Un gigante della politica sacrificato come Ifigenia | Il Garantista
9 Luglio 2015Ha combattuto come un leone, ha vinto. Ma poi in nome del suo popolo, quello greco, ha deciso di lasciare. Lo ha fatto – ha scritto ieri mattina (il 6.7.205) prestissimo sul suo blog – per favorire
un accordo con l’Europa dopo l’esito del referendum, ma senza rinunciare al suo ostinato no alla Troika: «Porterò con orgoglio – ha detto – il loro disprezzo».Lo sceneggiatore di un film sulla buona politica non poteva immaginare un finale diverso e più bello di questo. Yanis Varoufakis, con un colpo di scena da manuale, abbandona il palcoscenico della trattativa per entrare nella storia di un’Europa di cui è rimasta solo la parvenza: quella dei popoli. Lui ne fa parte a pieno titolo, come un monito, un presagio, forse anche una maledizione.
E sì, perché il ministro delle Finanze senza cravatta, sembra una moderna Ifigenia, sacrificata sull’altare per mettere a tacere il dio denaro, quello che non ha sede nell’Olimpo, ma a Francoforte e Bruxelles. Nella tragedia, raccontata da Eschilo nell’Agamennone, la lotta è tra un padre, che vuole salvare sua figlia dalla morte, e un bene superiore. Il filo tra bene e male e sottile, la contraddizione insanabile. È giusto far vincere gli affetti o la ragion di Stato?
Varoufakis aggiusta il tiro, la contraddizione è sanata. Il sacrificio è dovuto: scelte personali e salvezza sociale coincidono. La Troika ha chiesto e ottenuto la sua testa ma la lezione del ministro Greco resta, resterà per anni, dopo tanti altri decenni in cui si è sempre detto di sì.
Lui invece ha detto no. Lo ha detto da subito. E lo ha detto non solo a parole, rifiutando di continuare ad affamare il suo popolo, lo ha detto anche con quella faccia un po’ così, il sorriso sprezzante, il look colorato e anti convenzionale. Lo ha detto visivamente ancora prima che a parole: “Io con voi non c’entro niente. Io sono altro. Sono qui, ma non sono uno di voi”. Non è una rottura qualsiasi. Ci vuole coraggio.
È facile essere diversi prima: prima di entrare a far parte dell’Eurogruppo, prima di quelle riunioni dove si decide il destino di milioni e milioni di persone, prima è facile. Ma quando si è dentro, si viene assorbiti, trascinati in un gorgo di potere. Quanti ne abbiamo visto soccombere alle lusinghe, cedere al gusto di far parte della stanza dei bottoni?! Tanti, troppi. Varoufakis è entrato, ma ha rifiutato di mettere la cravatta. Ha rifiutato di essere uno di loro e loro lo hanno ripagato accusandolo di essere impreparato e incompetente. La sua risposta è stata andare avanti, tirare dritto, fino a ieri mattina, fino alla decisione di lasciare il campo libero.
Cinquantatré anni, economista, un master a Cambridge e uno a Essex, docente in Texas e ad Atene, dal momento del suo insediamento come ministro delle Finanze è diventato un protagonista della scena pubblica mondiale: il ministro in motocicletta, il ministro in camicia, il ministro della crescita.
Al suo posto ieri è stato nominato Euclid Tsakalotos, un economista di 55 anni nato in Olanda, a Rotterdam, con studi in Inghilterra tra Oxford e l’esclusiva St. Paul School di Londra. È stato il capo della delegazione per negoziare con i partner europei ora è colui che dovrà fare di tutto per portare un buon risultato a casa.
Ma la staffetta che Varoufakis gli ha passato è la migliore possibile. È quella della dignità, della consapevolezza. È quella di chi dice basta alle politiche di austerity e rilancia il ruolo della politica. Non poteva che dare fastidio Varoufakis, destare antipatia. Non lo sopportava il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schäuble. Li abbiamo visti seduti l’uno accanto all’altro, sempre più distanti, sempre più su posizioni contrapposte. Non lo sopportava il presidente dell’Eurogruppo (formato dai ministri delle finanze dell’eurozona) Jeroen Dijssebloem, quello dei tagli, dell’austerità, quello che niente deve essere cambiato. Varoufakis non si è fatto intimorire dai loro sguardi, ha tenuto il punto e quando è arrivato il momento ha tolto il disturbo. Era in convitato di pietra, l’inconscio di un’Europa che – comunque vada la trattativa con la Grecia – è arrivata al capolinea.
Il bello di Varoufakis non fisce qui. Perché la sua immagine è spiazzante anche per la sinistra dura e pura, quella un po’ populista e pauperista, che pensa che l’immaginario sia un optional secondario e che, leggendo Marx, salta a pie’ pari la parte dedicata al ruolo che avrebbe svolto proprio l’immaginario nell’accumulazione e nel profitto. Invece lui sembra saperlo molto bene e ci gioca.
E non ha paura di farsi fotografare con la moglie, Danae Straton, nella loro splendida casa davanti al Partenone. Le foto, scattate per il Paris Match, hanno fatto il giro del mondo suscitando critiche e invidia. Da alcuni sarebbero state considerate uno schiaffo nei confronti del popolo greco che soffre. Ma anche in questo caso Varoufakis ha tenuto i nervi saldi, fregandose delle critiche.
La sua posizione non è personale, è politica, ma è pronto per le sue idee a fare qualsiasi scelta. E lo ha dimostrato, giocando d’astuzia. Prima del referendum aveva detto che si sarebbe dimesso se avesse vinto il sì. Ma sapeva benissimo che avrebbe fatto lo stesso in caso di vittoria del No. Anzi, lo avrebbe fatto anche di più, con maggiore determinazione.
Bello (le donne impazziscono per lui), Varoufakis su twitter è il ministro dell’Eurogruppo più seguito: ha 552mila follower. Ma in realtà non è uno che piace a tutti. Piuttosto è uno che divide la platea: molti applausi, tanti fischi. Non è insomma uno buono per tutte le stagioni.
Anche se c’è chi è pronto a scommettere che la sua uscita di scena non è definitiva. È un momento di verità, una sorta di catarsi delle colpe europee, ma non è la fine. La fine non è ancora arrivata e Varoufakis in un’Europa diversa potrebbe avere un ruolo fondamentale. In tanti dicono: attenti a farne un santino, un mito, un salvatore della patria. Si resta delusi. Si rimase scottati. Giusto. E anche nei confrornti di Varoukakis meglio tenere una giusta distanza.
Un po’ biricchino, un po’ professore Varoufakis è colui che per spiegare il suo disprezzo nei confronti della Troika ha fatto un gestaccio che è stato ripreso in tutti i social. Lui ha detto che si tratta di un falso, di un fotomontaggio. Forse sì. Forse no. E comunque ieri andandosene in quel modo, ha fatto un gesto ancora più bello, più forte: rimettere la politica al centro della trattativa, così come ha chiesto il popolo greco.
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