La Stampa – Alla ricerca della grande coalizione

22 Aprile 2013 0 Di macwalt

NdR / viene il lecito sospetto che all’interno del PD ci siano degli infiltrati, come nella tradizione americana, infiltrati pagati dalla destra per far crollare il partito che rappresenterebbe l’identita’ storica della sinistra italiana…..Perche’ non c’e’  verso non possono certuni dirigenti democratici voler distruggere dall’interno il proprio partito. / macwalt

I leader si sono impegnati sulla formula alla tedesca, ma il primo scoglio riguarda il premier/  fabio martini

Ora un premier di “ricostruzione” Fabio Martini /    + Il Pd ora non vuole il premier

+ Pd, i renziani vogliono il timone “Gestione unitaria”

Una sequenza memorabile, in diciannove anni di guerra sinistra-destra non si era mai visto nulla di simile. Sabato 20 aprile, 18,15, aula di Montecitorio: i grandi elettori si sono appena accorti che Giorgio Napolitano ha superato il quorum per l’elezione, si alzano e si uniscono in un applauso che sembra il solito e invece non finisce più. Man mano che passa il tempo, il battimani si carica di significati diversi: onore al Presidente, certo. 

Ma col passare dei secondi, gli onorevoli del Pd, del Pdl e di Scelta civica guadano tutti, ostentatamente, verso i grillini. Difficile costruire un governo assieme su quel lunghissimo applauso, anche se due minuti e trentatré in un’aula parlamentare sono un’infinità. Ma qualche ora prima Giorgio Napolitano, ricevendo Berlusconi, Bersani e Monti, aveva accettato a ricandidarsi ma ad una condizione: che tutti e tre offrissero una disponibilità – ecco il punto cruciale – a realizzare un governo di grande coalizione alla tedesca, con le delegazioni dei partiti. Era lo stesso progetto che, proprio Napolitano, aveva vagheggiato nel novembre del 2011 dopo aver assegnato l’incarico di formare il governo al professor Mario Monti. Erano i giorni nei quali si parlava di Amato e Letta vicepremier. Poi finì con i ministri tecnici, per la resistenza dei partiti.

Stavolta il «nuovo» Capo dello Stato ha incassato i sì dei leader di partito e dunque proverà a realizzare – in tempi da record – un «governo del Presidente» di larghe intese, a dispetto dei mal di mancia del Pd che nella prima domenica di quiete sono cresciuti sino a diventare lancinanti. Ma su quel profilo – coinvolgimento pieno di tutti – si è impegnato Bersani e non è un caso se in queste ore il presidente dei deputati Roberto Speranza, bersaniano doc, si stia spendendo su questa ipotesi. Quasi ovvia la sottolineatura, nella stessa direzione, del presidente dei senatori Pdl Renato Schifani: «È giunto il momento che i partiti responsabili, si mettano assieme per dare un governo politico forte all’Italia e non ci si trinceri dietro tecnici di area per nascondere le proprie responsabilità».

Certo, il primo step che attende il Capo dello Stato riguarda il presidente incaricato. In queste ore Pd e Pdl lanciano messaggi, agitano veti, minacciano non possumus rispetto ai vari candidati in corsa. Tanto è vero che i nomi finora comparsi sui mass media – Giuliano Amato, Enrico Letta, Anna Maria Cancellieri – non sono stati pronunciati dal Capo dello Stato negli incontri con i leader , ma sono il prodotto delle infinite esternazioni di capi e sottocapi. Ipotesi fondate, certo. Ma l’altro giorno, appena eletto Napolitano, nel Transatlantico si era diffusa la voce che il Capo dello Stato avrebbe potuto incaricare uno dei tre saggi politici, Luciano Violante, Mario Mauro o Gaetano Quagliariello. Commento di Mauro: «Una classica notizia autoprodotta!».

Difficile decrittare la forza della linea di pensiero, che da ieri circola in una parte del Pd: individuare una personalità capace di interpretare lo spirito del tempo. Non un professionista, ma un outsider. Tipo Sergio Chiamparino. Ad un profilo di questo tipo, nelle settimane scorse aveva pensato proprio Napolitano. Immaginando un incarico da affidare al presidente dell’Anci, Graziano Delrio, sindaco di Reggio Emilia. Cattolico, medico internazionale, padre di 9 figli, stimato da Napolitano, Delrio ha l’«handicap» di essere un democratico di tendenze renziane, ma anche un significativo atout: «Si è rivelato un presidente molto equilibrato, serio, preparato», dice Osvaldo Napoli, l’uomo-Anci del Pdl..

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