La Repubblica dei trasformisti
16 Maggio 2016 0 Di luna_rossaIl famigerato cambio di bandiera è una pratica che ha certamente interessato la storia del Parlamento italiano fin dalle sue origini, senza escludere il travagliato corso politico del Novecento. Nei decenni precedenti, tuttavia, non sempre la “metamorfosi” dei deputati è stata dettata, (come nei tempi odierni), da motivazioni individualistiche, bensì essa si poggiava su reali mutamenti nelle convinzioni personali. Ciò avveniva nell’epoca delle grandi battaglie degli anni ’60 e ’70, dove le forze politiche, ideologicamente definite, si scontravano su temi forti (lavoro, diritti sociali e civili) e i partiti si guadagnavano, con semplici prese di posizione. la simpatia o l’inimicizia di numerosi parlamentari. Questi ultimi cambiavano la corrente o la forza partitica di appartenenza, per aderire a quella politicamente e culturalmente più affine.
Diverso è il discorso per quanto concerne la modernità: già negli anni ‘80/’90, la pratica del camaleontismo iniziava a percorrere la sua scalata ascendente.Già con la dissoluziome del PCI (1991) e la nascita dei DS/Margherita, il nuovo centro-“sinistra” accolse fra le proprie fila numerosi ex DC, i quali potevano “finalmente” tirare un sospiro di sollievo di fronte al nuovo corso degli ex “comunisti” (che per opportunismo elettorale rivendicavano le non troppe amate origini), meno offensivi e ideologicamente più accettabili. Non sono mancati esempi di drastica conversione, quali Sandro Bondi detto “ravanello”, che da sindaco del PCI divenne membro di Forza Italia e fedelissimo di Berlusconi.
Questo primo processo di smussamento identitario condusse a un’ulteriore agevolazione dei “traffici”, il cui apice è stato infine raggiunto negli anni 2000. Secondo i dati raccolti nel rapporto “Giro di walzer” di Openpolis, ben 252 fra deputati e senatori hanno abbandonato lo schieramento cui appartenevano all’inizio della legislatura. La vetta massima è raggiunta da Forza Italia, la quale ha perso 46 rappresentanti alla Camera e 50 al Senato. Il PD risulta essere il partito caratterizzato dal minor numero di esodi. Ciò, tuttavia, non è dovuto a una presunta onestà politica dei democratici, bensì alla loro consapevolezza d’essere una forza di maggioranza, la quale ha tutto l’interesse nel non perdere i propri esponenti e deputati, la cui cerchia si è allargata grazie al “contributo” di Sel. Si possono annoverare almeno una ventina di scambi di deputati fra Sinistra Ecologia e Libertà e il Partito Democratico. Ricordiamo, infatti, l’adesione entusiastica ed emblematicamente trasformista di Gennaro Migliore al PD, il quale ha dapprima abbandonato Rifondazione Comunista per passare a Sel e, infine, alla democratica isola felice. Si è trattato, dunque, di un sincero addio al progetto di una sinistra di alternativa, in nome del partito dei più forti. Del resto, la politica è pur sempre una “professione”, la quale ha per fine il “portar del pane a casa”…
Un altro dato non sorprendente, ovvero, quello della XVII legislatura in corso dal 2013, è il 26 % dei cambi di casacca: un deputato su quattro ha cambiato posto in aula, fra Camera e Senato, uscendo dunque dallo schieramento nel quale era stato eletto. Palazzo Madama è la sede che ha raggiunto il record nella filosofia del “change is good”. Almeno il 36% dei senatori ha provato il “brivido” del cambiamento, con fuoriuscite di massa dall’ex Popolo delle Libertà e da Scelta Civica, i quali hanno dato vita ad atomici gruppi parlamentari dai nomi pittoreschi (Area Popolare, Conservatori e riformisti, Alleanza Liberal-popolare).
Quando si afferma che l’Italia non abbia meritato le ultime legislature, occorre rispondere con la massima per la quale il governo rappresenta lo spirito di un popolo. Il parlamento italiano è composto da politici dello stivale, non da dominatori stranieri. Se i rappresentanti incarnano questa mancanza di onestà politica, civile e intellettuale di gran parte del Paese, ebbene occorrerà trarne le dovute conclusioni. Per quanto concerne la questione trasformista, una soluzione sarebbe possibile: la fondazione del Partito della Convenienza.
Sorgente: La Repubblica dei trasformisti