Travaglio l’asse Grillo-Di Pietro sarebbe il primo partito
3 Novembre 2012
“Il futuro è l’alleanza dei non allineati: Grillo, Di Pietro, De Magistris… se si votasse oggi, sarebbe il primo partito. Qualche settimana fa abbiamo pubblicato un sondaggio sul Fatto che lo diceva chiaramente”. Marco Travaglio è divertito, e non lo nasconde affatto, dell’effervescenza di questi giorni della galassia grillina-dipietrista.
Si capisce non solo che non è affatto estraneo all’operazione. Ma la sensazione è che parlare con lui di Grillo, non si dispiaccia Marco, è un po’ come parlare con Ferrara di Berlusconi. Lo considera un grande trascinatore, ideologicamente si capisce ha un ruolo, se non di consigliere, quasi. E, come fa Ferrara quando suggerisce le mosse al Cavaliere, nega con un certo compiacimento: “Io ideologo? – dice ridendo – trovo divertente l’idea e trovo divertente che si sta seminando il panico nel palazzo”.
Già, in molti nel Palazzo vedono chiari i tasselli del grande mosaico. Di Pietro che annuncia lo scioglimento dell’Idv sul Fatto, Grillo che lo loda come meritevole di una candidatura al Colle, Di Pietro che ringrazia dal suo blog in modo quasi ossequioso. E il Fatto che copre l’operazione consegnando a Di Pietro la patente di onestà nonostante Report e gli scandali, e a Grillo devoti attestati di leadership politica. E non è un caso che nel giorno della grande rivolta contro Tonino e Beppe, Travaglio&Co abbiano fatto un giornale più attento alla manovra politica dei due leader che al calore dello psicodramma dei militanti. Vecchie volpi, sanno che se non tieni la barra in questi momenti rischia di saltare tutto.
E in fondo, era chiaro: il cammino verso l’alleanza dei non allineati non è indolore. Nell’Idv la scissione è all’ordine del giorno dopo che il capogruppo Massimo Donadi ha pronunciato il suo “non ci sto”: “Per me – ha detto – l’Idv ha un senso soltanto se esiste all’interno del centrosinistra. Fuori non mi interessa. Se prevarrà la visione delle sirene grilline testimonierò i valori fuori dall’Italia dei Valori ma dentro il centrosinistra”. La conta è iniziata. Il capogruppo ha chiesto la convocazione di un esecutivo straordinario, dove mettere a verbale la rottura definitiva. Una prova che la scissione è in fase avanzata sono i frenetici calcoli da parte dei big del partito, per vedere chi sta con chi. Dal quartier generale dipietrista sono stati contattati tutti i parlamentari e i senatori. Perché i numeri sono numeri. E la scissione rischia di essere traumatica, e neanche poco. Il cuore del problema sono i gruppi parlamentari. Tonino conta su una cerchia di fedelissimi che lo seguirebbero ovunque, tra cui almeno otto senatori su dieci. Ma alla Camera la questione è più delicata. Il grosso delle truppe sta con Di Pietro, ma una scissione potrebbe mettere a rischio la sopravvivenza del gruppo, per cui sono necessari almeno venti parlamentari. Sono invece imprevedibili le conseguenze del sisma fuori dal palazzo. In comuni, province, regione, la rottura definitiva col Pd non convince il grosso del partito degli eletti.
Difficile che un politico navigato come Di Pietro non abbia messo in conto l’emorragia, anche se i suoi fedelissimi assicurano che il vecchio leone porterà tutti con sé. Ma forse c’è qualcosa di più raffinato nell’operazione. Lo spiega Travaglio: “E’ chiaro – spiega – che Di Pietro vuole superare l’Idv. Lo ha detto bene De Magistris a Servizio Pubblico: Tonino è un movimentista, e il questo momento ha un partito pieno di gente che pensa alle poltrone. E ha capito una cosa: in questo momento è la forma partito ad essere superata dagli italiani, che chiedono altre forme di partecipazione. E lui, quindi, scioglie l’Idv che nei fatti un’esperienza finita”.
Dunque, era prevedibile un passaggio difficile in nome della novità. E la novità, neanche a dirlo, si chiama Beppe Grillo: “Non è un mistero – dice Travaglio – che Di Pietro si voglia alleare con Grillo e lo voglia candidare. È Grillo che non si vuole candidare”. Anche se un passo lo ha fatto. Pure il leader del movimento a 5 Stelle, altra novità, ha messo in conto che l’endorsement di Di Pietro ha un costo. Il suo sito, nelle ultime quarantotto ore è stato inondato di messaggi di dissenso. Quasi una rivolta, all’insegna del “Beppe, non hai visto Report”. Mai si era visto una tale protesta, amplificata anche dagli attacchi di Federica Salsi, la consigliera comunale di Bologna criticata dopo la sua partecipazione a Ballarò: “Grillo è come Berlusconi. Un maschilista”. Tuttavia un motivo c’è nella svolta di Grillo, uno che accusava di Pietro di aver fondato il suo partito in “una sede sotto sequestro”: l’alleanza dei non allineati val bene un vaffa. Pronta la spiegazione di Travaglio: “Trovo un atto di generosità sostenere cose che non convengono. Grillo ha critica di Pietro quando non era in difficoltà, trovo giusto riconoscergli i meriti”.
Fin qui il patto. A questo punto bisognerebbe capire la prossima mossa. E qui, a sentire Travaglio, ti rendi conto che i non allineati ragionano come i politici di professione. Grillo&Co stanno ragionando sul candidato premier. C’è più di una ipotesi sul tavolo. Non è affatto scontato che si candidi Grillo o Di Pietro. Anzi. Travaglio qualche tempo fa ha incontrato Grillo per una intervista. Racconta che il tema della candidatura a palazzo Chigi è stato affrontato, eccome: “Si sta domandando quale sia la scelta più opportuna”. E non è escluso che sia partita la ricerca di un nome della società civile.
Per Marco Travaglio l’asse Grillo-Di Pietro sarebbe il primo partito.