I pontieri di Grillo – Europa Quotidiano
5 Marzo 2013Da don Gallo a Renzo Piano, l’archistar, fino ad arrivare ai due Fo, Dario e Jacopo. Chi sono i mediatori che ancora sperano nel dialogo tra i 5 Stelle e il Pd.
Quando il Palazzo era sigillato o quasi, si chiamavano “pontieri” e navigavano a vista in Transatlantico per trovare passaggi a nord ovest tra schieramenti contrapposti nella prima o nella seconda repubblica. Oggi, col parlamento tristemente vuoto e abbandonato per la tv e la rete sembra che il futuro di un governo che tenga dentro il Movimento 5 Stelle non passi più attraverso politici di professione (orrore!) ma per un gruppo di signori che a vario titolo (e a varia distanza da un ipotetico centro) si collocano a sinistra.
Apparentemente, stando alle dichiarazioni pubbliche un accordo Pd e M5S sembra impraticabile. Beppe Grillo continua a ribadire che nessun governo avrà la fiducia dei 163 parlamentari eletti nelle liste a cinque stelle, Vito Crimi neo-capogruppo al senato l’ha sottolineato ieri: non daremo fiducia a un governo politico composto da partiti. Eppure, proprio questa precisazione offre ancora qualche margine di manovra, ma si vedrà solo nei prossimi giorni. E i nuovi ambasciatori del dialogo possono ancora provare a mettere in contatto i due poli che alla luce del sole non riescono ad attrarsi.
Ma chi sono i mediatori in campo? Varie ipotesi sono circolate, e in tutti i casi quel che conta è il rapporto personale con il capo politico del M5S. Si è fatto il nome di don Andrea Gallo, fondatore e animatore della Comunità San Benedetto al Porto e amico di Grillo, che l’altra sera a Pegli gridava «il Beppe ce l’ha insegnato in questo mese: democrazia è partecipazione e i cittadini prendano le piazze». Sul suo impegno ieri sera è arrivata una smentita, ma a metà. Non sono un mediatore, ha detto il “prete da marciapiede” in un’intervista a Primo Canale, ma «caro Beppe, non giochiamo al massacro, è fondamentale fare un governo».
Altro genovese, altro amico di Grillo è Renzo Piano. Si conoscono da decenni e ogni tanto sul blog del comico compare qualche scambio epistolare tra i due. Dopo Di Pietro e Dario Fo, l’archistar è il terzo nome lanciato dal leader 5S come nuovo inquilino del Quirinale, ma Piano ha gentilmente declinato. Nel farlo ha ricordato quanto sia sbagliata l’antica ostilità di Grillo per l’Europa e per l’euro e poi lo ha invitato «a dare una mano a Bersani per governare perché è la cosa giusta da fare». Chissà se qualcuno gli darà retta.
Il pontiere di questa stramba stagione politica non deve portare messaggi particolari da parte di altri. Non deve neanche rappresentare un altro partito o un altro leader. No, deve rappresentare qualcosa per Grillo. Oggi, lo spazio della politica quasi coincide con quello dell’amicizia, degli affetti e delle radici personali.
I protagonisti di questa forse inutile prova di dialogo sono tutti maschi e non proprio di primo pelo. I due galli che si affrontano petto in fuori, tra un “faccia di culo” e un “t’aspetto in parlamento”, sono maschi. Bersani respira profondamente e ripete a se stesso come un mantra che l’orgoglio deve rimanere fuori. Intanto lo slogan “largo ai giovani e alle donne” è passato rapidamente di moda. Il parlamento più rosa della storia repubblicana (31 per cento) è già dimenticato e se la tela è da tessere, la trama da riannodare, il dialogo da ricucire, ago e filo lo tengono in mano una pattuglia di uomini.
Ecco altri protagonisti. Dopo uno scontro padre-figlio della settimana pre elettorale, chi prova oggi a tenere in piedi la famiglia e insieme la sinistra in Italia sono Dario e Jacopo Fo. Entrambi esponenti di quella sinistra milanese che non ha mai avuto – ricambiata – troppa simpatia per il partito, nell’arco di una decina di giorni si sono ritrovati prima contrapposti e poi d’accordo nello spingere verso una soluzione lo stallo politico.
«Ci sono gli elementi fondamentali per trovare un’intesa, ma bisogna crederci» diceva Dario l’altra sera ospite da Gad Lerner in un triangolo che riassumeva lo stallo: il Nobel, il figlio del Nobel e Matteo Orfini, giovane dirigente e neodeputato Pd. Tutto sta a capire se c’è qualcuno che abbia voglia di crederci almeno.
Fo jr. ripete in tv, intervistato dai giornali, sul suo profilo Facebook, che bastano pochi punti programmatici condivisi per far partire un governo centrosinistra più M5S. Non sono state tentate tutte le strade, sostiene Fo figlio, e scrive «Godolo l’Oracolo ha detto: “Il bicchiere non è né mezzo pieno né mezzo vuoto: è capiente due volte la quantità che attualmente contiene”». E allora avanti con la “forza di interposizione pacificante”.
@alessandrolanni